Divorziata e piena di debiti esattoriali – Quali rischi corro in caso di premorienza dell’ex coniuge pensionato?


Pensione reversibilità e indiretta, pignoramento pensione, rinuncia eredità





Sono divorziata e piena di debiti con Agenzia delle Entrate Riscossione (ex Equitalia): percepisco un assegno divorzile e vorrei sapere quali rischi corrono i miei due figli in caso di morte della madre e se l’Agenzia delle Entrate può pignorare la pensione di reversibilità qualora premorisse il mio ex coniuge.

Innanzitutto, in caso di premorienza della propria madre (lei che ci scrive), i suoi due figli devono entrambi affidarsi ad un notaio o recarsi alla cancelleria del Tribunale territorialmente competente per presentare, ciascuno, dichiarazione di rinuncia all’eredità. Questo anche se la madre non lascia alcun bene in eredità, perché in realtà ella lascia, comunque, dei debiti.

In caso di premorienza dell’ex marito pensionato, l’ex moglie, pur avendo divorziato (ma essendo beneficiaria di assegno divorzile), ha diritto alla pensione di reversibilità nella misura del 60% della pensione percepita dall’avente diritto.

Tuttavia nelle more della procedura di riconoscimento della reversibilità da parte dell’INPS, attesi i tempi della burocrazia, si formano arretrati e se questi arretrati superano i cinquemila euro, prima di pagare l’INPS deve avvertire Agenzia delle Entrate Riscossione.

Quindi, la prima cosa da fare è istruire la richiesta in tempi stretti rispetto al decesso dell’ex coniuge pensionato, cercando di completare l’iter procedurale al più preso possibile (in questo è essenziale la verifica continua della completezza della pratica rispetto alla presentazione di tutti i documenti necessari).

Qualora, nonostante tutto, il credito superasse i cinquemila euro possono presentarsi due scenari:

1) l’Agenzia delle Entrate Riscossione (ADER – ex Equitalia) procede con pignoramento diretto presso l’INPS reclamando il credito (arretrati della pensione di reversibilità) della debitrice ex articolo 73 bis del Decreto del Presidente della Repubblica (DPR) 602/1973. In questo caso bisogna subito cercarsi un avvocato che proponga ricorso al giudice delle esecuzioni presso il tribunale territorialmente competente perchè l’articolo 73 bis del citato DPR non è applicabile ai crediti pensionistici. Infatti, nelle ipotesi assunte, gli arretrati da pensione possono essere prelevati nella sola misura del 20% eccedente il minimo vitale (alla data in cui si scrive), pari a 687 euro (il massimo dell’assegno sociale aumentato della metà).

Per fare un esempio, se gli arretrati ammontano a seimila euro, ADER può trattenere solo il 20% di (6.000 – 687) euro = 20% di 5.313 euro = 1.063 euro.

2) L’ADER può pignorare il conto corrente della debitrice non appena i soldi vengono accreditati dall’INPS, sempre sulla base del pignoramento diretto ex articolo 73 bis del DPR 602/1973, questa volta notificato alla banca. Non può farlo, perchè sempre di crediti pensionistici si tratta, come confermato dalla sentenza dei giudici della Corte di cassazione 17386/2019. Infatti, la giurisprudenza prima della riforma dell’articolo 545 del codice di procedura civile, riteneva pignorabile l’importo versato nel conto corrente del trattamento pensionistico in base al principio secondo il quale le somme versate perdono la loro identità di crediti pensionistici o di lavoro e, pertanto, non sono sottoposte ai limiti di pignorabilità dipendenti dalle cause che diedero origine agli accrediti, con conseguente applicazione del principio generale di cui all’articolo 2740 del codice civile e cioè che il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri. In particolare, il diniego di pignorabilità senza limiti ex articolo 2740 del codice civile vale se il conto corrente è finalizzato esclusivamente a ricevere gli accrediti pensionistici, non vi è un saldo attivo e nel tempo su quel conto non sono state messe in atto operazioni bancarie significative (altri bonifici, addebiti diretti per utenze domestiche, utilizzo di carte di credito o di debito (bancomat) associate. In queste ipotesi, ancora è esperibile il ricorso al giudice dell’esecuzione, con l’assistenza di un avvocato, dal momento che, per quanto disposto dall’articolo 545 del codice di procedura civile, ADER e la banca (in qualità di custode) devono lasciare in conto corrente almeno un importo pari al triplo del massimo dell’assegno sociale, vale a dire almeno 1.374 euro, per ogni accredito di rateo di pensione arretrata (non per tutta la somma arretrata accreditata da INPS). Tutto questo, naturalmente, se non si riesce a trasferire altrove l’importo accreditato sul conto corrente della debitrice prima della notifica alla banca del pignoramento diretto da parte di ADER, determinando, così, un pignoramento infruttuoso.

Concludendo, qualsiasi azione di ADER di pignoramento di crediti pensionistici spettanti alla debitrice deve essere attuata, per risultare legittima, in base alla citazione prevista dall’articolo 543 del codice di procedura civile, con notifica del pignoramento a banca e debitrice, passando per il giudice che deve stabilire l’assegnazione secondo le regole dettate dall’articolo 545 del codice di procedura civile.

Concludendo, ADER può pignorare il rateo mensile della pensione di reversibilità presso INPS nella misura del 20% eccedente il minimo vitale (circa 687 euro). Anche il conto corrente può essere pignorato, ma seguendo le norme previste dal codice di procedura civile (articoli 543 e 545) e lasciano disponibili al debitore pignorato almeno di 1.374 euro (il triplo del massimo dell’assegno sociale) per ogni rateo di pensione arretrato corrisposto da INPS prima della notifica del pignoramento. Per i ratei accreditati dopo la notifica del pignoramento, qualora il conto non risultasse bloccato e ci fosse un ordine diretto di ADER finalizzato a perpetuare (illegittimamente) l’azione esecutiva, il prelievo non può essere superiore (per ogni rateo mensile) al quinto eccedente il minimo vitale: ma in questo scenario si fa più presto a cambiare banca e conto corrente segnalando ad INPS le nuove coordinate e azzerando il saldo appena dopo il bonifico della pensione.

Naturalmente, quanto sopra vale anche per il coniuge separato giudizialmente, con l’unica differenza che, in caso di separazione, si ha diritto alla pensione di reversibilità sempre, anche in assenza di un assegno di mantenimento stabilito in sede giudiziale.

22 Aprile 2019 · Gennaro Andele


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