DOMANDA
Non mi verrà rinnovato il contratto di lavoro, che doveva trasformarsi in indeterminato, per critiche piuttosto pesanti e soprattutto personali. Non verrò confermata proprio perché il datore di lavoro ha preso in considerazione queste critiche e quindi resterò senza lavoro. Premesso che nn ho mai detto ciò che mi viene imputato nel modo più assoluto ma, vorrei un vostro parere affinché io possa dimostrare che le critiche non sono altro che frutto di una cattiveria inaudita.
RISPOSTA
Il datore di lavoro non può essere chiamato, nemmeno in sede giudiziale, a motivare la mancata conversione di un regolare contratto a termine, naturalmente scaduto, in un contratto di assunzione a tempo indeterminato.
Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi di settore e ai sensi dell’articolo 24, comma 1 del decreto legislativo 81/2015, se chi scrive ha prestato servizio per più di sei mesi con uno o più contratti a termine presso la medesima azienda, quello che si può fare è reclamare al datore di lavoro, con comunicazione raccomandata AR o Posta Elettronica Certificata da inoltrare entro 180 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro – il diritto di precedenza maturato dallo scrivente qualora l’azienda procedesse ad assunzioni a tempo indeterminato – di personale impiegato nello svolgimento nelle mansioni dallo scrivente stesso espletate durante la prestazione resa con contratto a termine – entro un anno decorrente dalla cessazione del rapporto di lavoro.
Si può sicuramente procedere, avendo le prove (anche testimoniali) del torto subito e con il necessario supporto di un avvocato, con querela nei confronti delle persone (colleghi di lavoro) che hanno diffamato, o calunniato chi ci scrive. Ad esito dell’accertamento della diffamazione e della calunnia subite, si potrà poi procedere, con richiesta di risarcimento danni in sede civile, nei confronti dei responsabili del reato commesso.
In alternativa, si possono anche citare in un giudizio civile i colleghi di lavoro che si sono resi responsabili di mobbing (che non è un reato) nei confronti dello scrivente, chiedendo un risarcimento danni a loro carico per la presunta, omessa conversione del contratto a termine. Ma si tratta di una strada impervia perchè dovrebbe essere il medesimo datore di lavoro, sentito come testimone, a collegare, con nesso di causa-effetto, i giudizi critici immotivati diffusi dai colleghi di lavoro alla mancata conversione del contratto a termine in contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato.
1 Settembre 2024 - Tullio Solinas
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