Conto corrente cointestato a firma disgiunta – Diritti del cointestatario superstite e diritti dell’erede del cointestatario premorto


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Mia madre è deceduta due mesi fa: aveva un conto corrente (saldo al momento del decesso: 8 mila euro) cointestato con un fratello convivente, sul quale affluivano i ratei della pensione di reversibilità di cui ella godeva dopo la morte di mio padre avvenuta nel 2012, associato ad un conto titoli di cospicuo valore (al decesso, euro 200 mila nominali) la cui composizione in portafoglio preesisteva (e non era stata modificata se non per il rinnovo di alcune obbligazioni in scadenza) quando mio padre era ancora in vita.

In poche parole, mio zio, in qualità di cointestataria del conto corrente, qualche giorno prima della morte di mia madre ha prelevato l’intero saldo disponibile in conto corrente e liquidato i titoli in deposito, appropriandosi anche del ricavato della loro vendita.

A me, come erede, nulla è rimasto di quanto lasciato da mio padre a mia madre. Mio zio poteva prelevare il saldo di conto corrente e liquidare i titoli in deposito? Se no, posso citare in tribunale mio zio per ottenere la restituzione di quanto si è appropriata?

Dalla cointestazione e dalla possibilità di operare sul conto senza limitazioni, deriva per tutti i cointestatari la piena disponibilità del saldo attivo (e del conto titoli associato).

Infatti l’articolo 1854 del codice civile dispone che nel caso in cui il conto corrente sia intestato a più persone, con facoltà per le medesime di compiere operazioni anche separatamente, gli intestatari sono considerati creditori o debitori in solido dei saldi del conto.

Tuttavia, come stabilito dai giudici della Corte di cassazione nella sentenza 77/2018, qualora il saldo attivo risulti discendere dal versamento di somme di pertinenza di uno solo dei correntisti, si deve escludere che l’altro possa, nel rapporto interno, avanzare diritti sul saldo medesimo. Peraltro, pur ove si dica insuperata la presunzione di parità delle parti, ciascun cointestatario, anche se avente facoltà di compiere operazioni disgiuntamente, nei rapporti interni non può disporre in proprio favore, senza il consenso espresso o tacito dell’altro, della somma depositata in misura eccedente la quota parte di sua spettanza, e ciò in relazione sia al saldo finale del conto, sia all’intero svolgimento del rapporto.

Ciò concorda con quanto previsto dal codice civile, articolo 1298, secondo il quale nei rapporti interni l’obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori o tra i diversi creditori , salvo che sia stata contratta nell’interesse esclusivo di alcuno di essi.

In pratica, la mera presunzione di eguaglianza delle quote di ciascuno dei cointestatari di un conto corrente (articolo 1298 codice civile, secondo comma) può essere vinta non già con la mera dimostrazione di avere avuto la disponibilità del danaro immesso nel conto, ma con la precisa dimostrazione che il titolo di acquisizione di quel danaro rendeva destinatario dello stesso, in via esclusiva, il solo soggetto che poi lo ha versato sul conto cointestato.

Anche l’ABF (Arbitro Bancario Finanziario) si è occupato della problematica: nella decisione 4334/13, infatti, la cointestazione di un conto corrente, attribuendo agli intestatari la qualità di creditori o debitori solidali dei saldi di conto, fa presumere la contitolarità dell’oggetto del contratto, salva la prova contraria a carico della parte che deduca una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla cointestazione stessa. Ad esempio, il regime di contitolarità di un conto corrente, anche a firma disgiunta, potrebbe essere superato ogni qual volta il saldo attivo del conto cointestato a due cointestatari risultasse discendere dal versamento di somme di pertinenza di uno soltanto di essi, con la conseguenza che si deve escludere che l’altro cointestatario possa avanzare diritti sul saldo medesimo, a meno che non si tratti di una donazione indiretta. Ma, anche in questa evenienza, la sussistenza di una donazione dovrebbe comunque emergere dalla ricorrenza di circostanze di fatto non equivoche (un atto notarile dispositivo).

Sulla questione è, infine, definitivamente intervenuta, la Corte di cassazione, con l’ordinanza 21963/2019. I giudici di legittimità hanno osservato che la cointestazione di un conto corrente, salvo prova di diversa volontà delle parti , è di per sé atto unilaterale idoneo a trasferire la legittimazione ad operare sul contro (e, quindi, rappresenta una forma di procura), ma non anche la titolarità del credito, in quanto il trasferimento della proprietà del contenuto di un conto corrente (ovvero dell’intestazione del deposito titoli che la banca detiene per conto del cliente) è una forma di cessione del credito (che il correntista ha verso la banca) e, quindi, presuppone un contratto tra cedente e cessionario.

Credo, dunque, ci siano tutti i requisiti per citare suo zio in tribunale e chiedere la restituzione del saldo di conto corrente e dell’importo derivato dalla liquidazione dei titoli depositati presso la banca risultante dagli estratti conto al momento dell’illegittimo svuotamento. A meno che suo zio non esibisca un atto di donazione per notaio, dovrà restituire il maltolto.
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5 Ottobre 2019 · Simonetta Folliero


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