Contenzioso su immobile ereditato da due fratelli coltelli

Nell'articolo vengono illustrate le regole che il giudice adito applica quando non c'è accordo fra i coeredi sull'assegnazione di un immobile ereditato












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Alla morte di mio padre, già vedovo, io e mio fratello abbiamo ereditato la casa di sua proprietà: mio fratello intenderebbe venderla a terzi, mentre io che vivo in affitto vorrei che la casa fosse assegnata a me, pagandogli, naturalmente il giusto prezzo per il suo 50%. Cosa succede se mi rivolgo al Tribunale?

Se più persone ereditano un bene, si crea una comunione ereditaria: ogni coerede è titolare di una quota ideale dell’intero bene, non di una porzione materiale di questo. Ad esempio, nel caso di un immobile ereditato da due persone, ciascuno è comproprietario del 50% dell’intero immobile e non di una singola stanza. L’art. 1102 del codice civile, stabilisce poi che ogni coerede può utilizzare il bene per intero, purché non impedisca agli altri contitolari di farne parimenti uso secondo il loro diritto.

In parole povere, ciascun erede può vendere a terzi la propria quota di comproprietà: tuttavia, secondo l’articolo 732 del codice civile esiste il diritto di prelazione degli altri coeredi. Se un coerede vuole vendere ad un estraneo, l’altro coerede ha il diritto di essere preferito all’estraneo, a parità di condizioni (ossia, allo stesso prezzo). In particolare, il coerede, che vuole vendere, deve notificare la proposta di vendita agli altri coeredi, indicando il prezzo. Il diritto di prelazione può essere esercitato entro due mesi.

Invece, per la vendita dell’intero immobile ci deve essere l’accordo consensuale di tutti i coeredi. Infatti, l’articolo 1108, comma 3, codice civile, stabilisce che occorre il consenso di tutti i partecipanti per gli atti di vendita del bene comune.

Quando l’accordo non viene raggiunto, il giudice adito da uno dei due coeredi deve obbligatoriamente verificare se sia possibile una mediazione tra i coeredi. Se la mediazione fallisce, si procede alla divisione giudiziale.

Con la divisione giudiziale si verifica, innanzitutto, se l’immobile può essere diviso in natura (in altre parole se è comodamente divisibile) con lavori di ristrutturazione di modesta entità: in questa ipotesi a ciascuno erede verrà assegnata una parte del bene che rappresenta la quota di cui è titolare (con eventuale compensazione per l’erede che dovrà effettuare i lavori per realizzare i servizi di base (ad esempio bagno e cucina). Altrimenti, Il giudice deve controllare se c’è un coerede che vuole comprare l’intero bene: qualora esista un coerede interessato, il giudice gli assegna l’immobile e gli ordina di versare all’altro coerede una somma di denaro pari al prezzo delle loro quote (dopo, beninteso, una perizia effettuata da un tecnico di fiducia nominato dal giudice – il CTU – con la quale viene stabilito il prezzo dell’intero immobile).

Se entrambi i comproprietari vogliono acquistare l’intero immobile, allora il giudice deve scegliere uno dei coeredi: ad esempio, se un erede già viveva nella casa ereditata, sarà preferito all’altro. In assenza di eventuali diritti precostituiti da tutelare, l’immobile verrà assegnato al coerede titolare della quota ideale maggiore della comunione. Qualora, come nel caso in esame, non esista un coerede maggioritario, il giudice procederà con l’assegnazione per estrazione a sorte.

Il caso più semplice si ha, infine, quando nessun coerede è interessato all’acquisto del bene, l’immobile non è comodamente divisibile e non c’è accordo con l’alienazione ad un terzo. In questa eventualità il giudice autorizzerà la vendita all’asta dell’immobile e il ricavato della vendita verrà distribuito fra i coeredi in base alle loro rispettive quote ideali.

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31 Ottobre 2023 · Giorgio Martini

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