Prescrizione dell’eventuale azione di restituzione degli immobili donati in vita dal de cuius da parte dei legittimari non donatari e collazione degli immobili donati in vita dal de cuius in sede di successione ereditaria


Donazione, donazione effettuata in vita, eredità e successione, riduzione e collazione eredità





Mio padre ancora vivente, donò nel 2004 alcuni immobili a mia sorella, dopodiché negli anni successivi ha venduto tutto il suo restante patrimonio per saldare i suoi debiti. E quindi a me, secondo figlio (alla sua morte) non rimarrebbe nulla. Ho letto sul vs blog che se trascorrono 20 anni dalla donazione non potrò più chiedere azione di riduzione verso mia sorella. E’ vero?

Il lettore si riferisce, probabilmente, all’articolo 563 del codice civile, spesso citato nei nostri post nel blog e nelle nostra discussioni nel forum, secondo il quale, se i donatari contro i quali è stata pronunziata la riduzione hanno alienato a terzi gli immobili donati e non sono trascorsi venti anni dalla trascrizione della donazione, il legittimario, premessa l’escussione dei beni del donatario, può chiedere ai successivi acquirenti, nel modo e nell’ordine in cui si potrebbe chiederla ai donatari medesimi, la restituzione degli immobili.

Nella fattispecie la norma civilistica dispone che se sua sorella avesse venduto un immobile ricevuto in donazione del padre, e successivamente l’immobile fosse passato di mano e compravenduto in più occasioni e fossero trascorsi almeno vent’anni dalla trascrizione dell’atto di donazione, il legittimario pretermesso (leso nella quota di legittima) non potrebbe chiedere all’ultimo acquirente la restituzione dell’immobile (ferma, ovviamente, la possibilità di escutere il donatario per l’equivalente).

Si tratta, dunque di una misura che tende a favorire la circolazione dei beni immobili donati nel mercato immobiliare, non rendendoli ostaggio di contenziosi giudiziali di successione ereditaria sempre incombenti nel tempo.

Quello che invece si attaglia alla problematica del nostro lettore, il quale giustamente teme di rimanere danneggiato dalle donazioni fatte in vita dal genitore alla sorella e dal successivo depauperamento del patrimonio familiare, è l’articolo 737 del codice civile (soggetti tenuti alla collazione). La norma obbliga i figli e i loro discendenti ed il coniuge che concorrono alla successione a conferire ai coeredi tutto ciò che hanno ricevuto dal defunto per donazione direttamente o indirettamente.

Sul punto, addirittura, la Corte di cassazione (pronuncia 8510/2018) si è anche espressa precisando che l’obbligo della collazione sorge automaticamente e i beni donati in vita dal de cuius devono essere conferiti indipendentemente da una espressa richiesta, essendo sufficiente, a tal fine, la proposizione della domanda di accertamento della lesione della quota di legittima e di riduzione e la menzione in essa dell’esistenza di determinati beni facenti parte dell’asse ereditario da ricostruire.

Infatti, la collazione è disciplinata dalla legge come una fase della divisione ereditaria, sicché non può formare oggetto di un’azione giudiziale autonoma dalla divisione stessa, neppure a fini di mero accertamento (Corte di cassazione 10478/2015).

E’ pur vero che l’articolo 737 del codice civile aggiunge che il donante può disporre nell’atto di donazione la dispensa per il donatario dalla collazione: tuttavia la norma precisa che, in tale ipotesi, la dispensa da collazione non produce effetto se non nei limiti della quota disponibile.

Per quel che riguarda la quota disponibile al de cuius nella successione, può essere consultato questo articolo. In poche parole, in caso di legittimari del de cuius costituiti solo da 2 o più figli (con coniuge premorto) la donazione esente da collazione non può superare 1/3 del patrimonio complessivo (eredità relitta, lasciata cioè dal defunto al momento della morte, integrata ovviamente, dalle donazioni effettuate in vita). Qualora sia superstite il coniuge, la donazione esente da collazione non può superare 1/4 dell’intero patrimonio.

Quindi il punto è: se alla morte del padre donante, la sorella donataria del nostro lettore avesse venduto tutti gli immobili ricevuti in donazione, e se al lettore legittimario fosse assegnato, in sede di collazione, uno degli immobili donati a suo tempo dal padre alla sorella e da questa venduto a terzi, e se fossero passati più di vent’anni dalla data di trascrizione dell’atto di donazione nei pubblici registri immobiliari, il lettore legittimario non potrebbe chiedere più all’ultimo acquirente la restituzione dell’immobile, scatenando una reazione a catena fra i precedenti acquirenti/venditori, ma dovrebbe regolare il contenzioso direttamente con la sorella donataria chiedendo a quest’ultima il ricavato della vendita dell’immobile assegnato al lettore legittimario a suo tempo effettuata.

Il vero problema, concludendo, nascerebbe nel momento in cui il genitore lasciasse, al momento del decesso, debiti ingenti ed uno dei due coeredi (in particolare la sorella del lettore) decidesse di rinunciare all’eredità.

13 Ottobre 2019 · Marzia Ciunfrini





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