Niente di nuovo sotto il sole, caro Marcio: avevamo già detto che al suo datore di lavoro era verosimilmente stata notificata una richiesta di composizione bonaria del contenzioso, formulata dall’ufficio legale della finanziaria che aveva concesso il credito. Il suo datore di lavoro ha dato seguito alla richiesta in base a ragionevolezza e buon senso, consapevole che se avesse rifiutato di lì a poco ci avrebbe pensato il Tribunale, con la notifica di comparizione per quantificare l’importo dello stipendio corrisposto al debitore e la determinazione del 20% da pignorare.
L’unico appunto che lei potrebbe muovere al suo datore di lavoro è quello di non aver chiesto l’autorizzazione ad accettare la transazione. D’altra parte il suo datore di lavoro potrebbe eccepire che, ad ogni modo, le ha fatto risparmiare spese legali, quelle di giudizio, ulteriori interessi e l’evento pregiudizievole di un pignoramento. Difficile, se non impossibile, dargli torto.
Inutile arrampicarsi sugli specchi, per disconoscere il prestito sulla base di una presunta irregolarità nella valutazione dei requisiti in base ai quali la cessione le è stata concessa.
Infine, l’assicurazione. Di solito l’assicurazione garantisce il creditore qualora il debitore non sia in grado di restituire il dovuto, dopo un licenziamento o anche il fallimento della società presso cui egli lavora. Ma, l’assicurazione, dopo, si rivolge sempre al debitore principale per rientrare dell’importo rimborsato al creditore. Bisogna allora prendere visione delle clausole contrattuali per verificare se esista una espressa previsione di estinzione del debito nel caso in cui l’obbligato perda il posto di lavoro per cause non a lui imputabili.
25 Marzo 2014 · Ludmilla Karadzic