Cancellazione DID e la conseguente perdita dello stato di disoccupazione





Quando si esamina un evento o un comportamento passato, si dovrebbe applicare sempre la normativa contemporanea all’evento





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Il Centro per l’Impiego nel 2021 effettuava delle verifiche presso l’Agenzia delle Entrate dalle quali emergeva che avevo svolto attività di lavoro autonomo dal 2007 al 2013 con il superamento del requisito reddituale relativo e che le stesse non risultava fossero state mai dichiarate, con la conseguenza di cancellazione DID, anzianità di iscrizione dal 2002 e perdita dello stato di disoccupazione; in particolare D. Lgs. 150/2015, D. Lgs. n. 181/2000, L. 241 del 1990 artt. 7 e 21 octies e in ogni caso nel 2018 presso il CPI è stato stipulato il PATTO DI SERVIZIO PERSONALIZZATO. Per quanto concerne le nuove regole relative allo stato di disoccupazione, doveroso è il richiamo alle innovazioni introdotte con il D.L. n. 4 del 28.01.2019 (convertito con modificazioni dalla Legge n. 26 del 28 marzo 2019), acquisito il parere del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali con Nota n. 31/0006890 dell’11 luglio 2019. L’art. 4, comma 15 quater del d.l. n. 4/2019 prevede che “Per le finalità di cui al presente decreto e ad ogni altro fine, cioè regole relative allo stato di disoccupazione, si considerano in stato di disoccupazione anche i lavoratori il cui reddito da lavoro dipendente o autonomo corrisponde a un’imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti ai sensi dell’art. 13 del Testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 22 dicembre 1986, n. 917”. In effetti, la norma in questione interviene a sanare una incoerenza determinatasi tra la normativa in materia di stato di disoccupazione contenuta nell’art. 19, quella considerata ai fini del reddito di inclusione di cui all’art. 3, comma 3, del d.lgs. n. 147/2017 e la normativa in materia di compatibilità della NASpI con i redditi di lavoro dipendente ed autonomo inferiori ai limiti esenti da imposizioni fiscali, in conseguenza dell’entrata in vigore del d. lgs. n. 150/2015. Le disposizioni di cui al dell’articolo 4 del d.l. n. 4/2019 conv. con mod. dalla l. n. 26/2019 si applicano a decorrere dal 30 marzo 2019. Conseguentemente verranno in rilievo, ai fini della conservazione dello stato di disoccupazione, i soli contratti di lavoro e le attività di lavoro autonomo iniziati successivamente alla data del 29 marzo 2019. Del resto, se anche si ritenesse sussistente una antinomia tra la previsione di cui all’art. 19 del D.Lgs. 150/2015 e quella di cui al D.L. 4/2019, art. 4, comma 15 quater (inserito proprio in sede di conversione dalla L. 26/2019), in merito alla interpretazione sulla sussistenza dello stato di disoccupazione e sulla validità della DID, non potrebbe che prevalere tale ultima disposizione sia sotto il profilo cronologico (lex posterior derogat priori) che sotto quello gerarchico (in forza del quale la norma di rango più alto annulla quella di livello inferiore con effetti ex tunc, considerato che, tra le norme di rango primario, la Legge Ordinaria occupa un posto sovraordinato rispetto al Decreto Legislativo).

QUESITO: Alle luce delle nuove regole e normativa in vigore si può si applicare una normativa antecedente?

Quando si esamina un evento o un comportamento passato, si deve applicare sempre la normativa contemporanea all’evento o al comportamento in esame (ratione temporis), anche se successivamente al periodo osservato la normativa è stata modificata in senso più favorevole al cittadino. Dunque, quando nel 2021 si esamina un evento verificatosi o un comportamento tenuto dal 2007 al 2013 si deve applicare la normativa vigente fra il 2007 e il 2013, oggetto di violazione. Non farlo significherebbe consentire una disparità di trattamento nei confronti dei cittadini che alle disposizioni di legge ratione temporis si attennero e/o modificare i provvedimenti amministrativi e giudiziali a suo tempo adottati ed eventualmente anche passati in giudicato. Insomma, sarebbe un gran bel casino.

Altri, invece, ritengono che l’interpretazione appena esposta non sia corrette e che Il procedimento amministrativo è regolato dal principio tempus regit actum, con la conseguenza che la legittimità degli atti del procedimento deve essere valutata con riferimento alle norme vigenti al tempo in cui l’atto terminale, ovvero l’atto che conclude una autonoma fase del procedimento, è stato adottato. (Consiglio di Stato, Sezione terza, Sentenza 17 febbraio 2020, n. 1199). Quindi norma vigente dell’avvio e conclusione procedimento amministrativo in questione è D.L. n. 4/2019 (convertito con modificazioni dalla L. n. 26/2019).

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15 Marzo 2022 · Marzia Ciunfrini

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