Su una pensione di 1270 euro, già sottoposta a pignoramento, il giudice della separazione ha deciso di assegnare 600 euro di mantenimento mediante ordine di pagamento diretto ex articolo 156 del codice civile – Possibile una iniquità del genere?






Su una pensione di 1270 euro il giudice della separazione ha deciso di assegnare 600 euro di mantenimento per la moglie e il figlio maggiorenne suddiviso in 300 euro a testa, mediante ordine di pagamento diretto ex articolo 156 del codice civile.

Se la pensione di 1270 euro ha già più di un pignoramento, l’INPS detrarrà comunque la somma decisa dal giudice in fase di separazione?

L’articolo 545 del codice di procedura civile stabilisce che la somma dei pignoramenti (e della cessione del quinto) in corso su una pensione non può superare la metà del rateo mensile percepito dal pensionato debitore.

Ora, in una situazione normale, la questione avrebbe potuto essere risolta abbastanza agevolmente: lei non avrebbe corrisposto l’assegno di mantenimento, sua moglie e suo figlio avrebbero avviato un’azione esecutiva, ma il giudice chiamato a decidere non avrebbe potuto fare altro che lasciarle disponibile almeno la metà dell’importo mensile della pensione, al netto di tutti i pignoramenti pregressi e di quello originato dalla mancata corresponsione dell’assegno di mantenimento.

Ma, sembrerebbe che, nel suo caso, il giudice della separazione e l’avvocato della controparte, l’abbiano messa con le spalle al muro, applicando la disposizione di cui all’articolo 156 del codice civile, in base alla quale, su richiesta dell’avente diritto, il giudice può ordinare all’INPS, tenuto a corrispondere periodicamente la pensione all’obbligato, che una parte di essa venga versata direttamente agli aventi diritto, cioè sua moglie e suo figlio.

Peraltro, anche l’articolo 8 della legge 898/1970 dispone che il coniuge cui spetta la corresponsione periodica dell’assegno di mantenimento, dopo la costituzione in mora a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento del coniuge obbligato e inadempiente per un periodo di almeno trenta giorni, può notificare il provvedimento in cui è stabilita la misura dell’assegno ai terzi tenuti a corrispondere periodicamente somme di denaro al coniuge obbligato con l’invito a versargli direttamente le somme dovute, dandone comunicazione al coniuge inadempiente.

Non le resta, quindi, che affidarsi ad un buon avvocato per provare a contestare il provvedimento del giudice della separazione che, in questo modo, ha surrettiziamente aggirato, a danno dell’obbligato al mantenimento, quanto dispone l’articolo 545 del codice di procedura civile.

Sia chiaro, lei non può fare ricorso al giudice delle esecuzioni, perché il giudice della separazione non ha violato l’articolo 545 del codice di procedura civile, dal momento che la pensione non è stata pignorata per il mancato pagamento dell’assegno di mantenimento, ma è stato semplicemente impartito all’INPS un ordine di pagamento diretto ai suoi familiari.

Inoltre, qualora il datore di lavoro, o l’INPS come nella fattispecie, sia già destinatario di ordini di pagamento a terzi in ossequio a precedenti pignoramenti, non esiste, ad oggi, una norma che equipari anche l’ordine di pagamento diretto, ex articolo 156 del codice civile, ad un pignoramento e limiti, quindi, l’entità della somma assegnata al beneficiario del mantenimento.

Tuttavia molti Tribunali, per ragioni di giustizia sociale, nel caso di pignoramenti pregressi e cessioni del quinto già insistenti sulla pensione o sullo stipendio, limitano la quota della retribuzione del debitore assegnabile, ex articolo 156 del codice civile, al coniuge separato, e ai figli, in modo che la somma dei pignoramenti in corso e dell’importo assegnato ex articolo 156 non superi la metà di quanto percepito dal debitore.

29 Dicembre 2017 · Marzia Ciunfrini


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