Assegno divorzile dovuto e non corrisposto all’ex coniuge






A seguito di divorzio, devo alla mia ex moglie un assegno di mantenimento di Euro 300 al mese, oltre ad Euro 500 per i nostri 2 figli (totale 800 Euro): a causa di problemi economici personali, sono rimasto indietro di circa 7 mila Euro, pertanto lei adesso minaccia il recupero coattivo decorsi 30 giorni.

Attualmente ho un stipendio di Euro 720 al mese, come dipendente.

Vorrei restituire queste somme, ma rateizzandole.

Quale soluzioni mi consigliate tra le seguenti:

– trovare un accordo con l’avvocato della ex per un piano di rientro
– aspettare il pignoramento del 1/5 del mio stipendio (di quanto? sarebbe aumentato anche delle spese legali?)

Per quanto attiene il passato, cioè il recupero degli arretrati (comprensivi delle spese e degli interessi legali), l’articolo 545 del codice di procedura civile stabilisce che lo stipendio, del dipendente inadempiente all’obbligo di corrispondere l’assegno divorzile e di mantenimento dei figli, può essere pignorato per crediti alimentari (quelli appunto di cui si discute) nella misura autorizzata dal presidente del tribunale. Se il dipendente debitore non ha cessioni del quinto e/o precedenti pignoramenti in corso, l’entità del prelievo può estendersi al 50% della busta paga.

Per il futuro, l’articolo 8 della legge 898/1970 dispone che il coniuge cui spetta la corresponsione periodica dell’assegno di mantenimento, dopo la costituzione in mora a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento del coniuge obbligato e inadempiente per un periodo di almeno trenta giorni, può notificare il provvedimento in cui è stabilita la misura dell’assegno ai terzi tenuti a corrispondere periodicamente somme di denaro al coniuge obbligato con l’invito a versargli direttamente le somme dovute, dandone comunicazione al coniuge inadempiente.

Si tratta, in altre parole del prelievo diretto che l’ex coniuge beneficiario dell’assegno divorzile e affidatario dei figli, constatata la recidività dell’ex coniuge obbligato ed un ritardo pari ad almeno trenta giorni nell’adempimento, può imporre al datore di lavoro di quest’ultimo, senza neanche l’esigenza di avviare azione esecutiva.

Insomma, non è lei purtroppo, a poter scegliere quale strategia adottare nella situazione in cui si trova.

30 Luglio 2019 · Marzia Ciunfrini


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