Il divieto di licenziamento nei dodici mesi successivi al matrimonio

L'articolo 35 del Decreto Legislativo 198/2006, prevede, tra l'altro, che sono nulli i licenziamenti attuati a causa di matrimonio, salvo quanto previsto dal comma 5, presumendosi che il licenziamento della dipendente nel periodo intercorrente dal giorno della richiesta delle pubblicazioni di matrimonio, in quanto segua la celebrazione, a un anno dopo la celebrazione stessa, sia stato disposto per causa di matrimonio.

Tuttavia, lo stesso articolo 35 del decreto legislativo appena citato, al comma 5 stabilisce che al datore di lavoro è data facoltà di provare che il licenziamento della lavoratrice, avvenuto nei dodici mesi successivi al matrimonio, è stato effettuato per colpa grave da parte della lavoratrice, costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto di lavoro.

La norma, non a caso inserita proprio nel codice di pari opportunità tra uomo e donna, deve essere letta, per una sua corretta comprensione, quale approdo della tutela costituzionale assicurata ai diritti della donna lavoratrice.

La limitazione alle sole lavoratrici madri della nullità prevista dalla normativa, dunque, non ha natura discriminatoria, in quanto la diversità di trattamento non trova la sua giustificazione nel genere del soggetto che presta l'attività lavorativa, ma è coerente con la realtà sociale, che ha reso necessarie misure legislative volte a garantire alla donna la possibilità di coniugare il diritto al lavoro con la propria vita coniugale e familiare, ed è fondata su una pluralità di principi costituzionali posti a tutela dei diritti della donna lavoratrice.

Così hanno stabilito i giudici della Corte di cassazione con la sentenza 15515/2019.

24 Agosto 2019 · Tullio Solinas