Dichiarazione omessa e recupero dei crediti di imposta

Stop alla tolleranza sul recupero dei crediti di imposta se la dichiarazione è omessa

C'è da dire che il fisco, fino alla data di diramazione della circolare 34/E (6 agosto 2012) si era dimostrato abbastanza tollerante riconoscendo i crediti in autotutela, a seguito di controllo dei documenti (naturalmente in assenza di imposte dovute) con la sola richiesta di una sanzione di 258 euro per la dichiarazione omessa.

Adesso, in particolare nella fattispecie in cui fosse stato utilizzato in compensazione il credito risultante da una dichiarazione omessa, il contribuente dovrà prima pagare le imposte, le sanzioni, gli interessi e i compensi di riscossione, iscritti a ruolo a seguito della liquidazione automatizzata della dichiarazione presentata, e poi proporre istanza per ottenere il credito a rimborso relativo alla dichiarazione omessa.

La circolare, di fatto, mette tutti i contribuenti nella condizione di chiedere e, qualora esistano i presupposti, ottenere il riconoscimento del credito, previo pagamento della sanzione, comunque dovuta, per indebita utilizzazione del credito esposto nella dichiarazione presentata ma afferente ad una dichiarazione omessa.

L'istanza di rimborso dovrà essere presentata entro due anni dal pagamento degli esiti della liquidazione, o dell'esito del contenzioso relativo alla cartella di pagamento conseguente alla liquidazione stessa. In questo caso, il rimborso sarà erogato solo dopo avere riscontrato l'effettiva spettanza del credito.

Occorre segnalare che nella circolare 54/E del 2002, la stessa Agenzia delle entrate aveva risposto che per l'omessa presentazione della dichiarazione ai fini dell'Iva si applica la sanzione dal 120 al 240% del tributo, con un minimo di 258 euro. Ne consegue che, in presenza di dichiarazione che chiude correttamente a credito, dovrà essere irrogata la sanzione da 258 a 2.065 euro. A questo punto, resta da chiarire quale sanzione applicare: quella del 30% sui crediti della dichiarazione omessa, o quella di 258 euro, che è la specifica sanzione prevista per l'omessa presentazione della dichiarazione?

Non si tratta di un dettaglio di poco conto, poichè l'importo della sanzione rappresenta l'informazione essenziale per valutare la convenienza a chiedere il rimborso di un "credito dimenticato" (insieme alla dichiarazione).

Saranno pertanto necessari ulteriori chiarimenti sia in merito alle sanzioni e alle modalità di pagamento delle stesse, sia in riferimento al comportamento che devono tenere gli uffici per riconoscere il credito sulla base di "un semplice riscontro contabile", prima di aprire un contenzioso inutile e costoso per gli uffici e per i contribuenti.

Riportiamo di seguito, escludendone la premessa e formula finale di rito, il testo della circolare 34/E del 6 agosto 2012 a cura dell'Agenzia delle entrate, avente ad oggetto il Riconoscimento delle eccedenze di imposta a credito maturate in annualità per le quali le dichiarazioni risultano omesse

Detraibilità del credito IVA maturato nell'anno in cui la dichiarazione risulta omessa

In sede di liquidazione delle dichiarazioni IVA ai sensi dell'articolo 54-bis del dpr 26 ottobre 1972, numero 633, viene spesso rilevato che alcuni contribuenti riportano in dichiarazione un'eccedenza di imposta a credito generata nel precedente periodo d'imposta per il quale la relativa dichiarazione risulta omessa ( Com'è noto, ai sensi dell'articolo 2, comma 7, del DPR numero 322 del 1998, si considera omessa anche la dichiarazione presentata con un ritardo di oltre 90 giorni.)

In tali casi, nel liquidare le imposte dovute in base alla dichiarazione relativa all'anno d'imposta in cui è avvenuto il riporto a nuovo del credito generatosi nel periodo d'imposta in cui è stata omessa la dichiarazione, viene prodotta comunicazione di irregolarità, nella quale si contesta il riporto del predetto credito e, di conseguenza, un corrispondente maggior debito d'imposta o una minore eccedenza detraibile.

Ai sensi dell'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, numero 471, viene altresì contestata la sanzione pari al 30 per cento del maggior debito di imposta o della minore eccedenza detraibile (Detta sanzione è ridotta a un terzo nel caso di pagamento delle somme dovute entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione, ai sensi dell'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, numero 462.)

In assenza del versamento delle somme richieste con la comunicazione di irregolarità, l'imposta, i relativi interessi e le sanzioni sono iscritti a ruolo.

Sovente i contribuenti ricorrono in giudizio avverso le conseguenti cartelle di pagamento eccependo la "spettanza sostanziale" del credito (benché non dichiarato) e sostenendo che l'ufficio sarebbe stato obbligato a controllare l'effettività dello stesso, attraverso l'accertamento induttivo riferito all'annualità per la quale la dichiarazione risulta omessa, ai sensi dell'articolo 55 del dpr numero 633 del 1972.

E' bene ricordare che i contribuenti, generalmente, invocano, a sostegno di tale tesi, la risoluzione del 19 aprile 2007, numero 74, laddove rappresenta che " ... il diritto alla detrazione è, in ogni caso, subordinato all'accertamento dell'esistenza del credito relativo all'anno per il quale la dichiarazione IVA risulta omessa, a norma dell'articolo 55 del dPR numero 633 del 1972. In altri termini il diritto alla detrazione è ammesso purché l'esistenza del credito IVA sia accertata dall'ufficio a seguito dell'attività di controllo dell'annualità per la quale la dichiarazione è stata omessa ... In conclusione, la scrivente è dell'avviso che l'eccedenza di credito IVA maturata in un anno in cui la dichiarazione annuale risulta omessa potrà essere computata in detrazione, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto - fermo restando il potere/dovere dell'ufficio, nell'ambito del programma annuale dell'attività di controllo, di accertare l'esistenza del credito medesimo maturato nell'anno in cui la dichiarazione annuale è stata omessa, a norma del richiamato articolo 55 del dPR numero 633 del 1972.".

Al riguardo, si osserva, che ai sensi del secondo comma dell'articolo 30 del dpr numero 633 del 1972, "Se dalla dichiarazione annuale" risulta una eccedenza di IVA detraibile "il contribuente ha diritto di computare l'importo dell'eccedenza in detrazione nell'anno successivo, ovvero di chiedere il rimborso nelle ipotesi di cui ai commi successivi e comunque in caso di cessazione di attività".

Sulla base della citata previsione normativa è possibile affermare che in caso di omessa dichiarazione annuale il contribuente non può riportare l'eccedenza di IVA detraibile nella dichiarazione dell'anno successivo ( Cfr. Corte di Cassazione, sentenza 4 maggio 2010, numero 10674, nella quale si afferma che "l'inottemperanza del contribuente all'obbligo della dichiarazione annuale esclude implicitamente la possibilità di recuperare il credito maturato in ordine al relativo periodo d'imposta attraverso il trasferimento della detrazione nel periodo di imposta successivo". Negli stessi termini anche sentenza 12 gennaio 2012, n 268; 11 gennaio 2008, numero 433.), né chiederne il rimborso nelle ipotesi regolate dall'articolo 30 medesimo.

Ne consegue la legittimità dell'operato degli uffici nell'ambito della procedura di cui all'articolo 54-bis del dpr numero 633 del 1972, che è volta tra l'altro, a "correggere gli errori materiali commessi dai contribuenti nel riporto delle eccedenze di imposta risultanti dalle precedenti dichiarazioni", che nel caso di specie risulta omessa.

Il credito, pertanto, non essendo stato dichiarato nell'anno in cui è maturato, non è utilizzabile in detrazione del debito d'imposta in una dichiarazione successiva, a nulla rilevando che lo stesso sia, in ipotesi, effettivamente maturato.

Tale posizione è confortata dalla costante giurisprudenza della Corte di Cassazione che, con orientamento ormai consolidato, ha ripetutamente escluso il riporto a nuovo del credito formatosi in un periodo d'imposta per il quale sia stata omessa la dichiarazione.

Giova sottolineare che, in particolare, si pongono su tale linea interpretativa, le seguenti sentenze della Suprema corte:,n. 8583 del 28-08-1998; numero 1823 del 09-02-2001; numero 14505 del 19-11-2001; numero,16477 del 20-08-2004; numero 17158 del 23-08-2005, numero 11584 del 17-05-2006, numero 21947 del 19-10-2007; numero 433/08 del 11-01-2008; numero 4802 del 27-02-2009; numero 6134 del 13-03-2009, numero 7172 del 25-03-2009; numero 17204 del 23-07-2009; numero 11737 del 27-
05-2011; numero 20040 del 30-09-2011; Cass. sez. tributaria, numero 19326 del 22-09-2011; numero 268 del 12-01-2012.

In particolare, di notevole rilevanza sono le motivazioni addotte dai Giudici di legittimità nella sentenza numero 20040/2011, per i quali "occorre preliminarmente puntualizzare che il combinato disposto dal DPR numero 322 del 1998, articolo 8 e DPR numero 633 del 1972, articolo 19 fissa il limite temporale entro il quale il contribuente deve esercitare la facoltà di detrazione del credito d'imposta ("al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto ..."), ma non incide sui relativi presupposti, e che, ai sensi del DPR numero 633 del 1972, articolo 55 l'Ufficio non è tenuto all'accertamento induttivo ivi previsto al solo fine di consentire al contribuente il recupero del proprio credito d'imposta". La posizione contraria della Corte è risalente nel tempo (Cass. numero 544 del 20 gennaio 1997) e consentiva il riporto del credito nell'anno successivo anche in assenza della dichiarazione dell'anno di maturazione. Tale indirizzo risulta sporadicamente condiviso da altre pronunce non recenti (Cass. numero 2063 del 25 febbraio 1998; numero 3916 del 17 aprile 1998, numero 523 del 18 gennaio 2002).

Tornando alla questione affrontata, si rileva, peraltro, che la medesima giurisprudenza di legittimita', in coerenza con il principio di neutralità che ispira il sistema IVA, più volte ribadito anche dalla Corte di Giustizia, ha affermato che nella fattispecie in esame, qualora venga riscontrata l'effettività del credito, il contribuente è ammesso al rimborso dell'eccedenza medesima, attraverso la procedura di cui all'articolo 21 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, numero 546 (Ai sensi dell'articolo 21, comma 2, ultimo periodo, del decreto legislativo numero 546 del 1992 “La domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento, ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione”).

È pertanto possibile che alla pretesa dell'Amministrazione, conseguente alla liquidazione della dichiarazione nella quale è stato riportato il credito maturato in un anno per il quale è stata omessa la relativa dichiarazione, faccia seguito il diritto del contribuente al rimborso del medesimo credito oggetto di recupero.

Resta inteso che le compensazioni tra le somme oggetto di recupero ed il credito eventualmente spettante - a differenza di quanto si dirà al paragrafo 3 circa le potestà esercitabili in sede di mediazione tributaria e conciliazione giudiziaria - non sono compatibili con il procedimento di liquidazione di cui all'articolo 54-bis citato.

Al riguardo, si ritiene di conformarsi al principio espresso con la circolare del 4 maggio 2010, numero 23 in relazione ad accertamenti che contestano l'errata imputazione per competenza di componenti negativi del reddito di impresa, nella quale si è affermato che ".. il diritto al rimborso è esercitabile soltanto dal giorno in cui lo stesso può essere fatto valere, è da ritenere che il diritto al rimborso della maggiore imposta versata con riguardo a un periodo d'imposta antecedente o successivo a quello oggetto di accertamento, decorre dalla data in cui la sentenza che ha affermato la legittimità del recupero del costo non di competenza è passata in giudicato, ovvero dalla data in cui è divenuta definitiva, anche ad altro titolo, la pretesa dell'Amministrazione finanziaria al recupero del costo oggetto di rettifica. Da tale data, infatti, si deve ritenere affermato irrevocabilmente anche il diritto del contribuente a dedurre nel periodo di imposta di effettiva competenza il componente negativo"

in altre parole, il diritto del contribuente al rimborso sorge a seguito della definizione della pretesa in senso favorevole all'Amministrazione.

Nella fattispecie in esame, qualora il contribuente definisca l'obbligazione pagando le somme richieste dall'ufficio, nei termini previsti dalla comunicazione di irregolarità ovvero a seguito della notifica della cartella di pagamento o in esito a una sentenza definitiva a lui sfavorevole, lo stesso potrà presentare istanza di rimborso del credito, entro due anni dal predetto pagamento ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, numero 546.

Nell'esaminare tali istanze, l'ufficio effettuerà il controllo dell'effettiva spettanza del credito, mediante richiesta ed esame della documentazione contabile ed extracontabile necessaria, attenendosi alla prassi operativa concernente i controlli da espletare ai fini dell'erogazione dei rimborsi IVA, fatta salva la facoltà di attivare anche successivamente eventuali specifici controlli sostanziali, al fine di verificare ulteriormente la spettanza del credito. A quest'ultimo fine, le strutture addette alla trattazione delle istanze di rimborso segnaleranno alle strutture che si occupano dei controlli le posizioni maggiormente rilevanti ammesse al rimborso.

Sintesi sulla omessa dichiarazione IVA e detrazione in una successiva dichiarazione del credito IVA non dichiarato

In conclusione si riassumono i principi cui gli uffici dovranno attenersi nel trattamento della fattispecie in argomento:

  1. il comportamento tenuto dal contribuente (omessa dichiarazione IVA e detrazione in una successiva dichiarazione del credito IVA non dichiarato) viola l'articolo 30 del dpr numero 633 del 1972 secondo il quale "Se dalla dichiarazione annuale risulta che l'ammontare detraibile (..) è superiore a quello dell'imposta … il contribuente ha diritto a computare l'eccedenza in detrazione dell'anno successivo". Pertanto dalla lettera della norma si evince chiaramente che il diritto alla detrazione del credito nell'anno successivo è subordinato alla presentazione della dichiarazione nell'anno in cui il credito è maturato e, in conseguenza, la detrazione in mancanza di dichiarazione costituisce un comportamento contrario alla norma e quindi sanzionabile. E si conferma, quindi, la correttezza delle contestazioni, ai sensi dell'articolo 54-bis del dpr numero 633 del 1972, dell'utilizzo dei crediti originatisi in annualità per le quali sia stata omessa la dichiarazione;
  2. in coerenza con il principio di neutralità che ispira il sistema dell'IVA, il credito maturato in un'annualità per la quale non sia stata presentata la dichiarazione, se effettivamente esistente e spettante, potrà essere riconosciuto al contribuente (benché attenga ad una dichiarazione omessa); più precisamente, il contribuente sarà ammesso a presentare istanza di rimborso del credito, ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo numero 546 del 1992, entro due anni dal pagamento degli esiti della liquidazione ovvero dell'esito del contenzioso relativo alla cartella di pagamento conseguente alla liquidazione stessa, favorevole all'Agenzia. In tal caso, il rimborso sarà erogato solo dopo aver riscontrato l'effettiva spettanza del credito.

Tali conclusioni, che superano in parte quelle contenute nella risoluzione numero 74 del 2007, da un lato, tengono conto della circostanza che la mancata presentazione della dichiarazione nell'anno in cui il credito stesso è maturato viola il principio in base al quale il diritto alla detrazione del credito nell'anno successivo è subordinato alla presentazione della dichiarazione nell'anno in cui il credito è maturato e, dall'altro, attraverso il riconoscimento del diritto al rimborso, nel caso in cui il credito sia effettivamente spettante, garantiscono il rispetto del principio di neutralità proprio del sistema dell'IVA, che tuttavia non si estende sino a tenere indenne, in ogni caso, il contribuente da qualunque conseguenza sanzionatoria.

L'illegittimità dell'omissione della dichiarazione da parte del contribuente, infatti, non ha consentito all'Amministrazione di avere contezza del credito nel momento in cui lo stesso è sorto e di attivare, se del caso, gli opportuni riscontri, rappresentando un obiettivo ostacolo all'attività di controllo.

Trattamento della fattispecie in sede contenziosa

Le fattispecie sopra descritte hanno dato origine a un diffuso contenzioso, anche oggetto di istanze di mediazione in relazione a controversie di valore non 9 superiore a 20.000 euro ai sensi dell'articolo 17-bis del decreto legislativo numero 546 del 1992, instaurato avverso la cartella di pagamento emessa dall'ufficio per il recupero del credito proveniente da dichiarazione omessa o avverso il diniego espresso o tacito sull'istanza di rimborso prodotta dal contribuente in relazione alle somme versate a seguito della comunicazione di irregolarità o della cartella di pagamento.

Ove il contribuente eccepisca nel corso del giudizio l'effettiva sussistenza del credito, esibendo la relativa documentazione, l'ufficio, in sede contenziosa dovrà sostenere anzitutto - secondo quanto sopra evidenziato - la legittimità dell'operato dell'ufficio ai sensi degli articoli 30 e 54-bis del dpr numero 633 del 1972 e l'irrilevanza della sussistenza o meno del credito rispetto al thema decidendum, relativo alla liquidazione delle imposte dovute in base a una dichiarazione successiva. In subordine ed in via prudenziale, l'ufficio valuterà la sussistenza di elementi per contestare l'esistenza stessa del credito illegittimamente compensato ed eccepire in giudizio anche tale inesistenza, così da precludere un'eventuale pronuncia circa la spettanza del diritto al rimborso.

Come sopra accennato, solo dopo che il contribuente abbia effettuato il pagamento delle somme iscritte a ruolo in esecuzione di pronunce giurisdizionali passate in giudicato, potrà essere presentata istanza di rimborso del credito maturato nell'annualità per la quale la dichiarazione risulta omessa, ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo numero 546 del 1992.

Appare, infine, opportuno sottolineare che, anche nell'ipotesi in cui il contribuente abbia diritto al rimborso del credito erroneamente utilizzato in detrazione, la prosecuzione del giudizio e i connessi oneri a carico dell'Amministrazione sarebbero giustificati dalla necessità di conseguire le sanzioni pecuniarie relative al comportamento non corretto del contribuente ai sensi del citato articolo 13 del decreto legislativo numero 471 del 1997.

Trattamento della fattispecie in sede mediazione o conciliazione giudiziale

Alla luce di quanto esposto nei paragrafi precedenti e nel rispetto del principio generale della giusta imposizione fiscale, si ritiene che le controversie in esame possano essere definite mediante un accordo di mediazione che preveda il riconoscimento del credito effettivamente spettante, qualora il contribuente riconosca a sua volta la legittimità delle sanzioni e degli interessi iscritti a ruolo.
Nel caso in cui venga raggiunto l'accordo di mediazione, inoltre, il contribuente avrà diritto a beneficiare della riduzione delle sanzioni al 40 per cento ai sensi dell'articolo 48 del decreto legislativo numero 546 del 1992.

In sostanza - coerentemente con le finalità perseguite dal legislatore attraverso l'istituto della mediazione e in ossequio ai principi di economicità e speditezza dell'azione amministrativa - posto che il pagamento dell'imposta liquidata dà diritto al contribuente di presentare istanza di rimborso "anomalo" nel termine biennale di cui all'articolo 21 del decreto legislativo numero 546 del 1992, si ritiene possibile in mediazione "scomputare", dalla somma originariamente richiesta in pagamento al contribuente, l'eccedenza di IVA detraibile riconosciuta spettante.

Considerato che il diritto di credito emerge solo in fase di mediazione, non possono essere riconosciuti interessi a favore del contribuente.

Nell'accordo di mediazione dovrà altresì evidenziarsi che i controlli eseguiti ai fini del riconoscimento dell'eccedenza a credito non esauriscono le attività di controllo esercitabili dall'Amministrazione finanziaria sull'annualità per la quale la dichiarazione risulta omessa.

Le medesime considerazioni fin qui svolte in relazione alle istanze di mediazione presentate dai contribuenti avverso le cartelle di pagamento, si possono ritenere valide anche in ordine alla possibilità di definire in sede di conciliazione giudiziale le controversie di valore superiore a 20.000 euro, per le quali l'istituto della mediazione non trova applicazione.

Riconoscimento dell'eccedenza a credito IRPEF, IRES o IRAP maturata nell’anno in cui la relativa dichiarazione risulta omessa

Analogamente a quanto esposto in materia di IVA, accade sovente che nell'ambito dell'attività di liquidazione delle dichiarazioni dei redditi o dell'IRAP viene rilevato che alcuni contribuenti riportano in dichiarazione un'eccedenza di imposta a credito generata nel precedente periodo d'imposta per il quale la relativa dichiarazione risulta omessa.

Al riguardo, si osserva, che ai sensi dell'articolo 2, comma 7, del dpr 22 luglio 1998, numero 322, le dichiarazioni dei redditi presentate con ritardo superiore a novanta giorni si considerano omesse "ma costituiscono, comunque, titolo per la riscossione delle imposte dovute in base agli imponibili in esse indicati e delle ritenute indicate dai sostituti d'imposta".

Dal tenore letterale della disposizione emerge che le dichiarazioni "tardive" costituiscono per l'Amministrazione finanziaria titolo per la riscossione delle imposte che ne derivano, mentre nulla viene disposto in ordine agli eventuali crediti ivi indicati. Tale mancata previsione da parte del legislatore consente di affermare che la dichiarazione presentata con un ritardo di oltre novanta giorni non è titolo per il riconoscimento dei crediti ivi esposti.

Deve ritenersi, pertanto, legittimo l'operato dell'Amministrazione finanziaria che recupera il credito riportato nella dichiarazione dei redditi successiva, ma derivante da una annualità per cui la dichiarazione è stata omessa, mediante la procedura di cui al citato articolo 36-bis del dpr numero 600 del 1973, con irrogazione della sanzione prevista dall'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, numero 471.

Anche in tal caso, peraltro, si ritiene opportuno conformarsi al principio espresso con la circolare 4 maggio 2010, numero 23, nella quale - come sopra evidenziato - si è affermata la possibilità di riconoscere il diritto del contribuente al rimborso a seguito della definizione della pretesa in senso favorevole all'Amministrazione.

Nelle fattispecie in esame, quindi, dopo che abbia definito l'obbligazione pagando le somme richieste dall'ufficio, nei termini previsti dalla comunicazione di irregolarità ovvero a seguito della notifica della cartella di pagamento o in esito a sentenza definitiva a lui sfavorevole, il contribuente potrà richiedere il rimborso del credito maturato nell'annualità per la quale la dichiarazione risulta omessa, entro due anni dal predetto pagamento ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, numero 546.

L'istruttoria delle istanze di rimborso in questione dovrà essere finalizzata alla ricostruzione della posizione fiscale complessiva del contribuente relativamente alla annualità per la quale la dichiarazione risulta omessa, riscontrando la documentazione esibita dal contribuente e gli eventuali dati e notizie a disposizione dell'ufficio.

Resta salva in ogni caso la facoltà di attivare anche successivamente eventuali ulteriori specifici controlli sostanziali, al fine di verificare la spettanza del credito, secondo le stesse modalità illustrate al paragrafo 1. Il riconoscimento del credito, analogamente a quanto affermato in materia di IVA, potrà inoltre avvenire anche in sede di accordo di mediazione o conciliazione giudiziale.

13 Agosto 2012 · Giorgio Valli




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