Sovraindebitamento – debiti ed esdebitazione

Sovraindebitamento – debiti ed esdebitazione - Quando un imprenditore può essere considerato non fallibile

Ricordiamo che un imprenditore, per poter essere considerato non fallibile, deve possedere i seguenti requisiti:

  1. aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila;
  2. aver realizzato, nei tre esercizi precedenti, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila
  3. avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila.

Cosa significa "esdebitazione"?

L'esdebitazione è una novità introdotta dal legislatore con la riforma del diritto fallimentare, avvenuta con il Decreto Legislativo del 9 gennaio 2006, numero 5, poi modificato dal successivo Decreto Legislativo del 12 settembre 2007, numero 169.

Tale istituto è previsto dagli articoli 142 e seguenti della Legge Fallimentare.

L'esdebitazione è un beneficio concesso dal Tribunale all'imprenditore fallito, consistente nella dichiarazione di "inesigibilità" dei debiti non soddisfatti nella procedura concorsuale.

Questo vuol dire che per tali debiti il fallito non potrà subire, una volta ottenuta l'esdebitazione, azioni esecutive da parte dei creditori concorsuali.

L'obiettivo è quello di agevolare il fallito nella ripresa dell'attività economica, liberandolo dal peso dei debiti pregressi.

Le condizioni per chiedere l'esdebitazione

L'esdebitazione riguarda esclusivamente i seguenti soggetti:

  • gli imprenditori individuali
  • i soci illimitatamente responsabili delle società personali.

Per ottenere l'esdebitazione è necessario che il fallito:

  1. abbia cooperato con gli organi della procedura, fornendo tutte le informazioni e la documentazione utile all'accertamento del passivo e adoperandosi per il proficuo svolgimento delle operazioni;
  2. non abbia in alcun modo ritardato o contribuito a ritardare lo svolgimento della procedura;
  3. non abbia violato le disposizioni di cui all'articolo 48 della legge fallimentare (il fallito persona fisica è tenuto a consegnare al curatore la propria corrispondenza di ogni genere, inclusa quella elettronica, riguardante i rapporti compresi nel fallimento);
  4. non abbia beneficiato di altra esdebitazione nei dieci anni precedenti la richiesta;
  5. non abbia distratto l'attivo o esposto passività insussistenti, cagionato o aggravato il dissesto rendendo gravemente difficoltosa la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari o fatto ricorso abusivo al credito;
  6. non sia stato condannato con sentenza passata in giudicato per bancarotta fraudolenta o per delitti contro l'economia pubblica, l'industria e il commercio, e altri delitti compiuti in connessione con l'esercizio dell'attività d'impresa, salvo che per tali reati sia intervenuta la riabilitazione. Se è in corso il procedimento penale per uno di tali reati, il tribunale sospende il procedimento fino all'esito di quello penale.

È necessario inoltre che siano stati pagati almeno parzialmente i debiti concorsuali.

I debiti esclusi dalla esdebitazione

Alcune tipologie di debito sono escluse dall'esdebitazione, e precisamente:

  • gli obblighi di mantenimento e alimentari e comunque le obbligazioni derivanti da rapporti estranei all'esercizio dell'impresa;
  • i debiti per il risarcimento dei danni da fatto illecito extracontrattuale nonché le sanzioni penali ed amministrative di carattere pecuniario che non siano accessorie a debiti estinti.

Sono salvi i diritti vantati dai creditori nei confronti di coobbligati, dei fideiussori del debitore e degli obbligati in via di regresso.

Il decreto di accoglimento della domanda di esdebitazione produce effetti anche nei confronti dei creditori anteriori alla apertura della procedura di liquidazione che non hanno presentato la domanda di ammissione al passivo; in tale caso, l'esdebitazione opera per la sola eccedenza alla percentuale attribuita nel concorso ai creditori di pari grado.

Come si chiede l'esdebitazione?

Per ottenere l'esdebitazione, è necessario presentare domanda al Tribunale ove si svolge o si è svolta la procedura concorsuale.

Il Tribunale non può concedere l'esdebitazione d’ufficio, ossia di propria iniziativa senza la domanda dell'interessato.

Possono presentare l'istanza i seguenti soggetti:

  • il fallito;
  • gli eredi del fallito, in quanto l’esdebitazione riguarda diritti patrimoniali trasmissibili mortis causa.

La domanda può essere presentata alternativamente:

  1. nel corso della procedura fallimentare, prima che questa si chiuda. In tal caso il giudice potrà concedere l'esdebitazione con lo stesso decreto di chiusura del fallimento;
  2. successivamente alla chiusura del fallimento, tramite ricorso da depositare nella cancelleria fallimentare dello stesso Tribunale che ha pronunciato il decreto di chiusura.

Attenzione: il ricorso deve essere presentato entro un anno dal decreto di chiusura.

Si tratta di un termine perentorio. Questo vuol dire che la domanda presentata oltre un anno dopo la chiusura sarà dichiarata inammissibile. Il termine annuale è stabilito per un’esigenza di certezza dei rapporti giuridici.

Depositato il ricorso, il Tribunale fisserà la data dell'udienza per sentire il curatore ed i creditori interessati, stabilendo il termine entro cui il ricorrente dovrà notificare il ricorso ed il decreto di fissazione dell'udienza al curatore ed a tutti i creditori.

Eventualmente, se il numero dei creditori è così elevato da rendere particolarmente onerose le notifiche, ci si potrà avvalere  della notifica per pubblici proclami ex articolo 150 del Codice di Procedura Civile.

La notifica a tutti i creditori è necessaria per garantire il diritto al contradditorio, dal momento che l'esdebitazione è idonea a produrre effetti anche nella loro sfera giuridica, rendendo inesigibili i crediti rimasti insoddisfatti.

Tale principio è stato affermato dalla Corte Costituzionale, con sentenza del 30 maggio 2008 numero 181, che ha dichiarato incostituzionale l’articolo 143 della Legge fallimentare nella parte in cui esso, nel caso di procedimento di esdebitazione ad istanza del debitore nell’anno successivo al decreto di chiusura, non prevede la notifica ai creditori concorrenti non integralmente soddisfatti del ricorso col quale il debitore chiede di essere ammesso al beneficio della esdebitazione, nonché del decreto col quale il giudice fissa l’udienza in camera di consiglio.

Non prevedendo, infatti, uno strumento idoneo d'informazione dei creditori concorsuali in merito all'instaurazione di un procedimento, che in caso di accoglimento dell'istanza, produce effetti nella loro sfera giuridica, la legge viola il diritto alla difesa costituzionalmente garantito.

Non è comunque necessaria la partecipazione effettiva dei creditori al procedimento, essendo sufficiente, per il rispetto del diritto di difesa sancito dall'articolo 24 della Costituzione, che essi siano avvisati del procedimento (attraverso appunto la notifica suddetta) e che abbiano la facoltà di intervento.

Reclamo contro il decreto che decide sull'esdebitazione

Al termine del procedimento, il Tribunale si pronuncia sulla domanda di esdebitazione con decreto, succintamente motivato, con il quale concede o nega l'esdebitazione.

Contro questo decreto gli interessati possono proporre reclamo davanti alla Corte di Appello ai sensi dell'articolo 26 della Legge fallimentare.

La legittimazione spetta:

  • al debitore;
  • ai creditori non integralmente soddisfatti (anche quelli esclusi dalla procedura consorsuale e quelli che non hanno fatto domanda di ammissione al passivo);
  • al pubblico ministero;
  • a qualunque interessato (inclusi il curatore, il comitato dei creditori, gli obbligati in via di regresso che per effetto dell'esdebitazione rimangono obbligati per intero, non potendo però agire verso l’ex fallito).

Il reclamo va proposto nel termine perentorio di dieci giorni.

Per il fallito, il curatore ed i creditori il termine decorra dalla comunicazione o notifica del provvedimento; riguardo agli altri interessati dall'esecuzione delle formalità pubblicitarie disposte dal Giudice delegato o dal Tribunale, se quest'ultimo ha emesso il provvedimento (articolo 26, terzo comma).

Indipendentemente dalla notifica del decreto, il reclamo non può più proporsi decorso il termine perentorio di novanta giorni dal deposito del provvedimento in cancelleria.

Il procedimento per il reclamo è analogo a quello per la domanda di esdebitazione.

Si presenta sotto forma di ricorso, da depositare nella cancelleria della Corte di Appello territorialmente competente.

Il reclamo deve contenere:

  1. l'indicazione del tribunale o della corte di appello competente, del giudice delegato e della procedura fallimentare;
  2. le generalità del ricorrente e l'elezione del domicilio nel comune in cui ha sede il giudice adito;
  3. l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si basa il reclamo, con le relative conclusioni;
  4. l'indicazione dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti.

Il presidente, nei cinque giorni successivi al deposito del ricorso, designa il relatore, e fissa con decreto l'udienza di comparizione entro quaranta giorni dal deposito del ricorso.

Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, deve essere notificato, a cura del reclamante, al curatore ed ai controinteressati entro cinque giorni dalla comunicazione del decreto.

La Corte si pronuncia sul reclamo, confermando o revocando il decreto.

La sua decisione è ricorribile per cassazione.

8 Dicembre 2010 · Antonella Pedone


Commenti e domande

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10 risposte a “Sovraindebitamento – debiti ed esdebitazione”

  1. Renato ha detto:

    Avevo una partecipazione in una società in nome collettivo poi fallita, il fallimento si è chiuso nel 2018, è stato emesso nei miei confronti un decreto di esdebitazione nel dicembre 2018.
    ora una società di recupero crediti vuole la cifra di 150.000 euro in quanto avevo prestato delle fideiussioni personali per la società fallita, ho opposto il decreto di esdebitazione ma loro mi dicono che in base all’art 142 l.f. ultimo comma sono salve le fideiussioni nei confronti dei terzi del debitore.
    Ma possono farlo? ma a cosa serve l’esdebitazione allora?
    cìè una cassazione in tema di concordato che dice che l’efficacia esdebitatoria del concordato vale anche per le fideiussioni prestate dai soci illimitatamente responsabili art 184 legge fallimentare ma sarà la stessa cosa anche per i soci illimitatamente responsabili che hanno a proprio favore un decreto di esdebitazione.
    a chi posso rivolgermi? non c’è un organo istituzionale al quale posso rivolgermi per questo comportamento intimidatorio?
    grazie

    • L’articolo 142 (Esdebitazione) della legge fallimentare stabilisce che l’esdebitazione non annulla i diritti vantati dai creditori nei confronti di coobbligati, dei fideiussori del debitore e degli obbligati in via di regresso. La normativa, dunque, fa riferimento ai fideiussori del debitore.

      Ora se l’esdebitazione è stata pronunciata in favore della società debitrice, il creditore ha ragione, dal momento che lei risulta essere fideiussore del debitore (in pratica lei è un terzo fideiussore del debitore).
      Qualora, invece, il decreto di esdebitazione è riferibile al socio persona fisica della società debitrice, allora la persona fisica è debitore e non fideiussore del debitore e non si applica l’articolo 142 della legge fallimentare.

  2. elena1972 ha detto:

    La ringrazio per la celere risposta.
    E’ un mio diritto o sbaglio quello di avere accesso agli atti che mi riguardano sia per la procedura fallimentare che per i crediti ancora in essere?

    • Ci mancherebbe, è un suo precipuo diritto l’accesso agli atti per ottenere informazioni che la riguardino e che potrebbero essere utilizzate, a suo discarico, in altri procedimenti in cui è coinvolta.

  3. elena1972 ha detto:

    Buongiorno,
    il curatore fallimentare non si sta dimostrando molto collaborativo nel fornirmi le date che lei mi ha indicato nella risposta.
    Insisterò comunque perché, visto che intendo rivolgermi ad un avvocato per verificare la sussistenza delle richieste dell’Agenzia delle entrate, o a me o all’avocato queste date dovrà fornirle.
    Saluti.

    • Grazie per il feedback. A nostro parere dovrebbe essere l’avvocato a presentare al curatore fallimentare una formale istanza di accesso agli atti, motivando dettagliatamente l’interesse del cliente nell’acquisire tali informazioni. Se l’Agenzia delle entrate e l’INPS hanno effettuato il tentativo di insinuazione al passivo ed il curatore fallimentare ha loro opposto un diniego non propriamente conforme alle vigenti procedure, può essere anche comprensibile l’atteggiamento non collaborativo. Lei potrebbe richiedere al curatore i danni equivalenti agli importi che dovrà versare ai creditori non insinuati nella procedura fallimentare.

      D’altra parte, è normale anche non attendersi un atteggiamento collaborativo da parte di Agenzia delle Entrate ed INPS. Non hanno alcun interesse a fornire informazioni che potrebbero mettere in risalto la tardività negligente nella presentazione di una richiesta di insinuazione al passivo, nè la loro eventuale esclusione illegittima. L’ammissione al passivo fallimentare avrebbe al massimo comportato un rimborso parziale dei crediti vantati, rimborso che nella situazione attuale possono esigere integralmente, come del resto hanno fatto.

      Comunque, le formuliamo l’auspicio che la questione possa risolversi per lei in modo favorevole.

  4. elena1972 ha detto:

    La ringrazio,
    il curatore fallimentare potrebbe essermi d’aiuto visto che ha gestito lui la procedura?
    Saluti.

    • Annapaola Ferri ha detto:

      Nella situazione descritta sono cruciali le date documentabili dagli atti. E’ importante conoscere, fra l’altro, anche la data a partire dalla quale non sarebbe stato più possibile insinuarsi al passivo: sotto questo aspetto l’aiuto del curatore fallimentare potrebbe essere decisivo.

  5. elena1972 ha detto:

    Grazie per la risposta.
    Come faccio a verificare che tali crediti riferiti all’anno 2007 (fallimento dichiarato anno 2007) siano stati accertai dopo il termine che lei ha specificato?
    Sono stati notificati al curatore nel 2010 ma si riferiscono all’anno 2007.
    Grazie.

    • Annapaola Ferri ha detto:

      Deve accedere, com’è suo diritto, agli atti che la riguardano presso l’Agenzia delle entrate e l’INPS. Riuscirà in tal modo a risalire all’origine delle pretese e a verificare, inseme ad un professionista di fiducia, eventuali violazioni dei termini di decadenza nonché ad accertare l’asserita impossibilità di insinuazione al passivo dei crediti vantati.

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