Credito ai consumatori » il mondo dei prestiti e dei finanziamenti: i diritti dei consumatori contro l’impero delle banche

Credito ai consumatori » il mondo dei prestiti e dei finanziamenti: i diritti dei consumatori contro l'impero delle banche

L’arbitro Bancario Finanziario (Abf), numerosissime volte, si e' concentrato sulla tematica concernente il credito ai consumatori da parte delle banche (prestiti, finanziamenti, ecc).

L'Abf e' ormai diventato un punto di snodo fondamentale nelle controversie tra istituti di credito e consumatori. I ricorsi all’Abf, infatti, negli anni addietro, sono aumentati del 58%, con una percentuale di accoglimento delle istanze dei consumatori pari al 45% dei casi.

A rivolgersi all'arbitro e' un pubblico adulto, vista l’eta' media dei ricorrenti, che e' di 49 anni.

Il successo dell’Arbitro si misura anche dai dati dell'accesso al proprio portale internet: circa 14.000 accessi al giorno, tra cui, non solo esperti e studiosi, ma anche semplici cittadini interessati a conoscerne le decisioni.

L'origine di questo successo si basa sulla qualità delle pronunce: l’elevato profilo dei componenti dei collegi mette a disposizione dei cittadini uno strumento molto valido ed accessibile a tutti per i costi contenuti.

Il ricorso all'Abf costa, infatti, solo 20 euro e quando il consumatore ha ragione, di norma, l’istituto di credito viene condannato a rifonderglieli.

Tra le contestazioni ricevute dall'arbitro, quelle relative al credito ai consumatori sono in continuo aumento.

Nell'intervento che segue, dunque, vogliamo informare il lettore sulle decisioni dell'Abf in materia di credito ai consumatori, ovvero riguardo a prestiti, finanziamenti, ecc.

Per favorire la lettura, facciamo notare che, nel prosieguo dell'articolo, i clienti, o consumatori, saranno identificati come utilizzatori, mentre gli istituti di credito, banche o prestatori, come intermediari.

I caratteri generali del credito ai consumatori

Come noto, il credito ai consumatori è il contratto di concessione di un credito, sotto forma di dilazione di pagamento, di prestito o di altra facilitazione finanziaria, a un consumatore cioè a una persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta.

Le norme sul credito ai consumatori non si applicano ad alcune tipologie di finanziamenti, come ad esempio, ai finanziamenti di importo superiore a 75.000 euro.

I prestiti contro cessione del quinto dello stipendio o della pensione rientrano tra i crediti ai consumatori.

In linea generale, per quanto riguarda il credito ai consumatori, l'Abf ha più vole ribadito che sono nulle e si considerano non apposte le clausole contrattuali che prevedono condizioni più sfavorevoli di quelle pubblicizzate. È stato inoltre precisato che il diritto di recesso dal contratto di finanziamento non richiede l'indicazione di una motivazione.

Così, si prevede che sono nulle e si considerano non apposte le clausole contrattuali che prevedono tassi, prezzi e condizioni più sfavorevoli per i clienti di quelli pubblicizzati.

Ai fini del rispetto della normativa di trasparenza è poi necessario che venga fornito al cliente il documento contenente le Informazioni europee di base sul credito ai consumatori. Per la prova di tale consegna è sufficiente che dalla documentazione contrattuale risulti che il consumatore ha attestato di averlo ricevuto prima della firma del contratto oppure di avere ritirato copia tanto del contratto che delle Informazioni europee stesse.

In tema di recesso dal contratto di finanziamento, l'Arbitro ha affermato che, anche se secondo normativa vigente, non si richiede l'indicazione di una motivazione per l'esercizio di tale diritto, il cliente può esplicitare nella relativa comunicazione i motivi che lo hanno indotto a recedere dal contratto, senza che questo modifichi la qualificazione del diritto così esercitato.

Controversie tra consumatori e banche in merito alla cessione del quinto dello stipendio e della pensione

Come noto, la cessione del quinto dello stipendio e della pensione, è una forma di credito ai consumatori non finalizzato, il cui utilizzo non è destinato in modo specifico all'acquisto di determinati beni o servizi.

Il finanziamento può avere una durata massima di 120 mesi; il dipendente estingue il finanziamento attraverso la cessione volontaria all'intermediario di una quota, non superiore al quinto, del proprio stipendio o pensione mensile netti.

Il cliente-consumatore ha sempre la possibilità di rimborsare il prestito anticipatamente, ottenendo una riduzione del costo complessivo del credito, fatto salvo il riconoscimento di un ristoro al finanziatore, entro i limiti previsti dalla legge, per eventuali costi direttamente collegati al rimborso anticipato.

Negli ultimi tempi, sono notevolmente aumentate le controversie in materia di cessione del quinto dello stipendio o della pensione.

I ricorsi riguardano, in prevalenza, la misura delle restituzioni dovute dagli intermediari nel caso in cui il cliente estingua il finanziamento prima del termine stabilito.

Quando la banca o la finanziaria non concede il credito

Come già precisato altre volte dall'Arbitro Bancario Finanziario, nell'esercizio dell’attività creditizia la discrezionalità tecnica di cui indiscutibilmente le banche e le finanziarie dispongono, non può che svolgersi all'interno del perimetro segnato dai limiti di correttezza, buona fede e specifico grado di professionalità che l’ordinamento loro richiede, il che rende certamente sindacabile, limitatamente a tali profili, la condotta degli stessi nello svolgimento di tale attività.

La necessaria verifica del merito creditizio, nel risultare sicuramente e immediatamente finalizzata ad evitare, da parte della banca, la concessione del credito, per misura e condizioni, contrastante con la solvibilità del cliente consumatore, deve altresì comportare quell'adeguato chiarimento al cliente stesso di quale possa essere, al momento, la soluzione più adatta alle sue esigenze ed alla sua concreta situazione personale e finanziaria.

La specificità dell’indicazione delle motivazioni di esclusione del cliente dal credito si presenta, allora, come profilo imprescindibile della doverosa funzione che le risposte della banca sono destinate ad assumere ai fini dell’orientamento del cliente stesso nei suoi rapporti di credito presenti e futuri.

Conseguentemente, è da ritenere indiscutibile l’attuale sussistenza di un diritto del cliente a ricevere indicazioni, anche se di carattere generale (in quanto applicazione di criteri elaborati per la generalità della clientela), ma pur sempre adeguatamente rapportate alle concrete circostanze individuali, circa le ragioni dell’eventuale diniego di credito.

Peraltro, i chiarimenti da fornire al cliente lasciano ferma la insindacabilità degli orientamenti della banca in ordine alla concessione del credito, la sua facoltà, cioè, di valutare ogni richiesta di credito sulla base di criteri suoi propri, delle caratteristiche personali del richiedente (anche con riguardo alla sua storia creditizia), delle politiche di rischio adottate da ciascun istituto, la sua credit policy, i propri livelli patrimoniali.

In sostanza, le argomentazioni riportate sono quelle che si leggono nella decisione 6182/13 del Collegio di coordinamento dell'Arbitro Bancario Finanziario.

Inoltre, qualora la banca, nell'ambito della propria autonomia gestionale, decida di non accettare una richiesta di finanziamento, è necessario che fornisca riscontro con sollecitudine al cliente; nell'occasione, anche al fine di salvaguardare la relazione con il cliente, andrà verificata la possibilità di fornire indicazioni generali sulle valutazioni che hanno indotto a non accogliere la richiesta di credito.

Alla luce della norma appena citata è possibile riconoscere un più significativo rilievo alle esigenze informative del cliente ed affermare, conseguentemente, in tema di valutazione del merito creditizio, la necessità di fornire indicazioni in ordine alle ragioni che hanno indotto a non accogliere la richiesta di credito.

In pratica, alle richieste del cliente che palesano l'esigenza di maggiori indicazioni sul proprio "merito creditizio" e circa le motivazioni che hanno indotto la banca a non concedere il prestito, non è possibile opporre una formula di rito del tipo la richiesta non è stata accolta perché non rispondente alla politica di erogazione del credito adottata dalla banca.

In questi termini si è espresso l'Arbitro Bancario Finanziario nella decisione 2464/13.

Dispute in materia di estinzione anticipata dei finanziamenti

Numerose decisioni dell'ABF si occupano della restituzione delle commissioni versate all'atto della stipula.

Assume particolare rilevanza al riguardo la distinzione tra costi soggetti a maturazione nel tempo (detti recurring) e costi che si versano una tantum ( detti up front).

Sulla base di un consolidato orientamento, l'Arbitro ha affermato che sono rimborsabili, per la parte non maturata, le commissioni bancarie, di intermediazione, le spese di incasso oltre che il premio assicurativo.

E' stato inoltre precisato che, quando manca una netta ripartizione nel contratto tra costi recurring e up front, l'intero importo di ciascuna voce deve essere preso in considerazione per individuare la quota parte da rimborsare, secondo un criterio proporzionale.

Con riferimento alle spese assicurative, l'ABF ha affermato che sussiste un collegamento negoziale tra il contratto di finanziamento e l'assicurazione stipulata a copertura del rischio legato all'impossibilità di restituire il credito ottenuto (morte del debitore, sua invalidità totale o parziale, ecc.).

Questo collegamento negoziale giustifica, in caso di estinzione anticipata, l'inoltro della richiesta di rimborso direttamente all'intermediario.

L'ABF ha invece respinto la domanda di restituzione della quota parte del premio assicurativo corrispondente al periodo non goduto in un caso in cui la polizza non era stata stipulata a tutela del credito, ma a copertura di spese mediche: al riguardo è stato considerato anche il carattere facoltativo della polizza e la circostanza che la copertura aveva comunque una durata inferiore a quella del finanziamento.

L'Arbitro ha inoltre precisato che le commissioni pagate ad agenti e mediatori, in quanto relative alla fase preliminare alla concessione del finanziamento, non sono soggette a maturazione nel tempo e di conseguenza non sono restituibili in seguito all'estinzione anticipata del contratto.

Estinzione anticipata del credito e prescrizione del diritto al rimborso del premio assicurativo versato per il residuo periodo di copertura

Non di rado, istituti di credito e finanziarie, contestualmente alla estinzione anticipata del prestito, non provvedono a rimborsare al cliente il premio assicurativo per il residuo periodo di copertura non goduto, premio che era stato versato in unica soluzione dal cliente al momento della sottoscrizione del contratto di credito.

Quando, dopo qualche anno dall'estinzione anticipata del prestito, il cliente, informato dei propri diritti, chiede la restituzione del premio assicurativo versato per il periodo di copertura non goduto, banche e finanziarie sollevano eccezione di intervenuta prescrizione, richiamando il codice civile.

In particolare, l'articolo 2952, in base al quale Il diritto al pagamento delle rate di premio si prescrive in un anno dalle singole scadenze. Gli altri diritti derivanti dal contratto di assicurazione e dal contratto di riassicurazione si prescrivono in due anni dal giorno in cui si è verificato il fatto su cui il diritto si fonda.

Ma, a parere dell'Arbitro Bancario Finanziario (decisione 2529/13) sulla scorta di un orientamento giurisprudenziale consolidato, la prescrizione breve prevista dal codice civile in materia assicurativa si applicherebbe soltanto ai diritti che si ricollegano direttamente e unicamente alla disciplina legale del contratto di assicurazione e non i diritti che, sia pure in occasione o in esecuzione del rapporto assicurativo, sorgono o sono fatti valere dall'assicurato o dall'assicuratore sulla base di altro titolo.

In altre parole nei rapporti tra banca (o finanziaria) e cliente, ed in riferimento a polizze assicurative stipulate nell'ambito di un contratto di credito, non si applica la prescrizione breve prevista dal codice civile in materia di assicurazioni.

Quest'ultima disposizione, infatti, si riferisce ai diritti al pagamento del premio (la cui prescrizione è fissata in un anno) e agli altri diritti derivanti dal contratto di assicurazione (la cui prescrizione è fissata in due anni dall'evento); mentre nel caso di estinzione anticipata del contratto di credito e della successiva richiesta di rimborso del premio assicurativo versato per il residuo periodo di copertura non goduto, entrano in gioco non già diritti che, in occasione o in esecuzione del contratto di assicurazione, sono reclamati dalla parte, ma diritti alla restituzione di importi che traggono origine da un contratto di credito.

Pertanto, la prescrizione del diritto al rimborso del premio assicurativo versato alla sottoscrizione del contratto e non goduto per il residuo periodo di copertura, ha durata decennale e decorre dalla data di estinzione anticipata del prestito.

Questioni riguardanti le garanzie nei contratti di prestito

Riguardo alle garanzie collegate ai finanziamenti l'Arbitro ha insistito sul carattere accessorio del contratto di fideiussione rispetto al credito garantito.

Di conseguenza, dalla nullità del contratto di finanziamento consegue l'invalidità o comunque l'inefficacia della garanzia prestata.

A giudizio dell'ABF l'obbligazione di garanzia assunta dal socio in favore della società cui appartiene non viene meno a seguito della cessione della partecipazione, poiché il mutamento del rapporto tra il ricorrente e il debitore principale non rileva rispetto al vincolo assunto personalmente, in veste di garante, nei confronti del debitore.

Il medesimo principio è stato affermato anche con riguardo all'ipotesi di trasformazione della società garantita in società in accomandita semplice, evento che non vale a estinguere l'obbligazione fideiussoria.

Nella stessa occasione l'Arbitro ha inoltre affermato il diritto del fideiussore a ricevere, informazioni sull'andamento dell'esposizione debitoria della società garantita. Tale disposizione si applica, infatti, a tutti i contratti di durata, tra i quali va inquadrato, ad avviso del Collegio, anche il contratto di fideiussione, rivolto a soddisfare un bisogno durevole del creditore.

Tra i diritti del fideiussore rientra anche quello di ottenere, a seguito di parziali adempimenti da parte del mutuatario, la corrispondente diminuzione della garanzia concessa.

Il principio di proporzionalità della garanzia rispetto all'entità del debito sancisce, in caso di estinzione della quinta parte del debito originario, la riduzione proporzionale della somma iscritta e alla parziale liberazione degli immobili ipotecati, quando risulti che, per le somme ancora dovute, i rimanenti beni vincolati costituiscono una garanzia sufficiente.

Con riferimento all'ipotesi di recesso dal rapporto fideiussorio, l'ABF ha affermato che l'obbligo residuo di garanzia è limitato alle sole obbligazioni già esistenti nel patrimonio del debitore principale prima della data di efficacia del recesso, ivi incluse quelle non ancora maturate, ma con esclusione di quelle non ancora sorte a tale data.

È pertanto nulla, la clausola in virtù della quale il fideiussore è tenuto a rispondere, oltre che delle obbligazioni del debitore in essere al momento in cui avrà efficacia il recesso, di ogni altra obbligazione che venisse a sorgere o a maturare successivamente in dipendenza dei rapporti esistenti al momento suindicato.

È altresì nulla la fideiussione rilasciata da un confidi al di fuori dei limiti di operatività previsti per tale tipologia di intermediari.

Nel caso di specie, la fideiussione era stata rilasciata a garanzia dell'adempimento, da parte di un'impresa terza, dell'obbligazione relativa al pagamento del canone nell'ambito di un contratto di affitto d'azienda.

Problematiche riguardanti le aperture di credito nei contratti di prestito

Come noto, l'apertura di credito è il contratto col quale la banca si obbliga a tenere a disposizione dell'altra parte una somma di denaro per un dato periodo di tempo o a tempo indeterminato.

Al riguardo l'ABF ha ricordato che è nulla la clausola, pure approvata dalle parti, che preveda a carico del cliente il pagamento della commissione di affidamento, allorché l'ammontare di quest'ultima non sia predeterminato in maniera certa.

È ammissibile l'indicazione di un valore percentuale rispetto all'entità del fido. L'individuazione di tale valore non può però essere rimessa alla determinazione unilaterale della banca, per quanto vincolata all'interno di un range oscillante tra un valore minimo ed un valore massimo. In tal caso, infatti, il cliente non viene messo nelle condizioni di conoscere preventivamente il costo della linea di credito in caso di mancato utilizzo.

Varie decisioni si sono occupate della fase relativa allo scioglimento del rapporto. In relazione a ciò, l'Arbitro ha affermato che il contratto di apertura di credito a tempo determinato si scioglie alla scadenza del termine senza bisogno di alcun preavviso e il cliente è tenuto alla restituzione delle somme utilizzate, anche in mancanza di una espressa richiesta della banca.

Se il cliente non restituisce le somme, in assenza di elementi idonei a fondare il ragionevole affidamento del ricorrente circa la proroga del termine o il rinnovo tacito del contratto, l'intermediario può applicare gli interessi al tasso concordato.

La disciplina del recesso legale deve ricondursi a quella generale in tema di contratti di durata. Pertanto, se l'apertura di credito è contratta a tempo determinato, il recesso è consentito solo per giusta causa.

Se il rapporto è invece a tempo indeterminato, è consentito previo idoneo preavviso, a meno che non sussista una giusta causa.

Infine, l'Abf ha chiarito che, in ogni caso, deve ritenersi"illecito il comportamento della banca che, a seguito di un utilizzo del fido in eccesso rispetto al limite accordato (cosiddetto extra-fido) applichi un tasso maggiorato non solo sulla somma eccedente il fido, ma sull'intero ammontare del prestito accordato.

A seguito di tale violazione, l'intermediario è tenuto a restituire le somme non dovute, con gli interessi nella misura legale dalla data del reclamo al saldo.

Controversie in materia di leasing e factoring nell'ambito della concessione del credito

Come noto, il contratto di leasing consiste nella concessione da parte di un soggetto (locatore o concedente) a un altro (utilizzatore) del diritto di utilizzare un bene dietro pagamento di un canone periodico, con facoltà per l'utilizzatore, alla scadenza del contratto, di acquistare il bene stesso mediante esercizio dell'opzione detta di riscatto.

Nelle controversie in materia di leasing e di factoring sono coinvolti, con maggiore frequenza che nelle altre tipologie contrattuali, clienti non consumatori.

La normativa vigente, che riconosce il diritto del cliente di ottenere comunicazioni periodiche in merito allo svolgimento del rapporto, sancisce che anche il contratto di leasing è un contratto di durata: l'interesse alla rendicontazione periodica sussiste per ogni rapporto che non si esaurisca istantaneamente.

L'Arbitro ha così confermato, anche per i contratti di leasing, il diritto del fideiussore ad ottenere comunicazione periodica quantomeno dell'ammontare del debito garantito, sicché
la clausola contrattuale che prevede che tale informazione debba essere fornita solo su espressa richiesta del fideiussore sarebbe nulla.

A giudizio dei Collegi, la clausola contenuta in un accordo di rinegoziazione, per la quale restano all'intermediario tutte le somme già percepite in esecuzione del contratto oggetto della rinegoziazione stessa, deve essere specificamente approvata in forma.

L'Arbitro ha chiarito che il piano d'ammortamento, anche se non allegato al contratto, integra a ogni effetto un documento contrattuale, per cui la consegna al cliente è doverosa, a maggior ragione, nel caso in cui il cliente sollevi dubbi o contestazioni circa la correttezza dei conteggi effettuati dall'intermediario.

Il factoring, invece, è il contratto mediante il quale un imprenditore ("cedente") cede tutti i crediti presenti e futuri maturati nell'esercizio della propria attività imprenditoriale a un intermediario (factor) il quale assume a sua volta, dietro corrispettivo, l'obbligo di fornire servizi di riscossione e contabilizzazione di tali crediti.

Spesso il factor finanzia il cedente attraverso prestiti o anticipazioni sui crediti ceduti e può assumere i rischi connessi con l'inadempimento da parte dei debitori ceduti. Ferme restando le regole speciali previste per l'opponibilità della cessione da parte del factor, la cessione dev'essere notificata al debitore ceduto.

In tema di cessione dei crediti pro soluto, in cui il factor assume il rischio per il mancato pagamento,la violazione da parte del cedente degli obblighi di informazione stabiliti dal contratto giustifica il rifiuto del factor di prestare la garanzia.

L'Arbitro ha affermato che, anche in considerazione della specializzazione dell'intermediario nel ramo del factoring, non appare credibile che i legali rappresentanti della società ricorrente non siano in grado di comprendere appieno gli effetti giuridici ed economici del contratto sottoscritto.

Contratti di prestito ed usura sopravvenuta

Dopo la stipula di un contratto di prestito, la successiva discesa dei tassi di interesse conduce il tasso fisso stipulato a superare la soglia di usura: cosa fare in questi casi?

Evidentemente, la questione riguarda solo i prestiti a tasso fisso, esposti al rischio di usura sopravvenuta perché, in questo caso, il debitore si assume il rischio dei tassi discendenti ed il creditore quello dei tassi crescenti: i prestiti a tasso variabile, invece, incorporano un meccanismo di adeguamento continuo ai tassi di mercato.

Secondo l'Arbitro Bancario Finanziario, nello scenario di una discesa notevole e costante dei tassi di mercato, il creditore è tenuto a rendere partecipe il debitore dei vantaggi economici connessi con la riduzione del costo della provvista; in tal modo si concretizzano anche le finalità calmieratrici insite in qualsiasi sistema di contrasto dell’usura.

In pratica, in caso di discesa dei tassi medi rilevati dalla Banca d’Italia, se quelli pattuiti per il prestito all'epoca della stipula del contratto risultano superiori al tasso soglia di usura (relativo, naturalmente, alla specifica tipologia di credito) individuato al momento del pagamento, sussiste l'esigenza di provvedere al ricalcolo degli interessi convenzionalmente pattuiti, in modo da ricondurli entro la soglia di usura via via vigente nel corso del rapporto, non essendo comunque ammissibile che il cliente sia tenuto a versare gli interessi in una misura che, al momento in cui essi devono essere corrisposti, si pone al di sopra della soglia di usura vigente.

Tanto, anche sulla base degli insegnamenti della Corte di cassazione, secondo la quale il principio di correttezza e buona fede richiama nella sfera del creditore la considerazione dell’interesse del debitore e nella sfera del debitore il giusto riguardo all'interesse del creditore.

Insomma, il principio di correttezza e buona fede esplica la sua rilevanza nell'imporre, a ciascuna delle parti, il dovere di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra, a prescindere dall'esistenza di specifici obblighi contrattuali o di quanto espressamente stabilito da singole norme di legge.

Quella appena esposta è, in estrema sintesi, la posizione del Collegio di coordinamento dell'Arbitro Bancario Finanziario (decisione 77/14) rispetto al problema dell'usura sopravvenuta in un contratto di prestito a tasso fisso, qualora, nel corso del rapporto, i tassi di interesse, corrisposti dal debitore, risultassero superiori al tasso soglia di usura rilevato da Bankitalia.

Inoltre, In base alle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione del tasso effettivo globale medio ai sensi della legge sull'usura, ai fini del calcolo del TEG (tasso effettivo globale) devono essere presi in considerazione le commissioni, le remunerazioni a qualsiasi titolo e le spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate all'erogazione del credito e sostenute dal cliente, di cui il soggetto finanziatore è a conoscenza, anche tenuto conto della normativa in materia di trasparenza.

In particolare, sono incluse, tra l’altro, le spese di istruttoria, le spese di riscossione dei rimborsi e di incasso delle rate, le spese per assicurazioni o garanzie intese ad assicurare il rimborso totale o parziale del credito ovvero a tutelare altrimenti i diritti del creditore (ad es. polizze per furto e incendio sui beni concessi in leasing o in ipoteca), se la conclusione del contratto avente ad oggetto il servizio assicurativo è contestuale alla concessione del finanziamento ovvero obbligatoria per ottenere il credito o per ottenerlo alle condizioni contrattuali offerte, indipendentemente dal fatto che la polizza venga stipulata per il tramite del finanziatore o direttamente dal cliente.

È inclusa altresì ogni altra spesa ed onere contrattualmente previsti, connessi con l’operazione di finanziamento. In particolare gli importi versati dal cliente in relazione a contratti rientranti nell'usuale schema delle polizze collettive, basate su convenzioni dirette fra ente finanziatore e società di assicurazioni, cui il cliente è chiamato a prestare adesione e i cui costi sono inclusi nel capitale anticipato.

Va in proposito ricordata la rigorosa prescrizione adottata dalla norma penale, secondo cui per la determinazione del tasso usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate all'erogazione del credito.

Questo l'orientamento dell'Arbitro Bancario Finanziario emerso dal contenuto della decisione 4183/13.

22 Dicembre 2014 · Gennaro Andele


Commenti e domande

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4 risposte a “Credito ai consumatori » il mondo dei prestiti e dei finanziamenti: i diritti dei consumatori contro l’impero delle banche”

  1. fabius ha detto:

    Nel 2007 ho ricevuto un protesto per una cambiale subito pagata e cancellato il protesto nel tribunale e successive camera di commercio quindi attualmente sulle banche dati non risulta più niente. Ma provando a richiedere un finanziamento, anche di 3000 euro, non mi viene concesso. Premetto che sulla busta paga risulta una cessione del quinto. Quale altro problema può essere legato al fatto che non mi danno prestiti?

  2. federicop ha detto:

    volevo sapere se ciò che mi è accaduto potrebbe essere portato di fronte all’arbitro bancario.
    la mi banca online, ing direct ha ricevuto da me l’ordine di disporre un bonifico per ristrutturazione edilizia. il 16 dicembre. dopo svariate telefonate effettuava il bonifico il 24 dicembre. ma annullava la mia disposizione e la sostituiva con un giroconto ( da me mai autorizzato) pertanto con la codesta dicitura annullava la possibilità di avvalermi delle detrazioni irpef per l’anno 2015. ora la banca mi ha chiesto l’autorizzazione per fare un richiamo del bonifico. ma il beneficiario non acconsente a meno che riceva prima il bonifico corretto. io non sono in disponibilità della somma da anticipare. ed a conclusione di tutto ciò alla banca ho chiesto il risarcimento della mancata detrazione irpef per il 2015. €418. la banca me ne offerti €200 per non intraprendere un’azione legale. a vostro parere ci sono i presupposti per avere un risarcimento più cospicuo?

    • Ludmilla Karadzic ha detto:

      La controversia può essere senz’altro oggetto di ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario: il solo fatto che la banca cerchi di evitare il contenzioso dimostra che è consapevole dell’errore commesso.

      L’Arbitro Bancario Finanziario, tuttavia, è molto attento nel quantificare il danno: l’orientamento è sempre quello che il danno deve essere dimostrato dal ricorrente con documentazione a supporto.

      Nel suo caso, a nostro parere, il danno da lei subito può essere pacificamente rapportato all’importo della detrazione fiscale non fruita. Il suggerimento è senz’altro quello di rivolgersi all’ABF.

      In misura forfetaria, l’ABF risarcisce pure il c.d. “danno da perdita di tempo libero”. Ma deve essere esplicitamente richiesto nell’istanza.

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