Crediti insoluti – Iscrizione in bilancio cessione e norme fiscali

Criteri di valutazione dei crediti in bilancio

I crediti devono essere iscritti in bilancio secondo il valore presumibile di realizzazione: essi vanno valutati secondo il valore presumibile di realizzazione da calcolare, tenendo anche conto di quotazioni di mercato ove esistenti, in base alla situazione di solvibilità dei debitori.

Nel calcolo del valore presumibile di realizzazione inoltre tenersi conto di andamenti economici negativi riguardanti categorie omogenee di crediti.

Le relative svalutazioni possono essere determinate anche in modo forfettario.

Infatti, il criterio legale di valutazione dei crediti non attribuisce agli amministratori una discrezionalità assoluta, ma implica una valutazione fondata sulla situazione concreta, secondo principi di razionalità: ciò preclude l'iscrizione in bilancio non soltanto dei crediti semplicemente sperati, ma anche dei crediti certi, liquidi ed esigibili, qualora siano di dubbia o difficile esazione, i quali, in tal caso, non devono essere iscritti nel loro intero ammontare, bensì nella minore misura che - secondo un prudente apprezzamento - si presume di poter realizzare.

l criterio prudenziale, sotteso alle norme ricordate, prescinde dall'intento della società di cedere i crediti, essendo dettato in generale per la valutazione oggettiva dei medesimi, la quale potrebbe non corrispondere più al loro valore nominale. Occorre considerare, infatti, le caratteristiche dell'oggetto della valutazione, ossia il credito, "bene" suscettibile di godimento e di disposizione, mediante esazione presso il debitore o cessione a terzi.

Posto un credito di 100, in generale il debitore potrebbe adempiere pagando in toto l'importo corrispondente, oppure no. Come ex post risulterà sulla base di un insieme di elementi (non solo la somma capitale effettivamente versata, ma anche il tempo dell'adempimento, gli interessi corrisposti, i costi di esecuzione, la svalutazione sopravvenuta, ecc.), che occorre considerare ex ante al fine della valutazione di bilancio; parimenti, la cessione del credito a terzi (o mediante factoring o secondo la legge sulla cartolarizzazione dei crediti) potrebbe non prevedere, quale corrispettivo, un prezzo pari al valore nominale del credito ceduto, con una differenza stabilita essenzialmente in funzione delle aspettative di incasso esistenti a tale momento, oltre a dovere verosimilmente scontare anche il guadagno per il cessionario.

In entrambe le future evenienze, ove si voglia apprezzare quel credito con valutazione ex ante, il valore nominale costituisce perciò soltanto un parametro, che dovrà essere prudenzialmente corretto - con valutazione probabilistica, mediante un giudizio di prevedibilità formulato dagli amministratori con riguardo pur sempre alla condotta futura del debitore - per tener conto, sulla base di una serie di dati oggettivi, degli eventuali rischi di insoddisfazione del credito: che sono proprio quelli (unitamente allo sconto per il guadagno del cessionario, entro un range ragionevole e, di per sé, non esorbitante) capaci di influenzare anche il reale prezzo di cessione.

In relazione a tali rischi di insoddisfazione, rilevano tutti i caratteri del credito, intesi come i dati significativi capaci di rivelare la probabilità di adempimento pieno (qualità del debitore, importo, scadenza, garanzie, moneta di riferimento, esperienze pregresse, ma anche eventualmente condizioni economiche generali o di settore o del paese del debitore, ecc.), quali presupposti di fatto cui ancorare la corretta valutazione.

Valutazione dei crediti in bilancio - cessione e norme fiscali

Peraltro, è noto che, per gli speculari profili tributari della questione concernenti la possibilità di detrarre le perdite in sede di determinazione del reddito d'impresa, l'amministrazione finanziaria ha facoltà di disconoscere i vantaggi tributari conseguiti in operazioni di cessione di crediti, qualora poste in essere senza valide ragioni economiche ed allo scopo esclusivo di ottenere fraudolentemente un risparmio d'imposta.

Secondo giurisprudenza consolidata in tema di perdite su crediti conseguenti alla loro cessione a prezzo interiore a quello nominale, invero, il corrispettivo pattuito per la cessione di un credito non ha in sé alcun rilievo ai fini dell'accertamento dell'esistenza degli elementi "certi e precisi" richiesti dalla legge per la detrazione delle perdite, ove non si dimostri che esso corrisponde all'effettiva riduzione di valore reale del credito stesso, per la diminuzione della garanzia patrimoniale idonea ad impedire, ridurre od ostacolare la (integrale) ricuperabilità coattiva del credito.

In sostanza, i profili di certezza e precisione richiesti dalla legge non riguardano, in riferimento alle ipotesi di perdite su crediti determinate da cessioni pro-soluto, solo la perdita emergente dalla cessione in sé considerata, bensì gli elementi che, a monte, hanno indotto alla cessione medesima, precisando che è onere del contribuente provare che la perdita risultante dalla cessione si era già verificata.

Ed il contenuto di tale onere si concretizza con riferimento a situazioni tradizionalmente ricondotte alla dichiarazione di non poter adempiere, all'invio senza esito di intimazioni, diffide o precetti, al protesto dei titoli, alla mancanza di beni in proprietà del debitore, sino alla fuga o latitanza del debitore ed alla chiusura dei locali dell'impresa.

In conclusione, sia per il creditore originario, che intenda ottenere l'adempimento dal suo debitore, sia per il creditore cessionario, ciò che rileva - al fine di calcolo del valore del credito - è essenzialmente il grado di probabilità di ottenere tempestiva e piena soddisfazione da parte del debitore.

La valutazione dei crediti deve avere come parametro detta solvibilità e non può ancorarsi soltanto alle offerte di acquisto da parte di terzi o a programmate operazioni di cartolarizzazione, le quali circostanze, se legittimano aggiustamenti della valutazione ai valori di realizzo per tenere conto dei costi complessivi di tali operazioni, tuttavia non possono condurre a rettifiche di valore esorbitanti, a meno che queste dipendano proprio dall'oggettivo valore dei crediti.

Sono quelli appena elencati gli orientamenti indicati dai giudici della Corte di cassazione nella sentenza numero 5450/15.

20 Marzo 2015 · Giorgio Valli


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