Come costituire un’associazione » Il manuale per il contribuente: dagli aspetti fiscali alle prassi amministrative

Come costituire un’associazione » Il manuale per il contribuente: dagli aspetti fiscali alle prassi amministrative

Nell'articolo che segue, spiegheremo, in termini semplici, come costituire un'associazione (culturale, politica, sportiva, onlus ecc): tratteremo nel dettaglio la questione, passando dagli aspetti fiscali fino alle prassi amministrative.

L'associazione, in pratica, è un Ente privato senza finalità di lucro, costituita da un gruppo di persone unite per il raggiungimento di un determinato scopo di interesse collettivo e che utilizza le proprie risorse finanziarie per scopi, educativi, religiosi,culturali, sociali, di pubblica utilità.

Le associazioni si possono dividere in “non riconosciute” e “riconosciute”: la differenza consiste nell’aver ottenuto o meno la “personalità giuridica.

La maggior parte delle Associazioni esistenti sono quelle "non riconosciute".

Si tratta, del tipo di organizzazione meno costoso e meno complesso da gestire, infatti non devono avere necessariamente un patrimonio, come quelle riconosciute.

Le associazioni non riconosciute prendono vita, come quelle riconosciute, dall'accordo degli associati attraverso un atto costitutivo, ma per esso non è necessaria alcuna forma particolare.

Conviene però stabilire la costituzione dell' associazione, almeno tramite una "scrittura privata" per evitare contestazioni riguardo all’ accordo, e depositarla presso l’Agenzia delle Entrate (ciò serve nel caso si stipulino contratti o si richiedano contributi da enti pubblici) Si consiglia, per risparmiare, di registrare contestualmente Atto Costitutivo e Statuto.

Questa registrazione attribuisce data certa all'atto stesso.

Per le associazioni “riconosciute” invece, è necessario scrivere un Contratto di Associazione; se il documento viene redatto con la supervisione di un notaio ed è da questi registrato presso l’Agenzia delle Entrate, viene detto atto pubblico, se invece è redatto dai soci è un atto privato, che può essere registrato o meno e le cui firme possono essere eventualmente autenticate da un notaio.

La differenza sostanziale sta nel fatto che solo con un atto pubblico è possibile, in futuro, chiedere il Riconoscimento del capo dello stato e diventare quindi "Persona Giuridica".

Diventare "persone giuridica", ha diversi riflessi tra i quali:

  1. l'autonomia patrimoniale, in base alla quale il patrimonio dell'associazione si presenta distinto e autonomo rispetto a quello degli associati e degli amministratori;
  2. la limitazione della responsabilità degli amministratori per le obbligazioni assunte per conto dell'associazione
  3. Il diritto di costituire un'associazione

    Il diritto di associarsi liberamente, senza alcuna autorizzazione, per fini che non siano vietati dalla legge, è espressamente riconosciuto a tutti i cittadini dalla Costituzione della Repubblica Italiana.

    Nell'esercizio di questo diritto vengono dunque costituite associazioni per i fini più diversi. Basta pensare alla miriade di associazioni sportive, ma anche alle associazioni culturali, politiche (anche i partiti non sono altro che associazioni), alle pro loco, e alle varie forme di associazioni di volontariato o di beneficenza.

    L'unico limite è rappresentato dalla necessità di perseguire uno scopo ideale o altruistico, che si contrappone allo scopo, definito egoistico, delle società commerciali.

    Quando l'attività viene esercitata al fine di ottenere un vantaggio economico per gli associati, indipendentemente dalla denominazione assunta, ci troviamo di fronte a una vera e propria società di fatto.
    La legge prevede la possibilità per le associazioni di ottenere un riconoscimento ufficiale da parte dello Stato o delle Regioni, acquistando così a tutti gli effetti la personalità giuridica.

    In pratica, trattandosi di un procedimento lungo e dispendioso, sono poche le associazioni che vi ricorrono, anche perché in questo modo non devono assoggettarsi al controllo della pubblica amministrazione.

    La quasi totalità delle associazioni esistenti sono dunque associazioni non riconosciute.

    L'unico vantaggio del riconoscimento è infatti, sul piano patrimoniale, la mancanza di una responsabilità personale dei soci per le obbligazioni contratte in nome dell'associazione (autonomia patrimoniale perfetta).

    Questo non rappresenta un grosso problema, trattandosi comunque di attività non commerciali, e in considerazione dei fatto che la responsabilità personale non grava su tutti i soci, ma solo su coloro che hanno agito in nome e per conto dell'associazione (di solito gli organi direttivi), quindi ciascuno ha la possibilità di valutare direttamente gli impegni che sta assumendo.

    Le altre limitazioni per le associazioni non riconosciute sono progressivamente venute meno, essendo ormai riconosciuta espressamente persino la facoltà di acquistare beni immobili.

    La costituzione di un'associazione non riconosciuta richiede semplicemente l'accordo tra i soci, che devono individuare lo scopo, la denominazione, la sede, fissare l'ammontare delle quote associative (di solito versate annualmente) ed eleggere l'organo direttivo dell'associazione, di solito un consiglio composto da almeno tre componenti (il presidente, che rappresenta l'associazione verso i terzi, il segretario e il tesoriere).

    È anche opportuno prevedere i modi di funzionamento dell'assemblea dei soci e del consiglio direttivo (convocazioni, maggioranze per le deliberazioni), la verbalizzazione delle relative riunioni (mediante la tenuta di appositi libri) e la gestione del fondo comune dell'associazione, con la redazione di un bilancio annuale.

    Appare chiaro che, al di là di un'espressa previsione legislativa, tutto questo rende estremamente opportuna la redazione in forma scritta di un atto costitutivo e di uno statuto.

    Questo dovrà contenere anche alcune clausole specificamente richieste dalla legge se, nello svolgimento delle attività associative, si intende usufruire delle agevolazioni fiscali concesse a favore delle associazioni non lucrative.

    Si tratta, in particolare, di norme che assicurano l'effettiva democraticità della struttura e l'assenza di qualsiasi fine di lucro.

    Nonostante l'assoluta libertà di forma prevista dalla legge, l'opportunità di stipulare l'atto costitutivo in forma scritta e di ricorrere alla consulenza di un professionista esperto, fa sì che spesso la costituzione delle associazioni non riconosciute avvenga con un atto pubblico notarile, che consente di documentare nel modo migliore, anche nei confronti dei terzi e dei pubblici uffici, l'esistenza dell'associazione, le sue finalità e le norme che ne regolano il funzionamento.

    Lo statuto che va redatto per costituire un'associazione

    Anche nella gestione delle associazioni diventa sempre più importante tenere conto degli aspetti fiscali: un alcuni casi, infatti, per evitare di dover applicare le regole dettate per gli enti commerciali è necessario che lo statuto contenga una serie di clausole previste dalla legge.

    Chiariamo subito che la maggior parte delle associazioni non è obbligata a fare queste modifiche.

    Si tratta delle associazioni che svolgono la propria attività istituzionale esclusivamente a favore degli associati, i quali versano soltanto le quote o i contributi associativi annuali.

    In questo caso l'attività svolta dall'associazione non è considerata commerciale, e le somme versate dagli associati non sono considerate come reddito ai fini fiscali.

    Se invece un'associazione esegue cessioni di beni o prestazioni di servizi a favore degli associati o di terzi dietro pagamento di uno specifico corrispettivo, le somme incassate concorrono alla formazione del reddito dell'associazione, su cui devono essere pagate le imposte.

    È il caso delle associazioni che, oltre a incassare dai soci le quote associative annuali, hanno dei proventi derivanti dalla vendita di beni di qualsiasi genere, oppure dalle iscrizioni alle manifestazioni da esse organizzate. La regola generale è che queste iniziative si considerano effettuate nell'esercizio di attività commerciali.

    Sono però previste alcune eccezioni.

    Le attività svolte dalle associazioni in attuazione degli scopi istituzionali, effettuate dietro pagamento di un corrispettivo, nei confronti dei propri soci oppure dei soci di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, non sono considerate commerciali se lo statuto dell'associazione contiene una serie di clausole specificamente indicate dalla legge.

    Le clausole obbligatorie riguardano:

    • il divieto di distribuire utili o avanzi di gestione in qualsiasi forma;
    • la devoluzione del patrimonio, in caso di scioglimento, a un ente con finalità analoghe o a fini di pubblica utilità;
    • l'attribuzione del diritto di voto a tutti i soci maggiorenni;
    • l'obbligo di redigere e approvare ogni anno un rendiconto economico e finanziario;
    • la libera eleggibilità degli organi amministrativi;
    • la sovranità dell'assemblea dei soci e la pubblicità delle convocazioni e delle deliberazioni dell'assemblea;
    • il divieto di trasferire la posizione di socio ad altri, salvo che nel caso di successione a causa di morte.

    Per evitare problemi con il fisco, è importante che lo statuto venga modificato prima di svolgere qualsiasi attività che preveda il pagamento di un corrispettivo specifico, per esempio una manifestazione sportiva che preveda un corrispettivo per l'iscrizione.

    Ricordiamo che la modifica dello statuto deve essere deliberata dall'assemblea straordinaria dei soci con le modalità previste nell'atto costitutivo.

    Queste norme riguardano le associazioni assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra scolastica della persona.

    Regole particolari sono invece dettate per le associazioni politiche, sindacali e di categoria, e per le associazioni religiose.

    Inoltre, tutte le associazioni sono obbligate a trasmettere in via telematica all'Agenzia delle entrate il modello EAS entro 60 giorni dalla costituzione e, in caso di variazioni, entro il 31 marzo dell'anno successivo, per consentire la verifica dei requisiti per le agevolazioni fiscali.

    La legge prevede che le associazioni che svolgono la propria attività istituzionale esclusivamente a favore degli associati, i quali versano soltanto le quote o i contributi associativi annuali, non sono obbligate a inserire particolari clausole nello statuto.

    In tal caso, infatti, l'attività svolta dall'associazione non è mai considerata commerciale, e le somme versate dagli associati non sono considerate come reddito ai fini fiscali.

    Quando invece un'associazione, in attuazione degli scopi istituzionali, incassa corrispettivi specifici per i beni che cede o i servizi che fornisce agli associati o ai soci di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, queste somme sono esenti dalle imposte sul reddito e dall'Iva soltanto se lo statuto dell'associazione contiene alcune clausole previste dalla legge.
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    È il caso delle associazioni che, oltre a incassare dai soci le quote associative annuali, hanno dei proventi derivanti dalla vendita di beni di qualsiasi genere, oppure dalle iscrizioni alle manifestazioni da esse organizzate.

    L'Agenzia delle entrate ritiene che il modello EAS debba essere compilato e trasmesso da tutte le associazioni, anche quelle che incassano dagli associati soltanto le quote o i contributi associativi annuali.

    Il modello EAS, reperibile sul sito internet dell'Agenzia delle entrate, deve essere trasmesso in via telematica per le associazioni di nuova costituzione entro 60 giorni dall'atto costitutivo (il termine era fissato al 15 dicembre 2009 per le associazioni preesistenti). Le successive variazioni devono essere segnalate entro il 31 marzo dell'anno successivo.

    Regole particolari sono dettate per le associazioni politiche, sindacali e di categoria, e le associazioni religiose.

    Donazioni eredità e compravendita immobiliare nell'ambito delle associazioni

    Come noto, nel nostro ordinamento, le persone giuridiche (associazioni riconosciute, fondazioni, enti religiosi) sono sempre state sottoposte a controlli particolarmente stretti da parte dello Stato.

    Ancora oggi per l'acquisto della personalità giuridica è necessario il riconoscimento, atto discrezionale subordinato a valutazioni di opportunità da parte della pubblica amministrazione.

    Le cose sono cambiate, invece, per quanto riguarda gli acquisti di beni immobili e l'accettazione di donazioni, eredità o legati.

    Oggi le associazioni e gli enti di ogni genere possono acquistare liberamente beni immobili, senza bisogno di alcuna autorizzazione, così come non occorre più alcuna autorizzazione per l'accettazione di donazioni, eredità o legati.

    La norma trova applicazione anche agli acquisti e alle accettazioni verificatisi in data anteriore alla sua entrata in vigore.

    È scomparso anche l'obbligo di chiedere il riconoscimento della personalità giuridica prima di potere accettare donazioni, eredità o legati.

    Anche le associazioni non riconosciute possono dunque ricevere donazioni e lasciti senza sottostare ad alcuna forma di controllo da parte dello Stato. Ricordiamo che in precedenza questa possibilità era stata concessa solo alle organizzazioni di volontariato iscritte negli apposti registri.

    Rimane comunque in vigore per tutte le associazioni, le fondazioni e gli enti di ogni genere (con la sola eccezione delle società) l'obbligo di accettare l'eredità solo con il beneficio di inventario. Ogni altra forma di accettazione, espressa o tacita, non sarebbe valida.

    Gli enti che intendono accettare un'eredità sono quindi costretti a seguire la complessa procedura prevista dalla legge per l'accettazione beneficiata, ma in questo modo hanno il vantaggio di non dover rispondere con il proprio patrimonio degli eventuali debiti del defunto.

    Quando invece si tratta di un legato, cioè una disposizione testamentaria avente per oggetto una cosa determinata, non è necessaria alcuna accettazione neppure per le persone giuridiche.

    Ricordiamo che in passato non era mai ammessa l'accettazione di donazioni, eredità o legati da parte di enti non riconosciuti.

    Inoltre, per l'acquisto di beni immobili e per da parte di persone giuridiche era sempre necessaria una specifica autorizzazione governativa.

    Questa regola, che risaliva addirittura al 1850, trovava le sue ragioni storiche nell'esigenza, un tempo fortemente sentita, di evitare il fenomeno della "manomorta", cioè la concentrazione della ricchezza (all'epoca prevalentemente immobiliare) in capo agli enti religiosi, considerati meno interessati a investire il proprio patrimonio per produrre altra ricchezza.

    In seguito, con il venir meno delle motivazioni originarie, l'autorizzazione era stata mantenuta, giustificandola con l'esigenza di tutelare l'interesse economico degli enti.

    Un atteggiamento fortemente paternalistico da parte dello Stato, che mascherava una diffidenza verso i "gruppi intermedi", cioè le organizzazioni di cittadini che non sono soggette al controllo diretto dello Stato. Proprio per questo si era sviluppata la tendenza, tra le associazioni, a non richiedere il riconoscimento statale, ove possibile.

    Oggi l'importanza dell'acquisto della personalità giuridica per gli enti privati è notevolmente diminuita.

    In linea di principio, comunque, sarebbe importante completare la riforma con la semplificazione dell'attribuzione della personalità giuridica, trasformando l'attuale giudizio di merito in un semplice controllo di legalità, magari attribuendo direttamente al notaio la responsabilità di verificare l'esistenza di tutti i presupposti richiesti dalla legge, come già avviene per le società.

    L'associazione Onlus

    Il termine ONLUS, ha avuto una rapida diffusione e viene spesso adoperato a sproposito per indicare qualsiasi ente non commerciale, e in particolare le associazioni.

    In realtà bisogna fare molta attenzione, perché l'uso del termine ONLUS è rigorosamente vietato a chi non possiede i requisiti previsti dalla legge.

    La categoria degli enti non commerciali comprende una vasta serie di associazioni, comitati e fondazioni accomunati dal perseguimento di uno scopo ideale o altruistico, che si contrappone allo scopo, definito egoistico, delle società commerciali, consistente nell'ottenere un vantaggio economico per il socio.

    Per questa ragione gli enti non commerciali godono di alcune agevolazioni fiscali, che si traducono essenzialmente nella mancata tassazione delle attività svolte dietro corrispettivo nei confronti dei soci, in attuazione degli scopi istituzionali.

    Non tutti questi enti, però, possono essere considerati ONLUS.

    Le ONLUS, sigla che significa Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale, sono solo quegli enti che svolgono le attività considerate socialmente utili e specificamente indicate dalla legge.

    Sono ONLUS gli enti non commerciali che perseguono esclusivamente fini di utilità sociale e svolgono un'attività nei campi dell'assistenza sociale o sanitaria, della beneficenza, dell'istruzione o formazione, dello sport dilettantistico, della tutela dei beni di interesse artistico o dell'ambiente, della promozione della cultura e dell'arte, della tutela dei diritti civili.

    Però queste attività non possono essere rivolte ai soci, come avviene ordinariamente nelle associazioni, ma devono essere destinate ad arrecare benefici a persone svantaggiate a causa delle proprie condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari (oppure a componenti di collettività estere, limitatamente agli aiuti umanitari).

    Possono essere ONLUS le associazioni, i comitati, le fondazioni, le cooperative, gli enti ecclesiastici e altri enti privati (con esclusione delle società commerciali non cooperative) purché abbiano esclusivamente fini di utilità sociale.

    Solo per le fondazioni è prevista anche la possibilità di svolgere attività di ricerca scientifica.

    Lo statuto delle ONLUS, redatto in forma scritta autenticata o almeno registrata, deve prevedere espressamente il divieto di svolgere attività diverse e di distribuire utili in qualsiasi forma, e l'obbligo di impiegare gli utili per la realizzazione delle attività istituzionali, di redigere un bilancio annuale e di devolvere il patrimonio, in caso di scioglimento, a fini di pubblica utilità.

    Inoltre deve contenere una disciplina uniforme del rapporto associativo, che garantisca agli iscritti maggiori di età il diritto di voto nella modifica delle norme interne e nella nomina degli amministratori. Nella loro denominazione deve essere incluso il termine ONLUS.

    Gli enti ecclesiastici sono dispensati dagli ultimi due requisiti, mentre alle fondazioni non si applica, per ovvie ragioni strutturali, quello relativo alla disciplina del rapporto associativo.

    Presso il Ministero delle finanze è stata istituita un'anagrafe nella quale devono iscriversi le ONLUS al fine di godere delle agevolazioni fiscali.

    La mancata iscrizione comporta, comunque, solo l'inapplicabilità delle agevolazioni fiscali fino al momento dell'iscrizione. Ricordiamo che le associazioni di volontariato, le cooperative sociali e le organizzazioni non governative sono in ogni caso considerate ONLUS, senza bisogno di adeguamento statutario né di iscrizione nell'anagrafe.

    Le agevolazioni, che si aggiungono a quelle concesse a tutti gli enti non commerciali, comprendono l'esenzione dall'imposta di bollo, dalle tasse di concessione governativa, dai tributi locali e dall'imposta sugli spettacoli.

    Per quanto riguarda le imposte sul reddito, non costituisce esercizio di attività commerciale lo svolgimento delle attività istituzionali destinate esclusivamente a finalità di solidarietà sociale. Sono previste infine agevolazioni sull'imposta di registro, sull'Iva e per le lotterie o pesche di beneficenza.

    Associazione per il volontariato

    L'intervento diretto dei privati nello svolgimento di opere con finalità caritatevoli è sempre stato un fenomeno diffuso, inizialmente caratteristico di organizzazioni connotate religiosamente, e in seguito esteso anche a gruppi laici

    .

    Negli ultimi anni, però, il fenomeno del volontariato è cresciuto in modo significativo, arrivando a sopperire, almeno in parte, alle piccole o grandi mancanze della pubblica amministrazione in molti campi di intervento.

    Anche il legislatore si è reso conto dell'importanza di queste organizzazioni private, e ha dettato alcune norme destinate ad agevolarne l'attività, almeno sotto il profilo fiscale.

    Naturalmente, la legge ha fissato una serie di requisiti piuttosto rigidi, per evitare che approfittino dei benefici anche gli enti non ritenuti meritevoli.

    Anzitutto sono concesse le agevolazioni solo a favore delle organizzazioni di volontariato che, indipendentemente dalla forma giuridica assunta, prevedano espressamente nello statuto o nell'atto costitutivo
    l'assenza di qualsiasi fine di lucro.

    È chiaro, infatti, che l'attività di volontariato può essere considerata tale solo se effettivamente svolta in modo del tutto altruistico e disinteressato.

    In caso contrario si potrà avere, certo, un attività di assistenza, ma la presenza di un fine di lucro comporta la decadenza da qualsiasi beneficio.

    Lo statuto o l'atto costitutivo devono inoltre assicurare la democraticità della struttura organizzativa, con particolare riferimento alle modalità di approvazione delle delibere e all'elezione delle cariche associative.

    Tutti i volontari, dunque, devono essere ammessi a concorrere alle decisioni dell'associazione e avere la possibilità di essere eletti negli organi preposti alla loro amministrazione.

    In particolare, le cariche nell'ambito dell'associazione devono essere sempre elettive, e devono essere necessariamente gratuite, con esclusione di ogni forma di compenso che ecceda il rimborso delle spese effettivamente sostenute nell'interesse dell'organizzazione.

    Naturalmente devono essere gratuite anche le prestazioni fornite da tutti gli associati, dato che si tratta, appunto, di volontari.

    Infine, lo statuto o l'atto costitutivo devono prevedere l'obbligo di redigere un bilancio annuale, nel quale risultino i beni ricevuti gratuitamente da terzi. Per ottenere le agevolazioni è necessario anche che l'associazione sia iscritta negli appositi registri del volontariato tenuti dalle Regioni.

    Le agevolazioni previste a favore delle organizzazioni di volontariato consistono anzitutto nell'esenzione dall'imposta di registro e di bollo per gli atti costitutivi, modificativi o comunque connessi con l'attività di volontariato.

    Inoltre, le cessioni di beni o prestazioni di servizi eventualmente effettuate dalle associazioni di volontariato sono esenti da Iva.

    Nel caso in cui dette associazioni ricevano beni in donazione o per successione, è prevista l'esenzione dalle imposte ipotecarie e catastali e dal bollo. La stessa esenzione completa dall'imposta di registro, dalle imposte ipotecarie e catastali e dal bollo è prevista per l'eventuale acquisto di beni immobili da destinare a sede operativa o amministrativa dell'organizzazione di volontariato, oppure da adibire a centro di ricerca, cura e ricovero per handicappati.

    Si tratta, senza dubbio, di agevolazioni significative, dato che consentono alle associazioni di porre in essere, senza pagare alcuna imposta, gran parte delle operazioni giuridiche necessarie per la creazione della loro struttura e per lo svolgimento della loro attività.

    Ricordiamo infine che le associazioni di volontariato rientrano di diritto nella categoria delle ONLUS.

    Associazione sportiva

    La legge italiana consente la più ampia libertà di scelta della forma organizzativa per gli enti sportivi dilettantistici.

    L'obbligo di costituirsi nella forma di società di capitali (srl o spa), infatti, riguarda solo le organizzazioni che intendono stipulare contratti con atleti professionisti.

    Tuttavia, bisogna tenere presente che l'adozione di una forma societaria comporterebbe il diniego del riconoscimento da parte del Coni, in base alle norme interne che regolano l'attività sportiva organizzata.

    Ecco perché nell'ambito dello sport dilettantistico la forma giuridica più diffusa rimane sempre l'associazione sportiva non riconosciuta.

    Questa comporta necessariamente l'assoluta mancanza di finalità di lucro da parte degli associati (la divisione degli eventuali utili sarebbe inconcepibile), tuttavia non esclude la possibilità di svolgere attività economiche collaterali all'attività sportiva vera e propria (per esempio, la gestione di circoli sportivi e ricreativi, con relativi bar e ristoranti), purché gli utili prodotti siano destinati alle finalità dell'associazione.

    Si applicano, comunque, tutte le norme dettate per le associazioni in genere.

    Ricordiamo che per costituire un'associazione destinata ad aderire a una federazione sportiva è opportuno richiedere agli organi competenti una bozza dello statuto tipo, e adottarlo per la costituzione
    dell'associazione.

    La collaborazione in un'associazione

    La collaborazione di due o più persone nell'esercizio di un impresa comporta normalmente la costituzione di una società, in uno dei diversi tipi previsti dalla legge.

    Tuttavia, in certi casi può accadere che la partecipazione di uno o più persone all'impresa sia limitata all'apporto di un capitale, oppure di attività lavorativa, senza un'effettiva partecipazione alla gestione. In questo caso la forma giuridica più appropriata è quella dell'associazione in partecipazione.

    L'associazione in partecipazione è infatti un contratto con cui un imprenditore (che viene definito "associante") attribuisce a un altro soggetto (chiamato "associato") una partecipazione agli utili della sua impresa, oppure anche soltanto di un determinato affare, in cambio dell'apporto di una somma di denaro o di un bene (che sarà restituito al termine del rapporto) ma anche della prestazione di attività lavorativa.

    L'impresa resta individuale, quindi l'imprenditore è a tutti gli effetti solamente l'associante, che si assume tutti i rischi dell'attività svolta, e quindi può prendere da solo tutte le decisioni.

    L'associato non assume invece alcuna responsabilità, essendo tenuto solo all'apporto promesso, cioè a fornire, secondo i casi, una somma di denaro oppure la propria attività di lavoro.

    Se ci sono utili, l'associato ha diritto a una percentuale predeterminata nel contratto, mentre se ci sono perdite l'associato non ne risponde, salvo che sia stato esplicitamente pattuito il contrario.

    Un risultato simile potrebbe essere raggiunto con la costituzione di una società, scegliendo opportunamente la forma più idonea, ma ciò comporterebbe costi senza dubbio superiori, e determinerebbe un certo coinvolgimento di entrambi i soci nella gestione.

    L'associazione in partecipazione è impiegata soprattutto nel caso in cui un soggetto intende finanziare un'impresa con una somma di denaro, accettando una remunerazione legata agli utili prodotti, anziché predeterminata (interessi).

    Un'altra ipotesi frequentemente cambio della partecipazione agli utili, che sostituisce il normale contratto di lavoro subordinato. In questo caso l'associante deve emettere fattura e il suo compenso è soggetto a Iva, trattandosi di un'attività fiscalmente riconducibile al lavoro autonomo, come ha precisato l'Agenzia delle entrate.

    Dal punto di vista fiscale, l'associazione in partecipazione consente all'imprenditore di dedurre dal reddito la quota di utili corrisposta all'associato solo in caso di apporto di opere o servizi.

    È inoltre necessario che il contratto risulti da atto pubblico o da scrittura privata registrata contenente la specificazione dell'apporto, e la percentuale di utili attribuita all'associato deve essere obiettivamente giustificata dall'entità dell'apporto stesso.

    Per evitare facili elusioni, la legge stabilisce che ai fini fiscali gli associati non possono essere familiari dell'imprenditore. È quindi esclusa la deduzione della quota di utili eventualmente corrisposta dall'imprenditore al coniuge, ai discendenti, agli ascendenti, ai suoceri e ai generi o alle nuore.

    Ricordiamo infine che il contratto di associazione in partecipazione si presta a regolare anche il rapporto di collaborazione instaurato tra una società e una persona fisica, dato che l'associante può essere anche una persona giuridica.

15 Febbraio 2016 · Andrea Ricciardi


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