Conto corrente cointestato – Giurisprudenza e codice civile

Conto corrente cointestato - Cointestatari vs eredi

Dalla cointestazione e dalla possibilità di operare sul conto senza limitazioni, deriva per tutti i cointestatari la piena disponibilità del saldo attivo (e del conto titoli associato).

Infatti l'articolo 1854 del codice civile dispone che nel caso in cui il conto corrente sia intestato a più persone, con facoltà per le medesime di compiere operazioni anche separatamente, gli intestatari sono considerati creditori o debitori in solido dei saldi del conto.

Tuttavia, come stabilito dai giudici della Corte di cassazione nella sentenza 77/2018, qualora il saldo attivo risulti discendere dal versamento di somme di pertinenza di uno solo dei correntisti, si deve escludere che l'altro possa, nel rapporto interno, avanzare diritti sul saldo medesimo. Peraltro, pur ove si dica insuperata la presunzione di parità delle parti, ciascun cointestatario, anche se avente facoltà di compiere operazioni disgiuntamente, nei rapporti interni non può disporre in proprio favore, senza il consenso espresso o tacito dell'altro, della somma depositata in misura eccedente la quota parte di sua spettanza, e ciò in relazione sia al saldo finale del conto, sia all'intero svolgimento del rapporto.

Ciò concorda con quanto previsto dal codice civile, articolo 1298, secondo il quale nei rapporti interni l'obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori o tra i diversi creditori, salvo che sia stata contratta nell'interesse esclusivo di alcuno di essi.

In pratica, la mera presunzione di eguaglianza delle quote di ciascuno dei cointestatari di un conto corrente (articolo 1298 codice civile, secondo comma) può essere vinta non già con la mera dimostrazione di avere avuto la disponibilità del danaro immesso nel conto, ma con la precisa dimostrazione che il titolo di acquisizione di quel danaro rendeva destinatario dello stesso, in via esclusiva, il solo soggetto che poi lo ha versato sul conto cointestato.

Anche l'ABF (Arbitro Bancario Finanziario) si è occupato della problematica: nella decisione 4334/13, infatti, la cointestazione di un conto corrente, attribuendo agli intestatari la qualità di creditori o debitori solidali dei saldi di conto, fa presumere la contitolarità dell'oggetto del contratto, salva la prova contraria a carico della parte che deduca una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla cointestazione stessa. Ad esempio, il regime di contitolarità di un conto corrente, anche a firma disgiunta, potrebbe essere superato ogni qual volta il saldo attivo del conto cointestato a due cointestatari risultasse discendere dal versamento di somme di pertinenza di uno soltanto di essi, con la conseguenza che si deve escludere che l'altro cointestatario possa avanzare diritti sul saldo medesimo, a meno che non si tratti di una donazione indiretta. Ma, anche in questa evenienza, la sussistenza di una donazione dovrebbe comunque emergere dalla ricorrenza di circostanze di fatto non equivoche (un atto notarile dispositivo).

Sulla questione è, infine, definitivamente intervenuta, la Corte di cassazione, con l'ordinanza 21963/2019. I giudici di legittimità hanno osservato che la cointestazione di un conto corrente, salvo prova di diversa volontà delle parti, è di per sé atto unilaterale idoneo a trasferire la legittimazione ad operare sul conto corrente e sull'eventuale conto titoli associato al conto corrente (e, quindi, rappresenta una forma di procura), ma non anche la titolarità del credito, in quanto il trasferimento della proprietà del contenuto di un conto corrente (ovvero dell'intestazione del deposito titoli che la banca detiene per conto del cliente) è una forma di cessione del credito (che il correntista ha verso la banca) e, quindi, presuppone un contratto tra cedente e cessionario.

Conto corrente cointestato a firma disgiunta - Quando il saldo attivo risulta discendere dal versamento di somme di pertinenza di uno solo dei correntisti

Nel conto corrente bancario intestato a più persone, i rapporti interni tra correntisti, anche aventi facoltà di compiere operazioni disgiuntamente, sono regolati dal secondo comma dell'articolo 1298 del codice civile, in base al quale debito e credito solidale si dividono in quote uguali solo se non risulti diversamente.

Ne consegue che, qualora il saldo attivo risulti discendere dal versamento di somme di pertinenza di uno solo dei correntisti, si deve escludere che l'altro possa, nel rapporto interno, avanzare diritti sul saldo medesimo. Peraltro, pur ove si dica insuperata la presunzione di parità delle parti, ciascun cointestatario, anche se avente facoltà di compiere operazioni disgiuntamente, nei rapporti interni non può disporre in proprio favore, senza il consenso espresso o tacito dell'altro, della somma depositata in misura eccedente la quota parte di sua spettanza, e ciò in relazione sia al saldo finale del conto, sia all'intero svolgimento del rapporto.

Insomma, la mera cointestazione di un conto corrente o di titoli anche a firme disgiunte, non integra di per sé un atto di liberalità a favore del cointestatario. Infatti, la cointestazione di un conto corrente ad uso esclusivo che attribuisce agli intestatari la qualità di creditori o di debitori solidali dei saldi del conto fa sì presumere, sia nei confronti dei terzi che nei rapporti interni, la contitolarità dell'oggetto del contratto ma non è prova definitiva di aver posto in essere con tale atto una donazione indiretta.

Dunque, la cointestazione di un conto corrente bancario autorizza ciascuno degli intestatari al relativo prelievo, ovvero al compimento di tutte le operazioni consentite sul conto, ma non attribuisce al medesimo cointestatario, che sia consapevole dell'appartenenza ad altri delle somme risultanti a credito, il potere di disporne come proprietario.

Infine, la presunzione di eguaglianza delle quote di ciascuno dei cointestatari di un conto corrente (articolo 1298 codice civile, secondo comma) può essere vinta non già con la mera dimostrazione di avere avuto la disponibilità del danaro immesso nel conto, ma con la precisa dimostrazione che il titolo di acquisizione di quel danaro rendeva destinatario dello stesso, in via esclusiva, il solo soggetto che poi lo ha versato sul conto cointestato.

Così si sono espressi i giudici della Corte di cassazione nella sentenza 77/2018.

Conto corrente cointestato fra il de cuius ed uno dei coeredi - Come prelevare l'intero saldo

Com'è noto, i crediti del de cuius non si dividono automaticamente tra i coeredi in ragione delle rispettive quote, ma entrano a far parte della comunione ereditaria. Ciascuno dei partecipanti alla comunione ereditaria può agire singolarmente per far valere l'intero credito ereditario comune o anche la sola parte di credito proporzionale alla quota ereditaria, senza necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di tutti gli altri coeredi. La partecipazione al giudizio di tutti i coeredi può essere richiesta dal convenuto debitore in relazione ad un concreto interesse all'accertamento nei confronti di tutti della sussistenza o meno del credito (questi sono i principi di diritto formulati dalla Corte di cassazione nella sentenza 24657/2007.

Pertanto, ciascun coerede ha il potere di agire nei confronti del debitore del de cuius (nella fattispecie la banca o Poste italiane) per la riscossione dell'intero credito, ovvero della quota proporzionale a quella ereditaria vantata. L'avvenuta riscossione da parte di un coerede di tutto o parte del credito stesso potrà, poi, eventualmente incidere nell'ambito delle operazioni divisionali dando vita a delle pretese di rendiconto, tramite anche eventuali compensazioni tra diverse poste creditorie.

Inoltre, il pagamento nelle mani del coerede ha efficacia liberatoria anche nei confronti degli altri, essendo tale liberazione corollario necessario della legittimazione attiva spettante al singolo coerede (ex articolo 1105, comma 1, codice civile).

Anche l'Arbitro Bancario Finanziario, con la decisione 27252/2018, ha stabilito che Il singolo coerede è legittimato a far valere il credito del de cuius caduto in successione sia limitatamente alla propria quota, sia per l’intero, senza che l’intermediario resistente possa eccepire l’inammissibilità della pretesa deducendo la necessità di chiamare in causa degli altri coeredi per il consenso. Il pagamento compiuto dalla banca o da Poste Italiane a mani del coerede ricorrente avrà efficacia liberatoria anche nei confronti dei coeredi che non hanno agito, i quali potranno far valere le proprie ragioni solo nei confronti del medesimo ricorrente nell'ambito della divisione ereditaria.

Va poi considerato che la presunzione di eguaglianza delle quote di ciascuno dei cointestatari di un conto corrente (articolo 1298 codice civile, secondo comma) può essere vinta non già con la mera dimostrazione di avere avuto la disponibilità del danaro immesso nel conto, ma con la precisa dimostrazione che il titolo di acquisizione di quel danaro rendeva destinatario dello stesso, in via esclusiva, il solo soggetto che poi lo ha versato sul conto cointestato. (Corte di cassazione nella sentenza 77/2018).

Tanto premesso, sarà sufficiente, affinchè il cointestatario coerede possa riscuotere l'intero saldo del conto corrente, una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà (naturalmente con firma autenticata) - ex articoli 21 e 47 del Decreto del Presidente della Repubblica (DPR) 445/2000 - in cui il cointestatario superstite, consapevole delle sanzioni penali in caso di dichiarazioni mendaci, dichiara che le somme giacenti nel conto corrente cointesto sono di sua esclusiva spettanza.

Conto corrente cointestato a firma disgiunta - consentire lo svuotamento del conto da parte di uno dei cointestatari può costare caro alla banca

In tema di responsabilità della banca rispetto alla abusiva gestione, da parte di uno dei cointestatari a danno dell'altro, di un conto corrente cointestato a firma disgiunta, l'ABF ha attribuito rilievo, ai fini dell'obbigo di restituzione imposto alla banca delle somme prelevate, alla circostanza che il prelievo da un conto corrente cointestato a firma disgiunta fosse stato realizzato mediante un'unica operazione; sostanzialmente azzerando le disponibilità del conto, da un soggetto che non aveva sino ad allora operato e che aveva poi versato l'importo su altro conto corrente presso il medesimo istituto.

Quello che segue, il ragionamento logico giuridico che ha condotto l'ABF alla decisione 4334/13.

La cointestazione di un conto corrente, attribuendo agli intestatari la qualità di creditori o debitori solidali dei saldi di conto, fa presumere la contitolarità dell'oggetto del contratto, salva la prova contraria a carico della parte che deduca una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla cointestazione stessa. Ad esempio, il regime di contitolarità di un conto corrente, anche a firma disgiunta, potrebbe essere superato ogni qual volta il saldo attivo del conto cointestato a due coniugi risultasse discendere dal versamento di somme di pertinenza di uno soltanto di essi, con la conseguenza che si deve escludere che l'altro coniuge possa avanzare diritti sul saldo medesimo, a meno che non si tratti di una donazione indiretta. Ma, anche in questa evenienza, la sussistenza di una donazione dovrebbe comunque emergere dalla ricorrenza di circostanze di fatto non equivoche.

Pignoramento del conto corrente cointestato a firma disgiunta

Ai sensi dell'articolo 1854 del codice civile, nel caso di conto corrente intestato a più persone, con facoltà per le medesime di compiere operazioni anche separatamente, gli intestatari sono considerati creditori o debitori in solido dei saldi del conto, cosicché gli stessi possono, legittimamente, disporre, nei confronti della banca o del diverso ente creditizio presso cui sia istituito il conto, di tutte le somme esistenti a saldo su tale conto (essendo, simmetricamente, obbligati per l'intero in relazione alle somme a debito).

Solamente al loro interno i rapporti tra i correntisti sono regolati dall'articolo 1298 del codice civile, comma 2, secondo cui il debito e il credito solidale si dividono in quote uguali, salvo che non risulti diversamente, cosicché è consentito superare la presunzione di contitolarità derivante dalla cointestazione, attraverso presunzioni semplici - purché gravi, precise e concordanti - da parte dell'intestatario che deduca una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla cointestazione stessa.

Proprio in considerazione della facoltà per il cointestatario di disporre dell'intero saldo attivo esistente sul conto corrente comune, fatti salvi i suoi rapporti con l'altro contitolare, la giurisprudenza di legittimità ha, da tempo, affermato che può essere disposto il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, o il pignoramento dell'intera somma di denaro depositata su un conto corrente bancario cointestato con un soggetto estraneo al reato o non debitore, senza che assumano rilievo le presunzioni o i vincoli posti dal codice civile.

Dalla cointestazione e dalla possibilità di operare sul conto senza limitazioni deriva per tutti i cointestatari (dunque anche per il debitore) la piena disponibilità del saldo attivo, e, con essa, la sottoponibilità a pignoramento dell'intero compendio, perché esso è nella disponibilità del debitore, ferma restando sia la possibilità di dimostrare la spettanza di tutte le somme al terzo non debitore (o per una quota maggiore rispetto a quella discendente dalla cointestazione secondo quote uguali), onde evitarne il pignoramento, sia l'eventuale esercizio dell'azione di regresso nei confronti dell'indagato.

Si tratta di quanto contenuto nell'ordinanza della Corte di cassazione, sezione penale, numero 29079/2019.

Pignoramento di un conto corrente cointestato - Le tutele esperibili al cointestatario non debitore

In presenza di un provvedimento dell'Autorità Giudiziaria, quale il pignoramento di un conto corrente, la banca può soltanto dare esecuzione senza nulla poter opporre o far valere. Occorre precisare, infatti, che, una volta ricevuta la notifica dell'atto di pignoramento contenente l'intimazione a non disporre del credito senza ordine del giudice, il terzo debitore (la banca) è obbligato per legge a sottrarre alla disponibilità del debitore sottoposto ad esecuzione il credito indicato nell'atto di pignoramento, assumendo su di sé gli obblighi propri del custode. Anche per questo aspetto deve rilevarsi che la banca non può essere gravata dell'obbligo di verificare la provenienza delle somme e di risolvere i problemi relativi ai limiti di pignorabilità del credito spettante al debitore sottoposto ad esecuzione.

Queste questioni vanno risolte ricorrendo al giudice dell'esecuzione: nel caso di pignoramento delle somme depositate in un conto corrente bancario cointestato al debitore e ad una persona estranea all'azione esecutiva, la tutela dei diritti e degli interessi del cointestatario non debitore, il quale assume di aver subito una lesione delle sue prerogative, è affidata all'opposizione di terzo ai sensi dell'articolo 619 del codice di procedura civile, ovvero all'azione contro l'assegnatario per la ripetizione delle somme riscosse in eccesso.

Dovendosi presumere la contitolarità degli intestatari del conto corrente, infatti, le parti di ciascuno dei cointestatari si presumono uguali, salvo che risulti diversamente. In assenza di prova contraria, dunque, gli intestatari del conto corrente sono considerati creditori solidali della banca e le rispettive quote si presumono uguali.

Tutto quanto finora esposto, implica che la banca (terzo pignorato) la quale abbia apposto il vincolo all'intero saldo del rapporto di conto corrente, dovrebbe necessariamente comunicare tale circostanza al cointestatario estraneo al credito per il quale si procede in forma esecutiva, onde consentirgli il conseguente esercizio dei propri diritti innanzi al giudice dell'esecuzione, ex articolo 619 del codice di procedura civile, ovvero la richiesta di restituzione del 50% della somma depositata in conto corrente e pignorata dal creditore procedente.

Ma va tenuto anche conto, tuttavia, che, in mancanza di diverso accordo scritto, le comunicazioni, le notifiche e l'invio degli estratti del conto corrente cointestato vanno effettuati, per espressa previsione delle clausole contrattuali standard, ad uno solo dei cointestatari, all'ultimo indirizzo da questi comunicato per iscritto, e sono operanti a tutti gli effetti anche nei confronti degli altri cointestatari.

Concludendo: nel caso di conto corrente cointestato a firma disgiunta, la banca deve dare esecuzione al provvedimento di pignoramento disposto dal giudice per l'intera somma depositata, anche quando la procedura di pignoramento derivi dai debiti di uno solo dei contitolari del conto corrente. Rispetto alle somme presenti in un conto corrente cointestato, non è infatti possibile distinguere il patrimonio personale di ciascuno dei cointestatari e non può pretendersi che l'intermediario risolva questioni interne delle parti, riguardanti le quote spettanti a ciascuno di essi. A fronte di un provvedimento dell'Autorità giudiziaria, l'istituto di credito può e deve soltanto eseguirlo: le eventuali contestazioni tra le parti sono questioni di esclusiva competenza del giudice che si occupa del pignoramento.

Si tratta del nuovo orientamento, in tema di pignoramento di un conto corrente cointestato, assunto dal Collegio di coordinamento dell'Arbitro Bancario Finanziario nella decisione 8227 del 30 ottobre 2015.

6 Ottobre 2019 · Annapaola Ferri




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