Comunione fra coniugi – immobile espropriato anche se il debito è stato contratto da uno solo

Secondo il Tribunale di Potenza (sentenza 662/2013) può essere disposta la vendita dell'immobile in comunione legale fra i coniugi, anche se il debito è stato contratto da uno solo. Inoltre, è irrilevante che dopo la trascrizione del pignoramento sia intervenuta la separazione dei beni.

Infatti, a differenza di quanto accade nella comunione ordinaria (nella quale il pignoramento può colpire la quota indivisa) in presenza di una comunione legale tra coniugi oggetto dell'azione esecutiva può essere aggredito solo il singolo bene comune e non la quota indivisa di esso.

Occorre, pertanto, qualora il bene rientri nella comunione legale, vendere l'intero e soddisfare i creditori del coniuge debitore sulla metà del ricavato. In sede di riparto finale, poi, assegnato ai creditori il valore corrispondente alla quota del coniuge obbligato, il residuo dovrà essere restituito alla comunione legale ovvero all'altro coniuge. La comunione legale per effetto dell’espropriazione forzata, non si scioglie ma si restringe con restituzione alla comunione dell'altra metà.

A supporto della decisione assunta i giudici lucani rilevano che nell'istituto della comunione legale la quota non è un elemento strutturale, ma ha soltanto la funzione di stabilire la misura entro cui i beni della comunione possono essere aggrediti dai creditori particolari (articolo 189 del codice civile), la misura della responsabilità sussidiaria di ciascuno dei coniugi con i propri beni personali verso i creditori della comunione (articolo 190 del codice civile), ed infine la proporzione in cui, sciolta la comunione, l'attivo ed il passivo saranno ripartiti tra i coniugi ed i loro eredi (articolo 194 del codice civile).

La quota nella comunione legale fornisce solo l'astratta misura del riparto, suscettibile di applicazione (e quindi di concreta realizzazione del proprio contenuto patrimoniale) nella sola fase di scioglimento della comunione. Corollario del principio di indisponibilità della quota nella comunione legale è l'inespropriabilità, da parte del creditore personale del coniuge, della "quota" di pertinenza di quest'ultimo. Ove, infatti, si ammettesse l’espropriazione della sola quota si giungerebbe alla conclusione, incompatibile con la natura ed il fondamento della comunione legale dei beni, della sostituzione del coniuge, all'interno della comunione legale, con un terzo estraneo al rapporto coniugale quale è l'aggiudicatario della quota escussa. Per giungere a tale risultato, si dovrebbe dapprima passare attraverso lo scioglimento della comunione, e dunque si dovrebbe concepire l’espropriazione forzata da parte del creditore particolare come causa di scioglimento della comunione legale, in modo che il creditore possa soddisfarsi sulla quota di liquidazione. Una tale soluzione, tuttavia, contrasta con il principio di tassatività delle cause di scioglimento della comunione legale così come elencate dall'articolo 191 del codice civile

Ne discende che, a differenza di quanto accade nella comunione ordinaria nella quale il pignoramento può colpire la quota indivisa, in presenza di una comunione legale tra coniugi oggetto dell'azione esecutiva può essere solo il singolo bene comune e non la quota indivisa di esso. Occorre, pertanto, nell'ipotesi di bene incluso nella comunione legale, vendere l'intero e soddisfare i creditori del coniuge debitore sulla metà del ricavata. In sede di riparto finale, poi, assegnato ai creditori il valore corrispondente alla quota del coniuge obbligato, il residuo dovrà essere restituito alla comunione legale ovvero (secondo un parte della giurisprudenza di merito) all'altro coniuge.

Inoltre la sentenza chiarisce che:

  1. oggetto dell'azione esecutiva poteva essere solo il singolo bene comune, e non la quota indivisa di proprietà del coniuge-debitore;
  2. i diritti della opponente possono trovare tutela in sede di riparto finale, con assegnazione ai creditori del valore corrispondente alla quota del coniuge obbligato e con restituzione dell'importo residuo alla comunione legale

C'è da segnalare, infine, che dopo la trascrizione del pignoramento i due coniugi avevano adottato il regime della separazione patrimoniale dei beni. Anche su questo aspetto sono intervenuti i giudici, eccependo la non opponibilità al creditore della separazione dei beni intervenuta dopo la trascrizione del pignoramento.

5 Settembre 2013 · Simone di Saintjust




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