Il codice del consumo » Le informazioni essenziali di cui il consumatore deve essere a conoscenza

Il codice del consumo » Le informazioni essenziali di cui il consumatore deve essere a conoscenza

Il codice del consumo, in vigore dal 2005, è un punto di riferimento essenziali nei rapporti di tutela del consumatore: alla luce dei vari aggiornamenti effettuati sulla normativa, quali sono le informazioni più importanti da conoscere? Scopriamolo in questo intervento.

Cos’è il Codice del consumo?

Come noto, in data 23 ottobre 2005 è entrato in vigore il Codice del consumo.

Si tratta del Decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 recante il riassetto della normativa posta a tutela del consumatore, che si compone di 146 articoli (diventati 170 dopo le modifiche del 2007), ed è frutto del lavoro di una commissione istituita presso il Ministero dello Sviluppo economico, in forza della delega contenuta nell’art. 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229.

L’approvazione del Codice segna una pietra miliare nella tutela dei consumatori italiani soprattutto per la rilevanza che il nuovo “ordinamento” assume in termini di politica del diritto: come è noto, la disciplina dei rapporti di consumo era rimessa alla legislazione di settore piovuta in modo disorganizzato, per lo più come recepimento (non sempre adeguatamente meditato) delle direttive comunitarie.

Su questo scenario interviene l’opera di riassetto che assume come filo conduttore le fasi del rapporto di consumo, dalla pubblicità alla corretta informazione, dal contratto, alla sicurezza dei prodotti, fino all’accesso alla giustizia e alle associazioni rappresentative di consumatori.

Con l’introduzione dell’art. 140-bis, il Codice si è arricchito dell’ “azione di classe”, cioè della procedura dinanzi al Tribunale finalizzata all’ottenimento del risarcimento del danno in capo a ciascun componente del gruppo di consumatori danneggiati da un medesimo fatto.

Aggiornamenti recenti si sono avuti nel 2014 e nel 2015.

Infatti, la direttiva consumatori dell'Unione Europea attuata in Italia con il d.lgs. 21/2014 ha apportato significative modifiche al Codice del consumo, introducendo importanti novità a tutela del consumatore.

Troppo spesso, però, ancora oggi molti non hanno ben chiari i propri diritti in tema di recesso, contratti stipulati fuori dai locali commerciali e trasparenza.

Nell'articolo che segue, dunque, vogliamo fareo il punto delle più importanti novità alla luce dei primi anni di loro applicazione.

Cosa dice il codice del consumo riguardo i contratti stipulati telefonicamente

Vi spieghiamo cosa dice il codice del consumo riguardo i contratti stipulati telefonicamente.

Un punto particolarmente importante è quello relativo alla necessaria conferma scritta dei contratti conclusi per telefono.

Ciò vale anche quindi per i contratti con gestori di luce, gas e servizi di telefonia.

Infatti, l'art. 46, comma 1, definisce l’ambito di applicazione oggettivo della disciplina facendo riferimento a “qualsiasi contratto” concluso tra un professionista e un consumatore ivi compresi i contratti per la fornitura di acqua, gas, elettricità o teleriscaldamento.

Il contratto pertanto non vincola chi riceve telefonate promozionali, se alla telefonata non fa seguito un contratto scritto che contenga tutte le informazioni utili al consumatore in modo chiaro dettagliato e che ha effetto solo dopo esser stato accettato e firmato per iscritto, anche con firma elettronica.

E' tuttavia importante sapere che è possibile derogare telefonicamente al consenso scritto ma la registrazione deve contenere una espressa deroga e rinuncia al consenso scritto.

Le disposizioni del codice del consumo riguardo i contratti negoziati fuori dai locali commerciali

Ecco quali sono le disposizioni del codice del consumo riguardo i contratti negoziati fuori dai locali commerciali.

La fattispecie del “contratto negoziato fuori dai locali commerciali” risulta ampliata rispetto alla previgente, in quanto include non solo il contratto concluso in luogo “diverso” dai locali commerciali ma anche il contratto concluso nei locali del professionista purché tale conclusione avvenga immediatamente dopo che il consumatore è stato avvicinato personalmente e singolarmente in un luogo diverso dai locali del professionista.

Quindi l’attuale nozione attribuisce rilevanza giuridica anche alla fase pre-contrattuale dando rilievo alle tecniche di “aggancio” del consumatore da parte del professionista.

Il consumatore, sempre per i contratti a distanza e per quelli conclusi fuori dai locali commerciali, una volta esercitato il diritto di ripensamento, ha la possibilità di restituire il prodotto anche se deteriorato, essendo responsabile solo per la diminuzione di valore (mentre nella disciplina precedente la sostanziale integrità del bene era condizione essenziale per l’esercizio del recesso).

È poi previsto che il professionista dia al consumatore, oltre alle informazioni previste in via generale per tutti i contratti di consumo, ulteriori informazioni aggiuntive fra le quali: l’indirizzo cui il consumatore può indirizzare eventuali reclami, se diverso dalla sede del professionista; le spese aggiuntive di spedizione, consegna o postali; l’esistenza del diritto di recesso, i suoi termini e modalità di esercizio e le sue conseguenze; la possibilità, se esistente, di servirsi di un meccanismo extra-giudiziale di reclamo.

Cosa chiarisce il codice del consumo in materia di beni personalizzati e diritto di recesso

Vi raccontiamo cosa chiarisce il codice del consumo in materia di beni personalizzati e diritto di recesso.

Per quanto riguarda il diritto di recesso spettante al consumatore, il termine per esercitarlo nei contratti a distanza e conclusi fuori dai locali commerciali viene esteso a 14 giorni, decorrenti:

  • nel caso di contratto avente ad oggetto la prestazione di servizi, dal giorno della conclusione del contratto (che, nel caso di contratto conclusi telefonicamente, corrisponderà alla sottoscrizione, da parte del cliente, della conferma del contratto concluso a distanza);
  • nel caso di contratti di vendita, dal giorno in cui il consumatore acquisisce il possesso fisico dei beni.

Nell’ipotesi in cui il professionista, violando gli obblighi di informazione a suo carico, abbia omesso, nella fase pre-contrattuale, di informare il cliente circa l’esistenza, i termini e le modalità di esercizio del recesso, il termine a disposizione del consumatore viene elevato a dodici mesi decorrenti dalla fine del periodo di recesso iniziale (risultando quindi pari a dodici mesi e 14 giorni dalla conclusione del contratto di servizi o dal ricevimento dei beni acquistati).

Se l’informativa in ordine al diritto di recesso viene fornita durante i primi dodici mesi, il periodo a disposizione del consumatore per l’esercizio del diritto è di 14 giorni dal ricevimento delle informazioni.

L’art. 49, lettera h), stabilisce un ulteriore dovere del professionista: consegnare all’acquirente un modello di lettera per l’esercizio del recesso (c.d. modulo standard) che, all’occorrenza, questi può integrare, stampare e spedire via posta raccomandata.

A nulla rileva l’eventuale predisposizione di altre “form”, messi a disposizione sul sito, aventi medesima funzione: tali strumenti possono essere previsti solo in aggiunta, rimanendo comunque obbligatorio consegnare all’utente il modulo preimpostato e lasciare a lui la libertà in merito al suo utilizzo o meno.

Una volta esercitato il recesso da parte del cliente (e comunque entro il termine di 14 giorni dalla ricezione della relativa comunicazione), il professionista è tenuto a rimborsare al consumatore ogni pagamento da questi eseguito, comprensivo anche delle eventuali spese di consegna, mentre il cliente (nello stesso termine di 14 giorni) deve restituire i beni, sostenendo solo il costo diretto della restituzione, senza spese o esborsi supplementari; a favore del professionista è prevista la possibilità di trattenere il rimborso sino a che non gli siano restituiti i beni.

Infine, il Codice del consumo, all’art. 59, prevede che vi siano alcune fattispecie di acquisti a distanza per i quali resta del tutto escluso il diritto di recesso.

Nella categorizzazione indicata dalla legge si ritrova, in via esemplificativa:

  • la fornitura di beni personalizzati o confezionati su misura;
  • la fornitura di beni deteriorabili;
  • la fornitura di beni sigillati che, per motivi di sicurezza o di salute, non si prestano alla loro restituzione dopo l’apertura;
  • la fornitura di bevande alcoliche il cui prezzo, concordato, sia legato a fluttuazioni di mercato e la cui consegna non possa avvenire prima di 30 giorni;
  • la fornitura di giornali, riviste e periodici;
  • la fornitura di video/audio/software consegnati sigillati e che siano stati aperti;
  • i contratti in cui il consumatore ha specificamente richiesto una visita da parte del professionista ai fini dell’effettuazione di lavori di riparazione o manutenzione.

In tali casi, imperativi, espressamente codificati e non suscettibili di ampliamento analogico o modifica da parte del professionista o delle parti, il venditore ha diritto di rifiutare la restituzione del prodotto e negare il rimborso del prezzo pagato solo se, in modo puntuale ai sensi dell’art. 49, ha indicato nelle condizioni generali per quali prodotti è esclusa la facoltà di cui all’art. 54.

Discorso a parte merita la restituzione dei beni personalizzati.

In questo caso spesso il venditore fa passare quali beni personalizzati beni per i quali in realtà si è solo optato per una determinata scelta messa a disposizione dal rivenditore (di quale colore vuoi il bene tra i pochi disponibili oppure di che misura vuoi il bene tra le poche misure standard messe a disposizione dall'azienda).

In tale ipotesi non si tratta di beni personalizzati e quindi possono essere restituiti.

Solo quando un bene viene effettivamente personalizzato, ovvero fatto su specifica misura o colore ecc., verrà meno il diritto di recesso.

Non è invece sufficiente che il venditore offra opzioni standard e prestabilite per "personalizzare" il bene e quindi eliminare il diritto di recesso.

6 Marzo 2017 · Gennaro Andele


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