Cartella esattoriale – intimazione notificata ad una bimba di tre anni

Non conosce neppure il valore dell'euro ma dovrebbe pagare una cartella esattoriale. Perché Agata è una bimba imperiese di 3 anni, cui Equitalia ha inviato l’intimazione a pagare oltre 55 euro. La piccola, infatti, è l’intestataria di una cartella esattoriale per tre fatture del 2001 e 2002 per forniture idriche effettuate dalla società Abbanoa, l’azienda che gestisce l’acquedotto di Cagliari.

Il grottesco del debito evidenziato nella comunicazione di Equitalia nasce anche dal fatto che, non solo la bimba non ha ovviamente mai avuto utenze nel capoluogo sardo, ma, negli anni in cui sono state emesse le fatture, lei non era neppure nata.

«La prima sorpresa è stata vedere la busta di Equitalia indirizzata a mia figlia – racconta la mamma Eleonora Gandolfi – Conoscendo il tenore abituale delle comunicazioni dell'ente, non capivo come fosse possibile che lei ne fosse la destinataria». Lo stupore non è sufficiente, però, a risolvere un problema evidentemente causato da un’indesiderata omonimia anche se non basta a spiegare l’invio di un’intimazione che, al di là del modesto importo dovuto, non ammette repliche. E’ scontato rivolgersi all'ufficio imperiese di Equitalia dove la madre si reca il giorno dopo aver ricevuto quell’incredibile missiva.

«Naturalmente ho dovuto prendere il “numerino” che regola le code – spiega – e, con quel biglietto in mano, sono stata costretta ad aspettare il mio turno per quasi un’ora. L’impiegato mi ha precisato che Equitalia non poteva fare nulla – racconta – Neppure di fronte alle mie rimostranze ho potuto avere soddisfazione: mi è stato spiegato che avrei dovuto rivolgermi a Abbanoa, l’azienda che vantava il credito nei confronti di mia figlia. E mi ha fatto notare che, sulla cartella, compariva il numero di telefono a cui avrei dovuto rivolgermi». Un invito a contattare l’azienda cagliaritana che non poteva essere eluso. «L’impiegato ha aggiunto – sottolinea – che, anche se mia figlia è minore e pertanto non responsabile, in caso di mancato pagamento era prevedibile che, tra qualche tempo, arrivasse una sanzione di 400 euro».

Il recapito telefonico era, appunto, quello dell'azienda che gestisce il servizio idrico di Cagliari e che pretendeva di vantare un credito nei confronti di una bambina di tre anni.

«Ho dovuto telefonare ad Abbanoa – continua la madre – La voce femminile dall'altra parte del filo ha ammesso che, evidentemente, si era verificato un errore a causa di un’omonimia ma non ha saputo spiegarmi come fosse stato possibile visto che, come riportato nella cartella esattoriale, era evidenziato anche il codice fiscale. E quello è esatto, è proprio quello di mia figlia». Ma il problema non è ancora risolto, non è sufficiente l’ammissione della dipendente di Abbanoa. «Mi ha chiesto di telefonare ad un altro numero per chiarire l’equivoco – prosegue la madre – e solo di fronte alle mie proteste, alla mia richiesta di parlare ad un responsabile dell'azienda, si è arresa».

Una resa per modo di dire considerato che i “doveri” dei genitori della piccola nei confronti dell'azienda cagliaritana non si sono esauriti. Non è stato sufficiente, infatti, evidenziare i disagi causati da un errore non certo imputabile al presunto debitore. «Alla dipendente sarda ho ribadito il fatto che mia figlia non era neppure nata negli anni a cui si riferiscono le tre fatture non pagate – sottolinea – Come fosse un atto di generosità, ha soltanto accettato che fossi io a inviare una comunicazione scritta all'azienda dove avrei dovuto evidenziare l’errore».

E non solo. «Nella lettera dovrei anche ribadire che mia figlia di tre anni non è mai stata intestataria di un’utenza di fornitura idrica allegando anche la fotocopia del suo codice fiscale - conclude – E questo aggiunge assurdità al grottesco della situazione al punto che ho chiesto se potevo essere io a scrivere e a firmare quella lettera: in fondo non sono direttamente responsabile del debito. Altrimenti Abbanoa avrebbe dovuto aspettare che mia figlia imparasse almeno a scrivere o raggiungesse la maggiore età». Dopo la telefonata interurbana, ovviamente a carico delle “vittime” del grossolano errore, ci sarà anche la seccatura di scrivere una comunicazione per dimostrare l’infondatezza lampante di una cartella esattoriale.

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7 Ottobre 2010 · Simone di Saintjust


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