Cambio di sesso di uno dei coniugi ed automatico scioglimento del matrimonio – una questione controversa

La controversia

Ci si chiede, sulla base delle risultanze emerse dall'ordinanza interlocutoria numero 14329/13 della Corte di Cassazione, quali debbano essere gli effetti della pronuncia di cambio di sesso sesso di uno dei coniugi nei confronti di un matrimonio preesistente, regolarmente contratto dal soggetto che ha inteso esercitare il diritto a cambiare identità di genere in corso di vincolo, nell'ipotesi in cui né il medesimo soggetto né il coniuge abbiano intenzione di sciogliere il rapporto coniugale.

La controversia trae origine dall'intervenuta annotazione sui registri degli atti dello stato civile e degli atti di matrimonio, oltre che della doverosa rettifica del sesso, anche della cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto dai due coniugi, pur in mancanza di una pronuncia giudiziale espressa sul punto.

La normativa di riferimento

L'articolo 5, primo comma, lettera a, del dpr numero 396 del 2000, stabilisce che l'ufficiale di stato civile, nel dare attuazione ai principi generali sul servizio dello stato civile, ha il compito di "aggiornare" tutti gli atti concernenti lo stato civile, essendogli vietato (articolo 11, comma terzo) di enunciare dichiarazioni ed indicazioni diverse da quelle che sono stabilite o permesse per ciascun atto. Tale precisazione sta ad indicare che sull'atto di nascita o di matrimonio possono essere eseguite soltanto annotazioni relative ed inerenti a quell'atto (come l'eventuale sopravvenuto scioglimento del vincolo del matrimonio), ma non che non se ne debba aggiornarne il contenuto quando la condizione preesistente si sia modificata nel rispetto generale delle prescrizioni di legge.

In linea generale l'articolo 453 del codice civile, nonché l'articolo 102 del citato dpr numero 396 del 2000, stabiliscono che le annotazioni possono essere disposte per legge o ordinate dall'autorità giudiziaria. E' necessario "ln ogni caso" (articolo 102, terzo comma) che venga indicato l'atto o il provvedimento in base al quale esse sono eseguite.

In tale assetto normativo di riferimento appare evidente come l'ufficiale di stato civile, sulla base dell'articolo 4 della 1. numero 164 del 1982, abbia correttamente provveduto, richiamando 1'atto presupposto (la pronuncia di rettifica di attribuzione di sesso) all'annotazione sulla cessazione degli effetti civili del matrimonio, assunta come conseguenza automatica ed ineludibile dell'accertamento giudiziale compiuto. Più precisamente, l'ufficiale di stato civile ha ritenuto che l'ordine di annotazione della rettifica di attribuzione di sesso di uno dei due coniugi determinasse l'obbligo, sostenuto dal citato articolo 4, di aggiornare anche il registro degli atti di matrimonio, annotandone l'intervenuta cessazione degli effetti civili.

Pertanto, l'ufficiale di stato civile ha adempiuto ad un obbligo proveniente da una norma di legge, sorto sulla base di un titolo giudiziale che ne costituisce il presupposto. Il dpr numero 396 del 2000 rappresenta una normativa volta esclusivamente a disciplinare gli atti e i registri dello stato civile e le funzioni a cui debbono attenersi i pubblici ufficiali competenti.

La legge 164/1982 prescrive che il cambio di sesso di uno dei coniugi determina la cessazione degli effetti civili del matrimonio preesistente

Esclusa la carenza di potere del pubblico ufficiale che ha annotato la cessazione degli effetti civili del matrimonio in cui uno dei coniugi abbia ottenuto la pronuncia giudiziale del cambio di sesso, la valutazione della legittimità dell'esercizio della funzione esercitata con l'annotazione della cessazione degli effetti civili del matrimonio deriva necessariamente dall'esame delle norme che regolano gli effetti della rettifica di attribuzione di sesso sui vincoli matrimoniali preesistenti.

La legge numero 164 del 1982, nel disciplinare la materia della rettifica di attribuzione di sesso prevede espressamente, all'articolo 4, che la sentenza di rettifica di attribuzione di sesso, priva di effetto retroattivo, determina lo scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio celebrato con rito religioso.

Anche la Corte Costituzionale, con la sentenza numero 161 del 1985 aveva confermato che lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio conseguono necessariamente alla sentenza che abbia disposto la rettifica di attribuzione di sesso.

In pratica, il legislatore e la Corte Costituzionale hanno inteso assicurare, al soggetto che ottiene la rettifica dell'attribuzione di sesso, anche la possibilità di compiere scelte future, come un nuovo matrimonio, coerenti con la nuova identità sessuale.Tuttavia, non è stata ritenuto coerente con il sistema di valori fondanti l'ordinamento costituzionale, l'estensione del diritto all'autodeterminazione fino al punto di consentire la scelta sulla conservazione del vincolo matrimoniale precedentemente contratto.

Fino all'entrata in vigore della legge numero 74 del 1987, dunque, gli effetti della sentenza di rettifica di attribuzione di sesso su un precedente vincolo matrimoniale erano disciplinati esclusivamente dal citato articolo 4 della legge numero 164 del 1982. Si riteneva, pressoché unanimemente, che con il passaggio in giudicato di tale sentenza si determinasse in via automatica, e senza la necessità di una dichiarazione giudiziale apposita, lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio preesistente.

Le incongruenze che derivano dall'applicazione della legge 74/1987 e l'esigenza di una nuova pronuncia della Corte Costituzionale

La legge numero 74 del 1987 ha aggiunto, alle altre ipotesi di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, quella relativa al passaggio in giudicato della sentenza di rettifica di attribuzione di sesso. La norma, però, si apre con la locuzione lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio può essere domandato da uno dei coniugi.

Sembrerebbe quindi escludersi, con l'entrata in vigore della legge 74/1987, che con il passaggio in giudicato di una sentenza di rettifica di attribuzione di sesso possa ancora determinarsi in via automatica, e senza la necessità di una dichiarazione giudiziale apposita, lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio preesistente.

D'altra parte, se così non fosse, pur volendo riconfermare l'impianto della legge numero 164 del 1982 - nella parte in cui prevede che la sentenza di rettifica di attribuzione di sesso determini necessariamente lo scioglimento del matrimonio, anche senza una pronuncia giudiziale - verrebbe a configurarsi una fattispecie di divorzio "imposto" ex lege che non richiede, al fine di produrre i suoi effetti, una pronuncia giudiziale ad hoc, salva la necessità della tutela giurisdizionale limitatamente alle decisioni relative ai figli minori.

Tale soluzione obbligata pone l'interrogativo della sua compatibilità con il sistema costituzionale di riconoscimento e tutela del diritto:

  • ad autodeterminarsi nelle scelte relative all'identità personale, di cui la sfera sessuale esprime un carattere costitutivo;
  • alla conservazione della preesistente dimensione relazionale, quando essa assuma i caratteri della stabilità e continuità propri del vincolo coniugale;
  • a non essere ingiustificatamente discriminati rispetto a tutte le altre coppie coniugate, alle quali è riconosciuta la possibilità di scelta in ordine al divorzio;
  • dell'altro coniuge di scegliere se continuare la relazione coniugale.

Il quesito di legittimità costituzionale

Deve essere valutata la compatibilità costituzionale dell'articolo 4 della legge numero 164 del 1982 rispetto ai parametri costituiti dagli articoli 2 e 29 della Costituzione.

Al riguardo deve osservarsi che lo scioglimento del vincolo coniugale, disposto ex 1ege come conseguenza automatica della rettifica dell'attribuzione di sesso, determina l'eliminazione chirurgica di una relazione stabile e continuativa che ha dato vita ad un nucleo familiare, costituzionalmente protetto dall'articolo 29 della Costituzione.

Le scelte appartenenti alla sfera emotiva ed affettiva costituiscono il fondamento dell'autodeterminazione. Esse, nella nostra cultura giuridica, si esplicano al di fuori di qualsiasi ingerenza statuale. Sul consenso è fondato in via esclusiva l'istituto del matrimonio, dalla costituzione del vincolo al suo scioglimento. Si tratta dell'esercizio di un diritto personalissimo, nel quale si manifesta una tra le più rilevanti scelte della vita. L'opzione normativa del divorzio "imposto" ex lege, al soggetto che si è determinato a rettificare il proprio sesso e all'altro coniuge, incide sul contenuto minimo ed ine1udibile del predetto diritto e mina alla radice lo stesso diritto all'identità di genere che la retti!ica di sesso intende riconoscere, in quanto produce l'esclusione di un 'altra dimensione di pari rilievo, quella relazionale, all'interno della quale la scelta operata trova generalmente la sua più rilevante manifestazione.

Peraltro, la questione relativa alla compatibilità costituzionale di un regime giuridico che da un lato riconosce il diritto alla rettifica dell'attribuzione di sesso e dall'altro determina il mutamento della condizione giuridica relazionale preesistente, ha assunto un rilievo primario anche in altri paesi europei.

Infine, va valutato che l'ingiustificata compressione del diritto di agire giudizialmente a tutela del mantenimento dell'unione coniugale riguarda peraltro anche il coniuge che procede alla rettifica di sesso, il quale può agire per il riconoscimento del diritto ad una diversa identità di genere, ma deve subire, senza alcuna tutela giurisdizionale, gli effetti di questa decisione sul vincolo coniugale preesistente.

9 Giugno 2013 · Patrizio Oliva


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