L’assegno può essere protestato anche dopo la scadenza dei termini di presentazione se il traente non ne dispone la revoca
Attenzione » il contenuto dell'articolo è poco significativo oppure è stato oggetto di revisioni normative e/o aggiornamenti giurisprudenziali successivi alla pubblicazione e, pertanto, le informazioni in esso contenute potrebbero risultare non corrette o non attuali.
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Se l'assegno viene presentato per il pagamento dopo la scadenza dei termini e sul conto corrente del traente (colui che ha emesso l'assegno) non c'è sufficiente liquidità ad assicurarne la copertura, la banca (o Poste Italiane) deve elevare il protesto.
Ciò, a meno che, il traente non abbia dispensato la banca dal pagamento con effetto vincolante, disponendo un ordine formale di revoca dell'assegno se portato all'incasso dopo la scadenza dei termini di presentazione.
La norma (legge assegni) prevede, infatti, che l'ordine di non pagare l'importo del titolo non ha effetto che dopo spirato il termine di presentazione e va interpretata nel senso che prima di questa scadenza la banca non deve tener conto della revoca disposta dal cliente, dovendo al contrario provvedere al pagamento se vi sono fondi disponibili, atteso che la disposizione mira ad assicurare un'affidabile circolazione del titolo e a garantire l'esistenza dei fondi dal momento dell'emissione dell'assegno fino alla scadenza del termine di presentazione.
Così hanno deciso i giudici di legittimità nella sentenza 15266/14.
Ricordiamo, a beneficio dei lettori, che il termine di presentazione è:
- 8 giorni, se l'assegno bancario è pagabile nello stesso comune in cui è emesso;
- 15 giorni, se l'assegno bancario è pagabile in un comune diverso da quello in cui fu emesso;
- 20 giorni, se l'assegno bancario è pagabile in uno Stato diverso da quello in cui fu emesso, ma europeo o appartenente al bacino del Mediterraneo;
- 60 giorni, se l'assegno bancario è pagabile in uno Stato diverso da quello in cui fu emesso ed appartenente ad un diverso continente .
Inoltre, in base alle norme vigenti, decorsi i termini di presentazione, il traente può dare l’ordine di non pagare l'assegno (revoca del pagamento) e può disporre altrimenti dei fondi senza incorrere nella segnalazione nelle Centrali Rischi (RIP e CAI) per emissione di assegni a vuoto.
Ove non sia stato impartito un tale ordine, il trattario (la banca o l'ufficio postale) deve pagare ugualmente l'assegno, anche dopo la scadenza del termine di presentazione e, in assenza di adeguata copertura, elevare il protesto dell'assegno. Almeno è questo il principio enunciato nella sentenza in commento: secondo il modesto avviso di chi scrive, trattasi di un evidente infortunio giuridico, dal momento che l'articolo 46 della legge assegno (legge 1736/1933) dispone anche che il protesto deve essere effettuato tassativamente prima che sia spirato il termine di presentazione.
Per assurdo, poi, a seguire la ratio di una tale giurisprudenza, un assegno presentato allo sportello sei mesi dopo lo spirare dei termini di presentazione, per il quale il traente non abbia disposto la revoca di pagamento, potrebbe essere protestato senza alcuna utilità per il beneficiario, il quale, infatti, non potrebbe agire con azione di regresso nemmeno verso gli eventuali giranti, essendo l'azione di regresso già prescritta dopo un semestre dallo spirare del termine di presentazione (articolo 75 legge assegno).
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