Assegno privo di data – i rischi a cui si espone chi lo emette
Quando si emette un assegno privo di data, il correntista si espone al rischio del ritardo nell'incasso. La Cassazione ha indicato, nella fattispecie, la sussistenza dell'illecito di cui all'articolo 1 della legge 386 del 1990 (Cassazione 20 giugno 2007, numero 14322). Invero colui il quale emette un assegno bancario privo della data di emissione, valevole come promessa di pagamento, con l'intesa che il prenditore possa utilizzare il documento come titolo di credito in epoca successiva apponendovi data e luogo di emissione, si assume la responsabilità - quanto meno a titolo di dolo eventuale - dell'eventuale attribuzione al medesimo documento delle caratteristiche dell'assegno bancario, e pertanto può rispondere di illecito amministrativo (cfr.
Trib. Roma, 14-11-2012, in causa Marinelli c. Banca pop. Sondrio, che si legge in Foro it., 2013, I, 365).
Si deve anche ribadire che la banca è tenuta a valutare gli assegni al momento della presentazione e nulla può conoscere degli eventuali accordi circa la loro negoziazione, sicché rilevato che l'assegno risulta emesso dopo la chiusura del conto, o con conto corrente aperto ma privo della necessaria copertura, l'istituto deve procedere alla segnalazione al CAI, così come imposto alla banca dall'articolo 9 e dall'articolo 10 della legge 386/90, già citata.
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