24 ottobre 1929, l’inizio dell’apocalisse per Wall Street – Tutto il crollo minuto per minuto

24 ottobre 1929, l'inizio dell'apocalisse per Wall Street - Tutto il crollo minuto per minuto

Come oggi di nuovo, anche la crisi del 1929 fu lo scoppio di una bolla speculativa, conseguenza (come oggi) di una deregulation e di un estremo lassismo creditizio. Oggi, la causa sono i bassissimi tassi d'interesse sui debiti innescati da Greenspan, che hanno spinto ad indebitarsi eserciti di insolventi potenziali.

Nel 1926, fu consentito a Wall Street di comprare azioni a credito, anticipando solo il 10% del dovuto.

Se, poniamo, il tasso del debito era al 3% e le azioni salivano al 6%, chiunque credeva di poter giocare, guadagnare e - restituito il debito - tenere per sé ancora un profitto. Le dattilografe e i fattorini d'albergo cominciarono a indebitarsi con le banche per speculare in Borsa.

Nell'aprile del '29 ci fu un aumento dei tassi, e per la prima volta fattorini e dattilografe non riescono a rimborsare gli interessi, divenuti ormai superiori ai profitti di Borsa; sono costretti a vendere i titoli per pagare i debiti, e così innescano la reazione a catena che porterà al crack dell'ottobre.

Ma fino a quel Giovedì Nero, sono anni di bengodi: tutti sono ricchi a credito, esattamente come oggi i poveracci hanno potuto accendere un mutuo per case che non potevano permettersi. Dal 1926 al 1929 i corsi azionari aumentano del 120%, quasi la metà dell'aumento strepitoso segnato dalle azioni nell'intero decennio, dal 1921 (300%).   Ma quel 300% corrisponde ad un aumento della produzione industriale, nel decennio, del solo 50%.  Che importa?

5 SETTEMBRE

L'economista Roger Babson parlando a Wall Street lanciò un allarme: "Presto o tardi il crack arriverà. E quando arriverà sarà tremendo. Gli stabilimenti saranno chiusi, gli operai licenziati, il circolo vizioso diventerà inarrestabile."

15 OTTOBRE

L'economista Irvin Fischer della Università di Harward, si ribellò a questa Cassandra: "Io invece prevedo che il mercato azionario sarà, entro pochi mesi, molto più alto di quanto non sia ora".

Charles Mitchell, presidente della National City Bank, ma anche direttore della Federal Reserve Bank di New York, confermò "La situazione industriale negli Stati Uniti é assolutamente solida, nulla può fermare il movimento positivo del mercato"

21 OTTOBRE

Si avvertono segni di nervosismo in Borsa: si sono trattate 6 milioni di azioni e il continuo ribasso dei corsi inizia ad allarmare alcuni risparmiatori. Torna a parlare Fischer "E' un bene!...il mercato finalmente si è scrollato di dosso la frangia lunatica degli speculatori". (dimentica di dire che gli speculatori non sono i piccoli o medi risparmiatori, ma sono le stesse banche. Come vedremo)

Il Presidente Hoover subito dopo rassicurò che "le attività economiche fondamentali del paese, ossia la produzione e la distribuzione delle merci, sono su basi solide e prospere". Ma non parlò di Borsa; si disse su pressioni esercitate sulla Casa Bianca da influenti banchieri. (fiutando la bufera, i banchieri vogliono avere il tempo di vendere).

Altrettanto va scrivendo il New York Times, che invece nelle settimane precedenti aveva  ospitato articoli pessimistici come  quello relativo alle affermazioni di Roger Babson. Cambia bandiera, e il primo giorno del crollo il New York Times rincuora i risparmiatori e gli operatori in Borsa, affermando "Il mondo finanziario americano si sente sicuro nella consapevolezza che le più potenti banche del paese sono pronte a intervenire per impedire il panico".

22 OTTOBRE

Martedì, a inizio seduta, quella "frangia scrollata di dosso" del giorno prima, aveva già allarmato alcuni speculatori che iniziarono a vendere. Intervenne allora il Mitchel citato già sopra (della Federal  Reserve), che con un gruppo di banchieri decise di intervenire per frenare il ribasso acquistando alcuni corposi pacchetti per sostenere i corsi. L'allarme a fine seduta sembrava cessato.

23 OTTOBRE

Ma la mattina dopo, il 23 ottobre mercoledì, i primi a vendere furono alcuni operatori: quelli che operavano con i margin (comprando cioè le azioni a credito e pagando un anticipo in contanti pari a  solo il 10% del loro valore nominale). Per non correre ulteriori rischi, cercavano di affrettarsi a incassare, correvano a vendere a rotta di collo per colmare l'enorme differenza che si andava creando di ora in ora fra il valore delle azioni comprate allo scoperto nei giorni precedenti (ancora da saldare) e la quotazione sempre più bassa del titolo che la telescrivente senza pietà registrava. A fine seduta qualcuno già ci aveva rimesso le penne, e nemmeno un miracolo sarebbe riuscito a tappare tutti i buchi di quel grande colabrodo che loro stessi con tanta disinvoltura avevano creato. Ma fuori, pochi ancora sapevano del dramma che stava per compiersi. Ma la notizia iniziò a diffondersi, molti non dormirono la notte, la passarono a fare concitate telefonate (New York nel 1929 contava già 1.702.889 telefoni  (6 volte l'intera Italia). E chi possedeva azioni aveva anche il telefono! In quella notte diventò rovente.

24 OTTOBRE

Il giovedì nero - Prima dell'apertura, ora molti sapevano, la notizia  si era diffusa per tutta New York. Al mattino davanti alla Borsa si era radunata un gran rumorosa folla. Vera o falsa qualcuno sparse la voce che nella notte si erano già suicidati undici noti speculatori. Inizia il panico, la ressa, il timore di restare con un pugno di mosche in mano, inizia la psicosi della rovina.

A metà mattinata c'era già il caos, dopo aver segnato un punto del non ritorno, si tocca il punto di collasso. Nell'aula della Borsa gli agenti cadevano in deliquio; altri uscivano dal palazzo urlando come presi da pazzia, mentre fuori, in Wall Street, la folla dei piccoli speculatori faceva ressa piangendo e gridando ad ogni notizia che segnava il polverizzarsi di patrimoni.

Il vocio di migliaia di persone davanti alla borsa era ormai diventato un chiasso assordante. Ma ad un tratto scese un silenzio tombale dall'alto, infatti, tutti si misero a guardare in su.  Dal tetto di un palazzo di fronte di dieci piani, si sporgeva un uomo; un altro suicidio? un'altra tragedia? un altro agente rovinato?  Attimi di gelo nelle vene. Ma era semplicemente un carpentiere che dal tetto dove lavorava si era affacciato per curiosità nel sentire sotto tutto quel baccano. La psicosi del dramma aveva fatto il resto.

Ma il brutto doveva ancora accadere. Il giovedì 24 era stato nero (ed è questo passato alla storia), ma è la giornata del martedì del martedi 29 ottobre che fu infausto, e a distanza di anni economisti  premi Nobel come Paul Samuelson preferiscono datare il collasso della Borsa in questo giorno, e non il 24. Ma anche se gli economisti tra di loro  non sono d'accordo sul cavillo cronologico, sono tutti d'accordo nel sostenere che dal 24 al 29 il più grave disastro finanziario della storia si poteva evitare. Economisti e politici approfondendo gli studi, additano i grandi cinici banchieri corresponsabili, se non proprio i colpevoli, del crack; e questo per la politica del credito facile da essi perseguita nei confronti della speculazione (8,5 miliardi di dollari prestati agli speculatori, ricavandoci ovviamente sempre congrui interessi; che sembravano da usurai, ma dagli speculatori accettati con imperturbabilità visto che compravano i titoli e pagavano con il margin solo il 10% ma che poi vendevano dopo poche ore al 100 per cento, per ricomprare con questi altri dieci stock di azioni sempre al 10%). Le voci più assurde e  improbabili su certe company da tempo in crisi o addirittura  fantasma, trovavano tuttavia sempre credito nei "polli" da spennare.

Ma dopo la mattinata nera del 24,  i grandi banchieri cominciarono ad avere paura, i crediti rischiavano di essere inesigibili. Decisero così di intervenire. Negli uffici della Morgan Company, al numero 25 di Wall Street, alle 12 in punto, si riunirono i luminari del mondo bancario. La stampa era tutta in attesa fuori.

Il capo della J.P. Morgan, Thomas Lamont, dichiara ai radioreporter: «C'è stata una piccola quantità di vendite in perdita. E' parere condiviso del nostro gruppo (consensus: il primo Washington consensus) che per lo più le quotazioni di Borsa non rappresentino fedelmente la situazione. [essa] è suscettibile di migliorare». Basta questo annuncio a provocare una lieve ripresa: nella lingua di legno dei banchieri, il pubblico ha capito che interverranno loro per sostenere i corsi.

E difatti alle 13.30 i grandi banchieri entrano a Wall Sreet. A loro nome parla Richard Withney, vicepresidente della Borsa di New York. Ad alta voce, ostentatamente, chiede: a quant'è il titolo Us Steel? A 198 dollari, gli rispondono (era a 262 pochi giorni prima). E Withney: «Ne compro 25 mila a 205». Ripete la cosa per una dozzina di titoli.

I corsi rialzano, a fine giornata le perdite sono limitate a un «normale» 2,1, il Dow è risalito a 299,47. Tutti sospirano di sollievo. Specialmente i fattorini e le dattilografe, che si sono indebitati per giocare: è il momento di vendere e chiudere i debiti, si dicono. Il volume degli scambi è quadruplicato, dai 3 milioni di una giornata normale a quasi 13 milioni. Nonostante tutto, i corsi tengono miracolosamente venerdì.  Tengono anche la mezza giornata di sabato, fra alti e bassi pazzeschi

25 OTTOBRE

Venerdì i salvataggi furono pochi e qualche milione di azioni trovarono altri "vuoti d'aria".

26 OTTOBRE

Sabato  (allora si apriva il sabato, ma fino a mezzogiorno) la situazione era altrettanto inquieta anche se il New York Times, ribaltando il punto di vista dei giorni precedenti, scriveva quanto abbiamo citato all'inizio ("le ns. potenti banche sono pronte, ed impediranno il panico"). A mezzogiorno la chiusura fu sotto l'insegna di una grande incertezza. Molti si chiesero se era stato obiettivo e sincero il New York Times.

27 OTTOBRE

Domenica I banchieri la passano  a congratularsi: siamo salvi!

28 OTTOBRE

E' il Lunedì Nero: passano di mano oltre 9 milioni di titoli, il Dow ricade a 260 punti e 64 centesimi, General Electric perde in poche ore 48 punti, Eastman Kodak 42, Westinghouse 34.

Alla riapertura della Borsa proprio il New York Times perde 49 punti. Sembrò una beffa, aveva parlato bene dei salvatori e intanto questi lo lasciavano affogare in un mare di svendite, e non era il solo, infatti su tutto il salone era ripiombata la tempesta. C'erano Agenti che mettevano in vendita stock di 10-50.000 azioni al colpo. "Volarono" via 9.250.000 azioni.

Si riunirono  nuovamente i "salvatori", ma l'esito dell'incontro fu disastroso. Per la Borsa, ma non per i grandi Banchieri. Il comunicato diffuso affermava che "non era loro compito sostenere i livelli dei prezzi" che "potevano contribuire  a rendere ordinato lo svolgimento del mercato", e "assicurare che l'offerta trovi una controparte a un qualsiasi livello di prezzo". Liquidarono così la loro posizione.

Cioè rinunciava il consorzio  a svolgere il compito che pochi giorni prima si era impegnato ad assolvere: di sostenere la quota azionaria. E si offriva -quando lo riteneva opportuno- di acquistare per quattro soldi i pacchi di titoli che più nessuno comprava ma che tutti vendevano, sempre più a meno.

Avevano così deciso i banchieri di non far salire le azioni, ma semmai -aspettando come corvi- di giocare al ribasso. Loro erano i primi a sapere che tutta la borsa era un pallone gonfiato, anche perchè l'aria per  gonfiarla l'avevano fornita proprio loro.

29 OTTOBRE - MARTEDI NERO

I banchieri avevano cinicamente fatto bene i conti: infatti alla riapertura le quotazioni iniziarono a scendere senza sosta, in poche ore alcuni titoli non valevano più nemmeno il costo della carta con la quale erano stati stampati.

il volume degli scambi sale a 16,4 milioni, le telescriventi subissate comunicano i valori con 2 ore di ritardo, aumentando il panico: nessuno sa a quanto ha venduto i titoli, quanto ha perso, quanto non potrà restituire alle banche creditrici che già spediscono telegrammi con l'ingiunzione:  Rientrare immediatamente». Winston  Churchill, che è a New York ed è sul punto di perdere nel disastro 500 mila dollari, racconta di aver visto uno speculatore rovinato buttarsi da un grattacielo.

Al mattino erano state buttate sul mercato 3.260.000 azioni, alle ore 12  il numero era di 8 milioni, alle ore 13,30 era salito a 12.600.000, all'ora di chiusura venne stabilito il nuovo primato degli scambi: 16.380.000 azioni, che si assommavano a quelle del giovedì (15.000.000) e con quelle di venerdì e sabato, toccavano  l'impressionante totale di 48.617.700 azioni.

I colpi più duri li subirono i fondi di investimento; all'epoca chiamati Investment trust. Ma dietro a loro migliaia di istituti di credito che di fondi ne videro molti, ma quelli del barile ormai tutto raschiato, cioè
vuoto.

Una curiosità, il Mitchel citato già sopra (della Federal Reserve, ed anche presidente della National City Bank) il "grande ottimista" quello che diceva "che nulla poteva fermare il mercato positivo" ci rimise fino all'ultimo centesimo; andò in rovina.

Il consorzio di "salvataggio" scatenò così la "tempesta" del naufragio collettivo. Il giorno più devastante nella storia del mercato azionario di New York . Segnò l'inizio della "grande depressione".

E gli Stati Uniti piombarono di colpo in una crisi senza precedenti. Nelle settimane seguenti, cominciarono a fallire le prime banche, e le altre furono assaltate dai risparmiatori ansiosi di ritirare i depositi.

La crisi bancaria cominciò a diventare crisi economica nel 1931. il numero dei disoccupati decuplicò nel 1933, passando da 1,5 a 15 milioni. Consumi, investimenti e produzione erano nel fondo del baratro.

Il Dow Jones, intanto, ha perso l'89% del suo valore: da 381 del settembre '29, l'indice tocca i 157 nel 1930, il 73 nel 1931 e 41 nel 1932.

Soffrono, finalmente, anche i ricchi. L'azione Goldman Sachs, passa da 104 dollari del 1929 a 1,75 nel 1932. General Motors scende da 1075 dollari a 40. Il fondo d'investimento American Founders Group scende da 75 dollari a 75 cents. I Vanderbilt perdono 40 milioni di dollari, J. P. Morgan tra 20 e 60, i Rockefeller l'80% del loro patrimonio.

Ed oggi venerdì 10 ottobre 2008 assisteremo, forse, alla chiusura di qualche borsa.

tratto da:

Gli autori del crack di Maurizio Blondet pubblicato su EFFEDIEFFE.com

Il crollo di Wall Street pubblicato su Bocconi Empowering Talent

10 Ottobre 2008 · Patrizio Oliva


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Una risposta a “24 ottobre 1929, l’inizio dell’apocalisse per Wall Street – Tutto il crollo minuto per minuto”

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    […] WALL  STREET CRASH! […]

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