Vacanza rovinata » Non c’è risarcimento se spiaggia è impraticabile

Albergatore non deve risarcire il cliente per il danno da vacanza rovinata se la spiaggia è infestata da alghe » Sentenza Cassazione

L’albergatore non deve risarcire il turista per l’insoddisfacente fruibilità della spiaggia infestata da alghe.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione la quale, con la sentenza 13192 del 28 maggio 2013, ha sancito che: In tema di risarcimento del danno da “vacanza rovinata”, è respinta la domanda da parte del cliente per l’insoddisfacente fruibilità della spiaggia infestata da alghe: la prescrizione contenuta nell’articolo 366 Cpc, secondo la quale il ricorso per cassazione deve a pena d’inammissibilità contenere l’esposizione sommaria dei fatti di causa, non può ritenersi osservata quando il ricorrente come nella specie si limiti a riprodurre nei motivi del ricorso (tutti o parte degli) atti o documenti del giudizio di merito.

Ai fini del rispetto del principio di autosufficienza è infatti necessario che vengano riportati nel ricorso gli specifici punti di interesse nel giudizio di legittimità, con eliminazione del “troppo e del vano”, non potendo gravarsi la Suprema corte del compito, che non le appartiene, di ricercare negli atti del giudizio di merito ciò che possa servire al fine di utilizzarlo per pervenire alla decisione da adottare.

Secondo i Supremi Giudici, quindi, l’utente non ha diritto al risarcimento dei danni sofferti da vacanza rovinata.

Albergatore non deve risarcire il cliente per il danno da vacanza rovinata se la spiaggia è infestata da alghe » Il fatto
Gli ermellini hanno respinto il ricorso di una coppia contro la decisione della Corte d’appello di Milano che non aveva accettato la loro domanda di risarcimento dei danni a seguito di una vacanza rovinata.

Secondo la coppia, c'era stata disfunzione della camera dell'hotel l’insoddisfacente fruibilità della spiaggia infestata da alghe.

A parere dei giudici di piazza Cavour, però, la prescrizione contenuta nell’articolo 366 del Codice di Procedura Cile (secondo la quale il ricorso per cassazione deve, a pena d’inammissibilità, contenere l’esposizione sommaria dei fatti di causa) non può ritenersi osservata quando il ricorrente si limiti a riprodurre nei motivi del ricorso atti o documenti del giudizio di merito.

Inoltre, ai fini del rispetto del principio di autosufficienza è necessario che vengano riportati nel ricorso gli specifici punti di interesse nel giudizio di legittimità.

Questo, con eliminazione del “troppo e del vano”, non potendo gravarsi la Suprema corte del compito, che non le appartiene, di ricercare negli atti del giudizio di merito ciò che possa servire al fine di utilizzarlo per pervenire alla decisione da adottare.

Il ricorso, dunque, è inammissibile, e alla coppia di coniugi non resta che pagare quasi duemila euro di spese.

7 Giugno 2013 · Giovanni Napoletano




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