Usucapione » Valida vendita di immobile di chi lo ha usucapito, anche senza sentenza

Usucapione » Generalità

Il possesso pacifico, continuo e in pubblico di un bene mobile o immobile può consentire di diventare proprietari del bene stesso senza bisogno di un accordo con il legittimo proprietario.

Si tratta dell'usucapione.

E' regolamentato dagli articoli del Codice Civile che vanno dal dal 1158 al 1167.

L'articolo 1158, in particolare, recita: La proprietà dei beni immobili e gli altri diritti reali di godimento sui beni medesimi si acquistano in virtù del possesso continuato per vent'anni.

Perciò, in termini semplici l'usucapione rappresenta una strada per acquisire la proprietà di un bene, attraverso il protrarsi del suo possesso nel corso del tempo.

L'usucapione è quindi un modo di acquisto a titolo originario del diritto di proprietà e degli altri diritti reali che si verifica per cause opposte alla prescrizione.

Infatti, mentre nelle prescrizione il diritto si perde a causa del trascorrere del tempo, accompagnata dall'inerzia del titolare del diritto, nella usucapione il diritto si acquista per il trascorrere del tempo accompagnata da una attività svolta da un soggetto su un bene su cui grava un diritto reale altrui: questa attività è il possesso.

Si può quindi, diventare proprietari di un bene senza bisogno di un contratto, di un testamento e, addirittura, senza bisogno di un accordo con il proprietario del bene.

L’usucapione ha quindi lo scopo di conferire certezza ai rapporti giuridici attraverso la preferenza accordata a chi, pur non essendo proprietario di un bene, si cura di esso traendone i relativi benefici (spesso con riflessi positivi anche sulla collettività), rispetto a chi, ancorché proprietario, trascura di servirsene.

In altre parole, l’ordinamento preferisce che i beni immobili siano dati in proprietà a chi se ne prende cura, piuttosto che a chi, sebbene risulti dalle carte come legittimo proprietario, di fatto non se ne interessa.

Usucapione » Il possesso e i suoi requisiti

Il possesso, va distinto dalla proprietà, dal momento che il primo non sempre è fondato su un diritto.

Nel caso dell'usucapione il possessore appare, infatti, come il proprietario di un bene pur non essendolo e ciò può accadere in perfetta buona fede, ad esempio qualora colui che acquisisce il possesso non sia consapevole di ledere diritti altrui.

L’articolo 1140 del Codice civile definisce il possesso come: il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale. Si può possedere direttamente o per mezzo di altra persona, che ha la detenzione della cosa.

Dalla sopracitata definizione si ricavano due elementi che caratterizzano il possesso:

  1. elemento oggettivo, consistente nella disponibilità della cosa, anche solo potenziale;
  2. elemento soggettivo, consistente nell'intenzione di tenere la cosa come propria mediante l'esercizio di un'attività corrispondente all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale (cosiddetto "animus possidendi").

L'elemento soggettivo è fondamentale per distinguere la semplice detenzione (che non porta all'usucapione) dal possesso (che invece può portare all'usucapione).

Nella detenzione si ha la disponbilità dell'oggetto senza l'intenzione di renderlo proprio.

Ciò avviene ad esempio quando si riceve un bene in prestito.

Pur avendo la disponibilità del bene, questo non potrà essere usucapito perchè manca l'intenzione di fare "proprio" il bene.

Il processo di usucapione, quindi, non avrà inizio, a meno che non intervenga un fatto oggettivo con il quale si manifesti la volontà di trasformare la detenzione in possesso vero e proprio.

Ciò avviene, ad esempio, quando colui che ha preso in prestito il bene comunichi in modo inequivoco la volontà di appropriarsi di esso, negandone la restituzione.

Dopodichè, inizieranno a decorrere i termini per l'usucapione.

Ai sensi del Codice civile il possesso deve essere:

  • inequivoco: deve cioè consistere in modo certo nell’attività corrispondente all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale.
  • pacifico e pubblico: ossia non acquistato in modo violento o clandestino. Se il possesso è stato conseguito con violenza o in modo clandestino, il tempo utile per l’usucapione comincia a decorrere solo da quando sia cessata la violenza o la clandestinità.
  • continuato e non interrotto: è interrotto quando il possessore è stato privato del possesso per oltre un anno.

Ricordiamo che per possesso continuo si intende la permanente manifestazione della propria signoria sulla cosa.

Usucapione » Comportamenti del possessore e del proprietario effettivo

Come già accennato, si diventa titolari di un bene altrui, anche se si è in mala fede (ossia si sappia che il bene è di proprietà di un altro soggetto) purché si sia posseduto il bene (cioè lo si abbia utilizzato o comunque se ne sia usufruito in qualche modo) per un periodo di tempo predeterminato di 20 o 10 anni.

E, durante questo periodo, ci si sia comportati, come se si fosse i veri proprietari, cioè alla luce del sole e davanti a tutta la collettività.

L’acquisto del possesso da parte del possessore non deve essere avvenuto in modo violento o clandestino, altrimenti l’usucapione non inizia a decorrere (o inizia a decorrere dal momento in cui è cessata la situazione di violenza o di clandestinità).

Dall'altro lato, il proprietario effettivo del bene deve essersi disinteressato completamente di questa situazione, lasciando (in modo consapevole o inconsapevole) che l’immobile venisse utilizzato dall'altro soggetto.

Usucapione » Tempi necessari per poter usucapire un bene

I tempi necessari per l'usucapione, sono diversi secondo il tipo di bene da usucapire:

  • usucapione su beni immobili e universalità di mobili: il possesso deve protrarsi per venti anni (artt. 1158 e 1160 del codice civile)
  • beni mobili posseduti senza titolo astrattamente idoneo all'acquisto del diritto: il possesso deve protrarsi per dieci anni, se acquistato in buona fede, venti anni, se acquistato in mala fede (1161 del codice civile).
  • beni mobili posseduti con titolo astrattamente idoneo all'acquisto del diritto e in buona fede: l'acquisto è immediato ex articolo 1153 del codice civile
  • beni mobili registrati:se l'acquisto è avvenuto in buona fede e in base a un titolo astrattamente idoneo, l'usucapione si verifica dopo tre anni dalla trascrizione del titolo, dieci anni, mancando questi elementi (articolo 1162 del codice civile)

Come si vede, il termine generale di venti anni non sempre è valido ed infatti, in presenza di particolari circostanze, si parla di usucapione breve.

E' previsto dall'articolo 1159 del Codice Civile, ed in questo caso l'usucapione si realizza su beni immobili, ma invece di essere ventennale, è decennale.

L'abbreviazione dei termini si spiega per le particolari condizioni del possesso.

Per aversi usucapione abbreviata è infatti necessario:

  1. che il possesso sia iniziato in buona fede
  2. che vi sia un titolo astrattamente idoneo a trasferire la proprietà, o altro diritto reale di godimento
  3. che il titolo sia stato trascritto

In presenza di queste condizioni, l'usucapione si compie dopo soli dieci anni dalla data della trascrizione del titolo.

Usucapione » Come si può ottenere

Gli articoli del Codice Civile volti a disciplinare l'usucapione pongono precise regole alla base dell'esercizio di tale diritto.

La prima concerne il possesso di un bene continuato nel tempo e nel caso in cui avvenga un'interruzione che superi un anno, il possesso viene ad interrompersi.

Il possesso deve anche essere inequivocabile, palese, non deve lasciare adito ad alcun dubbio.

Alla base dell'esercizio del possesso ci deve inoltre essere un comportamento pacifico, ovvero non deve essere stata esercitata violenza né tanto meno possono aver avuto luogo operazioni in maniera clandestina.

Qualora tali principi fondamentali siano rispettati, il titolare del diritto d'usucapione può decidere d'avviare un'istruttoria, una volta decorsi i termini previsti dalla legge.

Ovviamente appare indispensabile presentare validi documenti a sostegno della propria richiesta, fra i quali ad esempio gli atti relativi alla compravendita dell'immobile in questione e le testimonianze in grado di corroborarne il possesso protratto nel tempo.

E' comunque sempre necessario che intervenga una sentenza del giudice, che dichiari che si è compiuto l’usucapione.

Pertanto, bisognerà iniziare una vera e propria causa e provare l’esistenza dei predetti presupposti (possesso e decorso del tempo).

La sentenza è necessaria visto che l’usucapione, come detto, è una situazione di fatto e, quindi, non c’è alcun atto o contratto da andare a registrare nei pubblici registri immobiliari e formalizzare il passaggio di proprietà.

Si tratta, comunque, di un mero accertamento, con natura dichiarativa e non costitutiva (Cassazione, sentenza del 19 marzo 2008, numero 12609; Cassazione, sentenza del 5 febbraio 2007, numero 2485)

La sentenza dovrà essere poi trascritta nei registri pubblici, ai sensi dell'articolo 2651 del Codice civile.

Non è invece prevista la trascrizione della domanda giudiziale con cui si chiede l'accertamento dell'usucapione.

Quest'ultima, infatti, non è compresa tra quelle trascrivibili elencate negli articoli 2652 e 2653 del Codice civile.

Si può solo trascrivere, ma è un caso diverso, la domanda che interrompe il corso dell'usucapione di beni immobili ex articolo 2653 numero 5 del Codice civile.

La trascrizione di cui al citato articolo 2651 ha natura di pubblicità-notizia, in quanto assolve allo scopo di garantire completezza ai pubblici registri.

Essa, a differenza di quanto avviene per gli acquisti a titolo derivativo, non rileva ai fini dell'opponibilità ai terzi.

Questo vuol dire che l'usucapione, anche se non accertata giudizialmente e, quindi, non pubblicizzata attraverso la trascrizione, non è vanificata da eventuali acquisti effettuati da terzi successivamente al compimento dell'usucapione stessa e trascritti nei pubblici registri.

Lo stesso principio vale nel caso di iscrizioni pregiudizievoli (quale ad esempio l'iscrizione di ipoteca ad opera di un creditore), avvenute successivamente al momento in cui si è compiuta l'usucapione.

Al riguardo, la Cassazione, con la pronuncia del 28 giugno 2000, numero 8792, ha confermato che l'usucapione compiutasi all'esito di possesso ventennale esercitato da un soggetto privo di titolo trascritto estingue le iscrizioni e "usucapio libertatis", bensì all'efficacia retroattiva dell'usucapione stessa).

Ne consegue che il notaio rogante nella successiva vendita del bene compiuta dall'usucapiente non è tenuto a verificare l'esistenza di iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli di data anteriore a quella della trascrizione della sentenza di accertamento dell'intervenuta usucapione.

Simile principio, chiaramente, mette a rischio i diritti del creditore ipotecario, dal momento che:

  • questi non può essere a conoscenza dell'esistenza dei presupposti dell'azione in questione,
  • la domanda giudiziale con cui si chiede l'accertamento dell'usucapione non è trascrivibile
  • colui che agisce non è neanche obbligato a citare nel detto giudizio il creditore ipotecario, il quale non viene considerato litisconsorte necessario.

Ne deriva, chiaramente, che il creditore verrà a conoscenza dell'intervenuta usucapione solo nel momento in cui sarà stata trascritta la sentenza relativa.

Un possibile rimedio che potrebbe azionare il creditore ipotecario a fronte della sentenza dichiarativa dell'usucapione, è quello di proporre l'opposizione di terzo ai sensi dell'articolo 404 del codice di procedura civile,invocando la titolarità di un diritto autonomo del terzo (diritto garantito da iscrizione ipotecaria che verrebbe resa inefficace) la cui tutela è incompatibile con la situazione giuridica risultante dalla sentenza pronunciata tra le parti.

Quindi, il creditore dovrebbe dimostrare il dolo o la collusione in suo danno.

Usucapione » Parti comuni

L’uso ed il possesso esclusivo, pacifico ed ininterrotto di una parte comune dell'edificio per almeno vent’anni, fa’ acquisire al possessore il diritto di proprietà a continuare ad usare la cosa comune come sua, grazie al meccanismo dell'usucapione.

Ma solo a particolari condizioni.

Non è sufficiente, ad esempio, che gli altri condomini si siano astenuti dall'utilizzare la parte dell'edificio in questione, come ha chiarito la Suprema Corte con la sentenza numero 4896 del 4 Maggio 2012: In tema di compossesso il godimento esclusivo della cosa comune da parte di uno dei compossessori non è - di per sé - idoneo a far ritenere lo stato di fatto così determinatosi funzionale all'esercizio del possesso ad usucapionem, risultando necessario - a tali fini - la manifestazione di un dominio esclusivo sulla cosa comune da parte dell'interessato, attraverso un'attività durevole, apertamente contrastante e inoppugnabilmente incompatibile con il possesso altrui.

Quindi, per 20 anni, deve comportarsi, in modo non equivoco agli altri condomini, a riguardo della cosa comune non come semplice comproprietario, ma come unico proprietario esclusivo.

Non scatta l’usucapione neanche in caso di uso particolarmente intenso della cosa comune, come stabilito dagli Ermellini con la pronuncia 3236 del 25 Maggio 1984: Il godimento di una porzione comune dell'edificio da parte del singolo condomino (nella specie: di un terrazzo di copertura da parte del proprietario dell'appartamento dell'ultimo piano) può integrare possesso idoneo all'acquisto per usucapione della porzione medesima solo quando presenti connotati di esclusività ed incompatibilità con il compossesso degli altri partecipanti, e non anche, pertanto, per il mero fatto che si traduca in un'utilizzazione di detto bene più intensa o di diversa da quella praticata dagli altri condomini (nella specie: avendo il suddetto proprietario dell'attico portato luce ed acqua sul terrazzo, mediante collegamento con le proprie utenze).

Secondo la Cassazione, non c'è usucapione, neanche quando, ad esempio, il proprietario delle unità immobiliari ubicate a piano terra, usi più intensamente il cancello d’ingresso, come regolato dalla sentenza numero 4986 del 15 Novembre 1977: Ai sensi dell'articolo 1117 del codice civile, il portone d'ingresso, che sia strutturalmente e funzionalmente destinato al servizio di due corpi di fabbrica, appartenenti a proprietari diversi, ma costituenti un'unica entità immobiliare, deve presumersi oggetto di comunione dei predetti proprietari, ancorché costruito da uno solo di essi, se il contrario non risulti dal titolo. La disciplina del condominio degli edifici, infatti, trova applicazione anche con riguardo ai fabbricati che si sviluppano con una pluralità di proprietà individuali in senso verticale, anziché orizzontale.

In conclusione, è bene sapere che è possibile evitare l’usucapione notificando al condomino, prima che maturi il termine dei 20 anni, un atto di citazione o un atto di costituzione in mora.

Usucapione » Dichiarazione di successione

L'Agenzia delle Entrate ritiene corretto indicare nella dichiarazione di successione un immobile pervenuto al de cuius per usucapione, anche qualora manchi una sentenza accertativa.

In particolare l'Agenzia delle Entrate ha precisato che debba applicarsi l'articolo 9, comma 1, del Testo Unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni, approvato con il decreto legislativo numero 346 del 31 ottobre 1990, per il quale l'attivo ereditario è costituito da tutti i beni e diritti che formano oggetto della successione, ad esclusione di quelli non soggetti all'imposta a norma degli articoli 2, 3, 12 e 13 .

Ne consegue che, qualora nell'asse ereditario sia presente un bene immobile acquisito per usucapione dal de cuius e manchi una sentenza accertativa di tale diritto, gli eredi o i legatari dovranno inserire nella dichiarazione di successione i dati identificativi di detto bene, specificando che l'acquisto è avvenuto per usucapione.

Gli uffici dell'Agenzia delle Entrate, che ricevano una dichiarazione di successione nella quale siano stati inseriti i dati identificativi di immobili che l'erede o il legatario assuma essere stati usucapiti dal de cuius, devono procedere a liquidare l'imposta limitandosi all'esame della dichiarazione, come previsto dall'articolo 33, comma 1, del TUS, senza che sia necessario effettuare ulteriori accertamenti circa la titolarità dei beni indicati come facenti parte del patrimonio ereditario.

Gli uffici, inoltre, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, del Testo Unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale, approvato con decreto legislativo del 31 ottobre 1990, numero 347 (di seguito TUIC), devono redigere il certificato di successione in conformità alle risultanze della dichiarazione di successione, inserendovi anche gli immobili che gli eredi hanno dichiarato essere stati usucapiti dal de cuius, e richiedere la trascrizione del predetto certificato.

Si ricorda che la trascrizione del certificato, in base a quanto stabilito dal comma 2 del predetto articolo 5 del TUIC, è prevista limitatamente agli effetti fiscali stabiliti dal presente testo unico e non costituisce trascrizione degli acquisti a causa di morte degli immobili e dei diritti reali immobiliari compresi nella successione.

In tal senso si è anche espressa la Corte di Cassazione, con la sentenza del 12 giugno 1987, numero 5135, secondo cui "la circostanza che gli eredi del terzo abbiano trascritto a proprio favore la denuncia di successione <...> ed ottenuto le volture catastali a proprio nome, non costituendo tali operazioni (trascrizioni, voltura) fatti idonei a determinare il trasferimento della proprietà, non rappresenta titolo idoneo per il trasferimento del diritto di proprietà sul bene oggetto della dichiarazione di successione".

Il medesimo principio è stato poi affermato dall'Amministrazione finanziaria con circolare numero 37 del 11 luglio 1991, nella quale viene espressamente evidenziato che la trascrizione della dichiarazione di successione non costituisce titolo pubblicitario degli acquisti a causa di morte né elemento di continuità delle trascrizioni.

Usucapione » Beni ereditari

In caso di successione per morte, il coerede può usucapire la quota degli altri coeredi se dopo la morte del de cuius è rimasto nel possesso esclusivo del bene ereditario, senza che sia necessaria l'interversione del possesso.

A tal fine, tuttavia, non è sufficiente il semplice fatto che gli altri partecipanti alla comunione ereditaria si siano astenuti dall'uso comune della cosa.

È necessario, piuttosto, che il singolo coerede abbia goduto del bene in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui e tale da evidenziare l'inequivoca volontà di possedere uti dominus (ossia in qualità di proprietario esclusivo e non di comproprietario).

La Corte di Cassazione ha precisato che tale volontà non può essere desunta dal semplice fatto che il coerede abbia amministrato il bene ed abbia provveduto alla sua manutenzione e al pagamento delle imposte giacché si deve presumere che tali attività siano state compiute nella qualità di coerede.

Inoltre si ricorda che, sempre ai fini dell'usucapione, la concessione edilizia non è idonea a far presumere la proprietà del suolo su cui costruire a favore di colui al quale è rilasciata.

Ne discende che per invocare l'usucapione del bene ereditario occorre dimostrare che il rapporto materiale con il bene stesso si è verificato in modo tale da escludere, con palese manifestazione del volere, gli altri coeredi dalla possibilità di instaurare analogo rapporto con il medesimo bene.

A tal fine, ad esempio, potrebbe valere l'accordo bonario intercorso tra i coeredi avente ad oggetto la divisione dei beni ereditari, sebbene tale accordo non sia stato trasfuso in un atto formale.

Usucapione » Eccezioni

Non tutti i beni sono però usucapibili: invero, fin dai tempi più risalenti, vennero poste delle limitazioni alla possibilità di usucapire un bene.

Non lo sono, per esempio, i beni demaniali ovvero i beni di proprietà dello Stato o di altri Enti territoriali

Il demanio può essere necessario o accidentale.

Quello necessario è fuori commercio, quindi non può essere fatto oggetto di trasferimento della proprietà a nessun titolo ne possono essere costituiti a diritti di terzi.

Al massimo la pubblica amministrazione, può emettere una concessione dietro corrispettivo (è il caso dei lidi, delle spiagge e delle rade ad esempio) che ha tempo limitato e può essere revocata in ogni momento.

Del demanio accidentale fanno parte cose che di per sé possono appartenere a chiunque, ma che nel caso concreto appartengono allo stato, ad una regione o ad un comune (strade, pinacoteche, vie ferrate, acquedotti).

I beni che fanno parte del demanio sono quindi fuori commercio, e di conseguenza non sono usucapibili.

Usucapione » Sentenza

Non sei più socio della cooperativa? L'appartamento non può essere soggetto all'usucapione.

Neanche se è occupato da più di vent'anni.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, che con la pronuncia numero 4264/2013, ha sancito che: Dimettersi dalla qualità di socia di una cooperativa edilizia comporta anche la rinuncia alle quote prenotate di un appartamento … e non c’è possesso ultraventennale che tenga.

Usucapione » Il fatto

Nel caso in questione, una donna, socia di una cooperativa, aveva effettuato la prenotazione dell'appartamento posto al piano attivo di uno stabile e, successivamente, aveva occupato abusivamente anche il superattico, che era adibito a comune lavatoio, trasformandolo in appartamento.

Nel 1992, alla signora, deceduta 4 anni dopo il recesso da ogni rapporto con la cooperativa, succedeva il figlio, che veniva invitato dalla cooperativa a restituire l’immobile, senza successo.

Così, la cooperativa aveva portato l'uomo in tribunale.

I giudici di merito, sia in primo grado che in appello, decidevano per l’accoglimento delle domande della cooperativa, precisando che la mamma dell'occupante dell'appartamento, nel dimettersi dalla qualità di socia dell'appartamento posto al piano attico e superattico, aveva rinunciato alle proprie quote.

Ma, l'occupante, non d'accordo, aveva effettuato ricorso per Cassazione.

Nelle sue argomentazioni, poneva un quesito.

Ovvero se l’occupazione abusiva, per più di venti anni, di servizi comuni da parte del socio di una cooperativa edilizia, costituiva possesso ai fini dell'usucapione.

Ma la Suprema Corte, chiudeva immediatamente la questione, affermando che dalle argomentazioni dell'occupante, si deduceva che la domanda non era pertinente o comunque esaustiva, per presumere l’usucapione della madre.

Di conseguenza, il ricorso veniva rigettato e il ricorrente condannato alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità.

Usucapione » Interversione del possesso - Sentenza Cassazione

In materia di usucapione, la pacifica e ultraventennale detenzione non prova automaticamente l’interversione del possesso.

Lo ha sancito la Corte di Cassazione, con la sentenza 8900/13, dove ha stabilito che: La giurisprudenza di questa Corte è assolutamente costante nell'affermare che l'interversione idonea a trasformare la detenzione in possesso non può avvenire mediante un semplice atto di volizione interna, ma deve estrinsecarsi in un uno o più atti esterni, sebbene non riconducibili a tipi determinati, dai quali sia consentito desumere la modificata relazione di fatto con la cosa detenuta, in opposizione al possessore. L'interversione del possesso, quindi, pur potendo realizzarsi mediante il compimento di attività materiali in grado di manifestare inequivocabilmente l'intenzione di esercitare il possesso esclusivamente nomine proprio, richiede sempre, ove il mutamento del titolo in base al quale il soggetto detiene non derivi da causa proveniente da un terzo, che l'opposizione risulti inconfondibilmente rivolta contro il possessore e cioè contro colui per conto del quale la cosa era detenuta, in guisa da rendere esteriormente riconoscibile all'avente diritto che il detentore ha cessata di possedere nomine alieno e che intende sostituire al preesistente proposito di subordinare il proprio potere a quello altrui, l’animus di vantare per sé il diritto esercitato, convertendo così in possesso la detenzione, anche soltanto precaria, precedentemente esercitata.

Secondo i giudici, quindi, è certamente vero che l'interversione del possesso può essere provata richiamando condotte di vario tipo e natura ma è altrettanto vero che il semplice possesso (pur particolarmente prolungato), l'assenza di richieste volte ad ottenere la restituzione del bene, la convinzione di soggetti terzi circa la titolarità del diritto di proprietà in capo al soggetto occupante, non sono circostanze idonee a qualificare l'interversione del possesso.

Usucapione » Interversione del possesso - Il caso

Una persona fisica aveva ricevuto, dal suo datore di lavoro, in uso gratuito, un'abitazione di proprietà di quest'ultimo.

La proprietà dell'immobile veniva ceduta per due volte ed il rapporto lavorativo era cessato, ma, nonostante ciò, l'appartamento veniva continuativamente e pacificamente occupato dal soggetto che l'aveva ricevuto gratuitamente.

A seguito del decesso dell'occupante, il proprietario invitava gli eredi a restituire l'immobile, ma questi rifiutavano.

Per questo motivo, il titolare dell'abitazione, aveva deciso di portare in giudizio gli eredi affinché fossero condannati a restituire l'appartamento e risarcire il danno scaturente dall'occupazione illegittima.

Dal canto loro, gli epigoni, si difendevano chiedendo che fosse accertata l'usucapione per possesso ultraventennale dell'immobile conteso.

Il Tribunale di primo grado accoglieva le istanze formulate dagli eredi, mentre la Corte d'Appello aveva dato ragione al titolare.

Così, i condannati proponevano ricorso per Cassazione.

Ma, la Suprema Corte ha confermato la decisione assunta dalla corte territoriale, rilevando che i discendenti, nel caso in questione, non rispondono di un debito ereditato bensì di un debito nascente da una condotta autonoma tenuta non in qualità di eredi ma in qualità di detentori.

Infatti, avevano acquisito il presunto diritto di proprietà dell'immobile in via ereditaria ma, avevano rifiutato la restituzione agendo in qualità di occupanti illegittimi.

Pertanto, deve ritenersi possibile, quindi lecita, la condanna in solido al pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento dei danni.

Usucapione » Valida la vendita di immobile di chi lo ha usucapito, anche senza la sentenza

Esiste la possibilità di vendere un immobile di cui non si è stati riconosciuti proprietari da una sentenza, ma solamente se ne è acquistata la proprietà tramite usucapione, ovvero tramite il possesso per vent'anni consecutivi dell'edificio.

Il passaggio della proprietà dal vecchio possessore a chi usucapisce l'edificio, invero, si verifica già solo per via del possesso per un tempo sufficiente al compimento dell'usucapione. E ciò anche se questa condizione non è stata accertata da un giudice.

La pronuncia che certifica l’usucapione, infatti, ha effetto dichiarativo, perché si limita ad accertare qualcosa di già esistente, perché, da un punto di vista giuridico, la sentenza di usucapione ha carattere dichiarativo e non costitutivo.

Questo importante orientamento è stato inaugurato nel 2007 dalla Corte di Cassazione, la quale con la sentenza 2485/07, ha stabilito che: Non è nullo il contratto di compravendita con cui viene trasferito il diritto di proprietà di un immobile sul quale il venditore abbia esercitato il possesso per un tempo sufficiente al compimento dell'usucapione, ancorchè l'acquisto della proprietà da parte sua non sia stato giudizialmente accertato in contraddittorio con il precedente proprietario.

Secondi gli Ermellini, pertanto, non si può subordinare l'evenienza di vendere un bene a una pronuncia che certifichi la titolarità del diritto in capo al venditore: questo vorrebbe dire, difatti, diminuire la sua facoltà.

1 Luglio 2013 · Ludmilla Karadzic


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