Usucapione del bene ereditato » Per il possesso a discapito degli altri coeredi va dimostrato l’uso esclusivo

Bene ereditato tra più coeredi: un erede per averne il pieno possesso, tramite usucapione, deve manifestarne pubblicamente l'uso esclusivo.

Il coerede che dopo la morte del de cuius sia rimasto nel possesso del bene ereditario, può, prima della divisione, usucapire la quota degli altri eredi, senza necessità di interversione del titolo del possesso.

A tal fine, egli, che già possiede animo proprio ed a titolo di comproprietà, è tenuto ad estendere tale possesso in termini di esclusività, il che avviene quando il coerede goda del bene in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui e tale da evidenziare una inequivoca volontà di possedere uti dominus e non più uti condominus, non essendo sufficiente che gli altri partecipanti si astengano dall'uso della cosa comune.

Questo, in sintesi, l'orientamento espresso dalla Corte di Cassazione con sentenza 24214/14.

Da ciò che si evince dalla suddetta pronuncia, il coerede può diventare esclusivo padrone del bene ereditato purché si comporti pubblicamente come se fosse il proprietario.

A parere degli Ermellini, infatti, l’erede che sia rimasto nel possesso dei beni entrati nella successione può usucapirne il possesso, e diventarne l’unico proprietario, a discapito degli altri coeredi.

Perché questo possa avvenire, tramite usucapione e a discapito degli altri eredi, però, è necessario che il possessore utilizzi il bene in questione impedendone l’uso agli altri.

Il coerede, dunque, deve godere del bene ereditato in modo tale che ciò sia inconciliabile con la possibilità che anche gli altri ne usufruiscono: bisogna, quindi, dimostrare una non equivoca volontà di possedere il bene come se si fosse l'unico ed esclusivo proprietario.

Non è sufficiente, pertanto, che gli altri coeredi si astengano volontariamente dall'uso della cosa comune. Anzi, è necessario che tale loro uso sia osteggiato e impedito dal comportamento del possessore, che appunto sottragga, il bene agli altri contitolari.

Naturalmente, poiché ciò avvenga, è necessario un altro fondamentale requisito per far sussistere l’usucapione: l'arco temporale.

Come noto, devono, infatti, trascorrere vent'anni perché intervenga l'usucapione.

Inoltre, il comportamento del possessore che si atteggi a proprietario esclusivo deve essere manifesto, non deve avvenire in modo non clandestino e non vi devono essere interruzioni nel corso del ventennio.

In parole povere, se il possessore ha solo nascosto il bene agli altri coeredi, o se nell'arco temporale dei 20 anni riceve una citazione a restituire il bene in questione, allora l’usucapione non si forma più.

Perciò, chiarisce piazza Cavour, il godimento esclusivo da parte di uno dei coeredi, del bene in comunione entrato in successione, non è sufficiente a far scattare l’usucapione, nemmeno se tale fattispecie è determinata dalla semplice tolleranza degli altri coeredi.

Al contrario, è necessario, ai fini dell’usucapione, la manifestazione del dominio esclusivo sul bene da parte dell’interessato attraverso un’attività durevole, apertamente contrastante e incompatibile con il possesso altrui.

Inoltre, concludono i giudici del Palazzaccio, l'onere della prova di tale situazione spetta sempre a chi invoca l’avvenuta usucapione del bene.

17 Novembre 2014 · Andrea Ricciardi


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