Tassi: EURIBOR a 3 mesi sui mutui sale a 5,035% – massimo da 10 anni

Al galoppo i tassi interbancari in in scia ai rialzi record delle materie prime e alle situazioni di ''stress'' finanziario di molte banche, alle prese con svalutazioni consistenti dell'attivo.

Occhi puntati sui tassi Euribor.

L'Euribor tre mesi, calcolato su una base di 365 giorni, dunque quello utilizzato per indicizzare il tasso di interesse sui mutui ipotecari, e' salito al 5,035%. Si tratta, segnalano gli operatori, del massimo dal 1998.

L'Euribor 3 mesi, base 360 giorni, utilizzato per i prestiti commerciali, viaggia a 4,97% sui massimi di fine dicembre 2000.

3 Luglio 2008 · Patrizio Oliva


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6 risposte a “Tassi: EURIBOR a 3 mesi sui mutui sale a 5,035% – massimo da 10 anni”

  1. rapporto ABI ha detto:

    Sale il costo del denaro, e per i finanziamenti il costo medio risente del trend delle condizioni del mercato interbancario: a giugno 2008 il tasso medio sui prestiti si e’ collocato al 6,30%, 7 punti base al di sopra di quanto segnato a maggio e 62 punti base al di sopra del valore di giugno 2007. Nell’ultimo anno il tasso euribor a tre mesi e’ aumentato di quasi 80 punti base.

    E’ quanto si legge nel Rapporto dell’Abi, in cui si sottolinea che sono aumentati anche i tassi passivi, vale a dire quelli sui depositi e, per quanto riguarda il tasso medio della raccolta nel mese di giugno si e’ collocato al 3,20%, contro il 3,11% del mese precedente. In lieve aumento anche il tasso che le banche pagano sui depositi pari la 2,19% nella media 3 punti base al di sopra del valore di maggio 2008 e 42 punti base al di sopra di quanto registrato a giugno 2007.

    Per quanto riguarda il differenziale, si colloca a 2,77 punti percentuali, 3 punti base al di sotto di quanto registrato nel mese di maggio e inferiore al 2,94 punti percentuali di giugno 2007. Tale differenziale e’ il risultato di un valore del 5,97% del tasso medio attivo e del 3,20% del costo medio della raccolta da clientela.

    Le sofferenze sono risultate in flessione ad aprirle 2008 pari a 14.835 milioni di euro, 704 milioni in meno rispetto al mese precedente e 1,345 milioni di euro in meno rispetto ad aprile 2007. La variazione tendenziale e’ risultata di -8,3% ad aprile e si raffronta con -0,2% a marzo 2008 e +2,6% ad aprile 2007. Il rapporto sofferenze nette/impiego si e’ collocato allo 0,99% ad aprile 2007 era 1,18%, mentre il rapporto sofferenze nette/patrimonio di vigilanza si e’ posizionato al 5,31%, era 6,44% ad aprile 2007.

    Il rapporto rileva inoltre che a maggio 2008 e’ risultata in lieve rialzo la struttura dei tassi d’interesse nell’area dell’euro e in Italia, coerentemente con il trend delle condizioni sul mercato interbancario. Se si considerano i tassi delle nuove operazioni per un ammontare superiore a un milione di euro a maggio 2008 si posizionano nell’area dell’euro al 5,27%, un valore sostanzialmente in linea con quello applicato dalle banche italiane: 5,31% a maggio e 5,24% ad aprile, 4,50% a maggio 2007. I tassi sui conti correnti attivi delle famiglie si sono posizionati all’8,92% in Italia a maggio 2008, dal precedente 8,93% di aprile 2008 (8,72% a maggio 2007): un livello – conclude il Rapporto – che si raffronta con il 10,55% dell’erea dell’euro. Era 10,53 ad aprile 2008 e 10,32 a maggio 2007.

  2. Bankitalia ha detto:

    Nonostante lo spostamento della domanda verso i mutui a tasso fisso, saliti nel corso dei primi cinque mesi del 2008 a circa i due terzi delle nuove erogazioni, l’elevata quota di finanziamenti a tasso variabile erogata negli anni passati si mantiene più alta rispetto alla media europea l’esposizione delle famiglie italiane alle variazioni dei tassi d’interesse su questo tipo di mutuo» si legge nel Bollettino Bankitalia. In termini di consistenze, i contratti indicizzati ai tassi di mercato rappresentano circa il 70% dei mutui complessivi. Agevolazioni nelle condizioni contrattuali potranno venire dalle norme su estinzione anticipata e portabilità dei mutui, anche se Bankitalia «stima che nel 2007 l’ammontare dei mutui stipulati in sostituzione di quelli sottoscritti presso altri intermediari sia stato pari solo all’1% circa di quelli in essere

  3. Paolo Landi (Adiconsum) ha detto:

    L’Euribor, è il tasso delle operazioni finanziarie tra le banche, viene determinato da un gruppo di mondiale di oltre 50 banche. Fino al 2004 i tassi BCE ed Euribor erano praticamente gli stessi, oggi la differenza è considerevole, Euribor 5,41% BCE 4,25%, oltre 1 punto percentuale.

    Cosa significa per il consumatore?

    Prendiamo ad esempio un mutuo di 100.000 euro a 25 anni. Nel 2004 la rata mensile era di 530 euro, legata ad un tasso Euribor 2,06% + 2% spread = 4,06%. La stessa rata sarebbe uguale anche se il mutuo fosse stato collegato al tasso BCE. Oggi, la rata mensile con l’Euribor al 5.41% + 2% spread ammonta a 802 euro mese, mentre se fosse stata con BCE 4,25% + 2% spread, la rata ammonterebbe a 707 euro.

    La differenza è di 95 euro al mese (se il calcolo fosse al 30 giugno, la differenza salirebbe al 107 mese) sull’intero ammontare del mutuo. La differenza di costo complessivo del mutuo è di ben 15.000 euro, pari ad un anno di stipendio.

    Il tasso Euribor, a differenza del tasso BCE, paga aspetti speculativi, crisi subprime, non escludendo la possibilità di un cartello fra le stesse. La differenza rilevante di oltre un punto tra Euribor e BCE ne è la prova evidente.

    Secondo Adiconsum sarebbe più conveniente collegare i tassi variabili al tasso BCE che è meno soggetto alle fluttuazioni del mercato e dalle speculazioni finanziarie.

    Aumento del tasso BCE

    Adiconsum ritiene che questa decisione sia errata, poiché l’elevata inflazione che si propone di combattere non è dovuta a ragioni interne all’Europa bensì a ragioni esterne, cioè il petrolio. Rischia quindi solo di aggravare pesantemente il costo del debito pubblico per uno stato qual è l’Italia senza riuscire ad incidere sul sostenimento dell’inflazione e sullo sviluppo della ripresa economica.

    Adiconsum ricorda inoltre a tutte le famiglie che si trovano in difficoltà nel pagare il mutuo che possono optare per differenti soluzioni:

    1. Rinegoziazione, da effettuare con la propria banca chiedendo una riduzione dello spread che oggi è possibile anche sotto l’1%.

    2. Portabilità, trasferimento del mutuo ad altra banca che garantisca condizioni più favorevoli

    3. attuazione dell’accordo Abi – Governo, con abbassamento della rata al 2006 e il trasferimento di quanto non pagato in coda al mutuo con ulteriore prestito (soluzione da evitare perché onerosa)

    In ogni caso prima di qualsiasi decisione è opportuno fare, o far fare, calcoli precisi per valutare la convenienza delle varie opzioni e per fare la scelta più giusta.

  4. Anonimo ha detto:

    Il sistema creditizio deve assolutamente essere collegato al tasso della BCE e non all’Euribor, in modo da non lasciare spazio alle speculazioni, che assottigliano, così, sempre più, il potere di acquisto dei salari Propongo, inoltre, di rivedere il sistema di determinazione dell’inflazione, scegliendo , specie per gli alimenti, generi più significativi
    e calcoli rapportati anche all’utilizzo quantitativo dei generi alimentari.Es. l’aumento anche di 20 centesimi al Chilo per la pasta, che si riduce a 2 centesimi per porzione, di fatto incide sulle famiglie che hanno un mutuo variabile in misura pari a centinaia di euro all’anno, e così via.

  5. ADUSBEF ha detto:

    Tempi duri per gli italiani che hanno comprato casa con un mutuo a tasso variabile. Dopo l’aumento odierno del tasso di riferimento della Bce, arrivato al 4,25%, le conseguenze, nelle tasche di circa 3 milioni di famiglie alle prese con il mutuo, diventano sempre più pesanti. Secondo l’Asubef, il rialzo dei tassi comporterà infatti un aumento di 2.000 euro in 3 anni per i mutui di 100.000 euro, e un aggravio di 168 euro l’anno (14 euro mensili) a ogni aumento dello 0,25% del tasso Bce. L’associazione dei consumatori ha fatto questi calcoli sulla base della media Euribor, ovvero il tasso medio con cui avvengono le transazioni finanziarie delle maggiori banche europee.

    Ma se per i mutui da 100.000 euro gli aumenti varieranno tra i 1.588 euro (per i decennali) ai 2.000 l’anno (per i trentennali), ben maggiore sarà la stangata per quelli da 200.000 euro. Si parla, infatti, di un aggravio minimo (per i decennali) di 3.177 euro l’anno, fino ad arrivare, per i trentennali, ad un +3.950.

    Gli aumenti sono la conseguenza dell’ascesa vertiginosa che, dal 2005, interessa il tasso di riferimento della Bce. Dal 2,25%, si è arrivati al 4,25%, esattamente 2 punti percentuali in più. Parallelamente anche il tasso Euribor, calcolato sul trimestre, si è attestato, dal 2,488% del 2005, all’attuale 5,208%.

    In rapporto a queste disposizioni europee, il sistema bancario italiano, afferma in una nota Adusbef, «non ha sostenuto i cittadini». La scelta di adoperare tassi variabili, al posto dei fissi, che nel 2005 si attestavano sul 3,5%, rende impossibile, per molte famiglie, sostenere le rate dei mutui.

    Con il risultato che in Italia c’è un +27% sulla media dei pignoramenti delle abitazioni acquistate.«Le banche – sostiene l’Adusbef – hanno attirato nella loro trappola molte famiglie che con le rate fisse, rapportate ai parametri del reddito, non sarebbero mai riusciti a comprarsi una casa. Proponendo tassi variabili, inizialmente minori, hanno dato consigli cattivi e interessati».

  6. Maximilian Cellino ha detto:

    Tassi Bce più alti, mutui più cari per le famiglie italiane. Questa l’equazione nella mente del risparmiatore che ogni giorno combatte con l’aumento della rata variabile.

    In realtà il meccanismo di trasmissione fra le decisioni prese a Francoforte non è poi così immediato: come probabilmente ben sanno i mutuatari, i finanziamenti a tasso variabile sono indicizzati non al tasso di riferimento della Bce (quello che Jean-Claude Trichet e soci hanno alzato pochi minuti fa dal 4 al 4,25%, tanto per intenderci), ma a quegli Euribor che da tempo stazionano su valori ben più alti e che in genere si muovono in anticipo per riflettere le decisioni future dei banchieri.

    Così l’effetto del rialzo dei tassi della Bce sui tassi interbancari si è già avuto un mese fa, quando Trichet aveva chiaramente aperto la porta a un rialzo nella riunione di luglio. Un impatto tutto sommato limitato, in questo caso, perché l’Euribor a un mese (base 360) è passato dal 4,39% medio di maggio al 4,46% del fixing di stamattina mentre la scadenza a sei mesi è salita dal 4,86% al 4,97 per cento. Tradotto in soldoni, la mossa della Bce ha provocato un aumento di 6 euro (da 700 a 706 euro, rispetto però ai 562 euro del valore di partenza) sulla rata mensile di un prestito ventennale da 100mila euro acceso nel settembre 2005 (alla vigilia, cioè, dell’ondata di aumenti del costo del denaro decisa da Francoforte).

    Il problema per i risparmiatori, se mai, è capire se la mossa della Bce sia isolata o sia invece il preludio a una nuova serie di rialzi. E soprattutto, quanto a lungo possa continuare l’anomalia che vede i tassi interbancari sensibilmente al di sopra dei saggi ufficiali a causa della crisi di fiducia provocata dall’ondata subprime sui mercati del credito.

    Le previsioni degli operatori, per il momento, scontano un altro aumento di 25 punti base dei tassi entro dicembre e segnalano per l’Euribor a 3 mesi un valore in crescita al 5,03% per settembre e al 5,18% per fine anno. Nel 2009, secondo le attese di mercato, la situazione sui tassi interbancari potrebbe cominciare a migliorare, ma con gradualità. Previsioni meno fosche rispetto a quelle di qualche settimana fa (quando l’Euribor a tre mesi veniva indicato addirittura al 5,40% a fine 2008), ma che ugualmente non suonano beneaugurati per chi ha un prestito a tasso variabile.

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