Separazione personale » Se i coniugi tornano a vivere insieme non regge comunque l’ipotesi della riconciliazione

Separazione personale: per la riconciliazione il ritorno alla convivenza non fa piena prova.

Dopo una separazione personale, se due coniugi tornano a vivere sotto lo stesso tetto, non per questo si può parlare di avvenuta riconciliazione e non si producono quindi gli effetti di cui all'articolo 154 del codice civile.

Questo, in sintesi, l'orientamento espresso dalla Corte di Cassazione con sentenza 19535/14.

Coabitazione conservata tra i coniugi in crisi, e già protagonisti del giudizio di separazione personale: ciò non basta, però, per mettere in discussione la pronuncia che ha sancito la rottura tra la coppia.

Secondo quanto si evince dalla pronuncia esaminata, infatti, la sola circostanza che gli ex coabitino non basta a provare la loro riconciliazione e, di conseguenza, a far cessare gli effetti della sentenza di separazione.

Occorre, invece, dimostrare che si è ricostituita tra i coniugi una comunione di vita spirituale e materiale e, di certo, la richiesta di addebito reiterata nel corso del giudizio è del tutto in contrasto con l’idea di una riconciliazione.

Vediamo di spiegare il concetto più chiaramente.

Non sempre, dopo una separazione personale, viene a galla la diatriba per l’assegnazione della casa familiare fra i coniugi.

Difatti, qualora la coppia non abbia avuto figli cui garantire la conservazione dell’habitat familiare e, quindi, la necessità di assegnare la casa al genitore con cui vivranno, in genere, alla prima udienza, il giudice di merito si limita ad autorizzare i coniugi a vivere separatamente.

Tuttavia, successivamente, non è detto che la cosa avvenga in via definita.

Ciò perché, può accadere che, per ragioni di risparmio economico, i coniugi scelgano di continuare a coabitare senza che, per questo motivo, la causa di separazione cessi il suo corso.

Ebbene, se la coabitazione tra i coniugi prosegue anche dopo la separazione, ciò non implica che tra gli stessi sia sopraggiunta una riconciliazione.

Da notare bene, infatti, che la riconciliazione di fatto tra i coniugi, è circostanza che impedisce il successivo divorzi: in questo caso, anche il termine di tre anni per potersi divorziare subisce un’interruzione.

A parere degli Ermellini, dunque, ai fini della riconciliazione, non è sufficiente la semplice coabitazione, ma occorre che venga ripristinata, dalla coppia, la comunione di vita spirituale e materiale su cui si fondava il rapporto coniugale.

Per poter provare la riconciliazione, proseguono i giudici del Palazzaccio, è bene fornire al giudice prove o indizi inequivocabili e dare rilevanza anche a comportamenti in netto contrasto con l’idea del ripristino di una comunione di intenti e di vita della coppia.

16 Ottobre 2014 · Chiara Nicolai


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