Separazione consensuale – legittimi gli accordi di futura vendita della casa coniugale e di sostituzione dell’assegno di mantenimento con altre forme di contribuzione

La separazione consensuale è un negozio di diritto familiare in cui, con il consenso reciproco a vivere separati, si regolano l'affidamento dei figli, l'assegno di mantenimento, ove ne ricorrano i presupposti, e le eventuali pattuizioni che i coniugi intendono concludere in relazione all'instaurazione di un regime di vita separata.

Pertanto, l'accordo mediante il quale i coniugi pongono consensualmente termine alla convivenza può racchiudere ulteriori pattuizioni, distinte da quelle che integrano il suo contenuto tipico e che ad esso non sono immediatamente riferibili: si tratta di quegli accordi che pur trovando la loro occasione nella separazione consensuale, non hanno causa in essa, risultando semplicemente assunti "in occasione" della separazione medesima, senza dipendere dai diritti e dagli obblighi che derivano dal perdurante matrimonio.

Tali accordi, costutuiscono espressione di libera autonomia contrattuale (nel senso che servono a costituire, modificare od estinguere rapporti giuridici patrimoniali) e sono del tutto leciti purché non ledano diritti inderogabili.

Dunque, i coniugi possono concludere accordi nel quadro della complessiva regolamentazione dei lori rapporti in sede di separazione consensuale.
La giurisprudenza ha chiarito così, ad esempio, che in sede di separazione personale dei coniugi (consensuale, ma anche giudiziale o di divorzio), è ammesso che venga sia assegnata la casa familiare in favore dell'altro coniuge, sia prevista la clausola istitutiva dell'impegno futuro di vendita dell'immobile adibito i casa coniugale.

In particolare, l'accordo mediante il quale i coniugi, nel quadro della complessiva regolamentazione dei loro rapporti in sede di separazione consensuale, stabiliscano la vendita a terzi del bene immobile (e, segnatamente di quello che costituisce la casa familiare) e l'attribuzione del ricavato pro parte a ciascun coniuge, in proporzione del denaro che abbia investito nel bene stesso, dà vita ad un contratto atipico caratterizzato da una propria causa, rispondendo ad un originario spirito di sistemazione, in occasione dell'evento di separazione consensuale, dei rapporti patrimoniali maturati nel corso della convivenza matrimoniale.

Anche l'assegno di mantenimento può essere sostituito da altre forme di contribuzione, e nel medesimo accordo possono convivere, come sopra esposto, obblighi sostitutivi dell'assegno del mantenimento (da riconsiderare eventualmente in sede di divorzio) con la regolamentazione di pregressi rapporti patrimoniali.

Così hanno stabilito i giudici della Corte di cassazione nella sentenza 16909/15.

26 Agosto 2015 · Carla Benvenuto




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