IRPEF – Ritenuta alla fonte

Istituto della ritenuta IRPEF alla fonte

L'istituto della ritenuta alla fonte trova la propria disciplina nell'ambito delle disposizioni in materia di accertamento delle imposte sul reddito ed, in particolare, con riferimento ai redditi derivanti dall'esercizio di arti e professioni, nell'articolo 25 del DPR 29 settembre 1973, numero 600 (di seguito, per brevità, DPR numero 600 del 1973).

La ritenuta opera secondo un meccanismo che vede coinvolti due soggetti: il sostituto d'imposta, ovvero il soggetto che corrisponde il compenso relativo a prestazioni di lavoro autonomo, ed il sostituito il quale, viceversa, è colui che ha reso la prestazione professionale e che riceve, quale corrispettivo, il compenso che costituisce reddito imponibile ai fini fiscali.

Come disposto dall'articolo 25 del DPR numero 600 del 1973, il sostituto al momento dell'erogazione del reddito professionale deve trattenere, dalla somma dovuta, una ritenuta pari al 20 per cento della parte imponibile del compenso medesimo, a titolo di acconto dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) dovuta dal percipiente.

I soggetti tenuti ad operare la ritenuta alla fonte in qualità di sostituti d'imposta sono indicati dall'articolo 23, comma 1, del DPR numero 600 del 1973.

Si tratta, in particolare, delle società e degli enti di cui all'articolo 73, comma 1, del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, approvato con DPR 22 dicembre 1986, numero 917 (società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata, cooperative, di mutua assicurazione, enti pubblici e privati, commerciali o non commerciali, compresi i trust, società ed enti di qualsiasi tipo non residenti nel territorio dello Stato), delle società ed associazioni di cui all'articolo 5 del medesimo DPR numero 917 del 1986 (società semplici, in nome collettivo ed in accomandita semplice, nonché società ed associazioni ad esse equiparate ai sensi del comma 3 del richiamato articolo 5), delle persone fi siche che esercitano imprese commerciali o agricole, delle persone fisiche esercenti arti e professioni, il curatore fallimentare ed il commissario liquidatore e, infine, il condominio.

In definitiva, il professionista, ogniqualvolta effettua una prestazione professionale in favore di uno dei predetti soggetti riceverà un compenso decurtato dell'importo corrispondente alla ritenuta alla fonte, operata a titolo di acconto dell'Irpef dallo stesso dovuta.

Il sostituto d'imposta dovrà, poi, versare all'Erario, nei tempi e secondo le modalità previste dalla legge, la ritenuta operata.

Viceversa, nell'ipotesi in cui la prestazione professionale sia resa in favore di un soggetto non ricompreso nelle categorie elencate (si pensi, a titolo meramente esemplificativo, ad una persona fisica non esercente un'impresa commerciale, un'arte o una professione), sul compenso corrisposto non dovrà essere operata alcuna ritenuta alla fonte.

A tale proposito, l'articolo 64, comma 1, del DPR numero 600 del 1973 definisce il sostituto d'imposta come "colui che, in forza di disposizioni di legge, è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri per fatti o situazioni a questi riferibili" disponendo, a carico dello stesso, l'obbligo di esercitare la rivalsa da operarsi, appunto, mediante la ritenuta.

Secondo la tradizionale ricostruzione dell'istituto, il sostituto d'imposta svolge la funzione di semplificare i rapporti tra fisco e contribuente, sia nella fase dell'accertamento che in quella della riscossione, tutelando l'interesse fi scale alla corretta rappresentazione della base imponibile e garantendo, nel contempo, la tempestiva e sicura riscossione dell'imposta.

Ciò in quanto, mediante lo schema della sostituzione, il prelievo tributario si realizza per il tramite di un soggetto diverso da colui al quale è riferibile la manifestazione di capacità contributiva, il quale, proprio per tale ragione, non ha alcun interesse ad occultare la fattispecie imponibile.

La sostituzione d'imposta rappresenta, quindi, un particolare meccanismo applicativo del tributo che, sotto il profi lo costituzionale, si giustifica in base alla circostanza secondo la quale il sostituto è debitore della somma che costituisce reddito per il sostituito e pertanto, attraverso lo strumento giuridico della rivalsa, potrà non restare inciso dal prelievo tributario.

La ritenuta alla fonte, che il sostituto d'imposta deve operare all'atto del pagamento del compenso, deve essere separatamente indicata nella parcella relativa alle prestazioni professionali rese, in diminuzione della somma totale addebitata al committente.

L'importo della ritenuta si determina applicando l'aliquota del 20 per cento sulla parte imponibile del compenso, secondo il seguente schema di esempio:

La ritenuta alla fonte a titolo di acconto e a titolo di imposta (cenni

La ritenuta alla fonte che il sostituto d'imposta deve eff ettuare può operare "a titolo di acconto" o "a titolo d'imposta".

Nel primo caso, come può agevolmente desumersi dalla stessa definizione, la ritenuta costituisce semplicemente un acconto dell'imposta sul reddito dovuta dal percettore, il quale, pertanto, dovrà adempiere agli ordinari obblighi dichiarativi e potrà determinare l'Irpef da versare all'erario detraendo, dall'imposta calcolata sul reddito complessivo dichiarato, l'ammontare delle ritenute alla fonte subite.

Rientrano nel novero di tale fattispecie, per espressa previsione normativa, le ritenute operate sui compensi e sulle altre somme che costituiscono reddito di lavoro dipendente per i percipienti, nonché quelle operate sui compensi erogati ai soggetti residenti per prestazioni di lavoro autonomo.

La ritenuta a titolo d'imposta, a differenza della precedente, costituisce l'adempimento integrale del tributo dovuto dal percipiente; ne consegue l'esonero, per il sostituito, dall'adempimento degli obblighi strumentali (di dichiarazione e versamento a saldo) che fanno normalmente capo al soggetto passivo d'imposta.

Appartengono a tale fattispecie alcune ritenute operate da società ed enti sugli interessi e sugli altri proventi corrisposti ai possessori di obbligazioni e titoli similari dagli stessi emessi; sugli utili distribuiti a soci non residenti, nonché sulle vincite derivanti da giochi di abilità, concorsi a premi e scommesse. Si tratta, come evidente, di una deroga al sistema ordinario di tassazione del reddito, derivante da esigenze di semplificazione e di concretezza del prelievo, giustificabile in tutte quelle situazioni in cui, in considerazione della particolare natura del compenso erogato, risulterebbe altrimenti difficile individuare concretamente il contribuente.

La natura dei compensi professionali da assoggettare a ritenuta alla fonte

L'articolo 25 del DPR numero 600 del 1973, stabilisce che devono essere assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo di acconto "i compensi, comunque denominati, anche sotto forma di partecipazione agli utili, per prestazioni di lavoro autonomo, ancorché non esercitate abitualmente".

In sostanza, i compensi di qualsiasi natura che costituiscono componenti positivi del reddito professionale, sono sempre soggetti a ritenuta alla fonte nella misura del 20 per cento del loro ammontare, anche se derivanti da attività di lavoro autonomo esercitate in forma occasionale.

Al tal fine, appare utile rammentare brevemente quali sono le somme percepite dal professionista che assumono rilevanza ai fini dell'imposizione sul reddito. Si tratta, in particolare, delle seguenti tipologie di compensi:

  • compensi in denaro o in natura per onorari o indennità, percepiti anche sotto forma di partecipazione agli utili;
  • compensi derivanti da rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, se relativi ad attività rientranti nell'esercizio tipico dell'attività professionale;
  • proventi conseguiti in sostituzione di redditi ed indennità conseguite a titolo di risarcimento del danno derivante dalla perdita di redditi professionali; tali somme costituiscono, infatti, ai sensi dell'articolo 6, comma 2 del Tuir, redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti e sono, pertanto, da assoggettare a ritenuta alla fonte al pari dei redditi professionali;
  • interessi moratori e per dilazione di pagamento, riscossi a fronte del ritardato pagamento dei compensi professionali; tali somme, analogamente ai proventi sostitutivi di redditi ed alle indennità di cui al precedente punto, costituiscono, ai sensi dell'articolo 6, comma 2 del Tuir, redditi della stessa categoria di quelli da cui derivano i crediti su cui gli interessi sono maturati e, a decorrere dal 30 dicembre 1993, sono soggetti a ritenuta alla fonte:
  • acconti ricevuti a titolo di anticipazione di onorari, di indennità e di altri componenti positivi del reddito professionale soggetti a ritenuta;
  • rimborsi delle spese sostenute in nome del professionista, ma per conto del cliente (quali, ad esempio, spese di vitto e alloggio documentate, spese di trasferta fuori dal territorio comunale, indennità chilometriche e diarie, biglietti di viaggio, ecc); tali somme, siano esse incluse negli onorari  o indicate separatamente, costituiscono componenti positivi del reddito professionale e, come tali, sono da assoggettare a ritenuta alla fonte; il documento giustificativo della spesa dovrà essere intestato al professionista ed assoggettato ad imposta di bollo, in misura pari ad 1,81 euro, sempre che si tratti di un'operazione senza applicazione dell'Iva e di importo superiore ad 77,47 euro.

In aggiunta agli elementi di reddito indicati, più propriamente collegati all'esercizio della professione, il decreto legge 223/2006 ha dato rilevanza anche alle plusvalenze realizzate sui beni strumentali, ai corrispettivi percepiti per la cessione della clientela e ai corrispettivi per la cessione di altri elementi di natura immateriale (avviamento, cessione del contratto di locazione, ecc… - si rinvia, a tale proposito, alla Sentenza della Corte di Cassazione numero 2860 del 9 febraio 2010) comunque riferibili all'attività artistica o professionale (articolo 54, comma 1-bis e 1 quater del Tuir -  maggiori chiarimenti in merito nella Circolare dell'Agenzia delle Entrate numero 11 del 16 febbraio 2007).

Si precisa ancora che le plusvalenze su beni immobili rilevano se l'immobile è stato acquistato dopo il 1° gennaio 2007, mentre per i beni mobili, l'acquisto deve essere stato effettuato dopo il 4 luglio 2006 (risoluzione numero 13 del 2 marzo 2010).

Non concorrono, invece, alla determinazione del reddito professionale, e sono pertanto esclusi dall'applicazione della ritenuta alla fonte i compensi di seguito indicati:

  • rimborsi delle spese sostenute a titolo di anticipazioni effettuate dal professionista in nome e per conto del cliente (quali, ad esempio, acquisto di marche da bollo, pagamento di diritti di cancelleria, pagamento di tasse, ecc.); il relativo documento di spesa dovrà essere intestato al cliente;
  • contributi obbligatori versati alle Casse di Previdenza professionali, posti dalla legge a carico del cliente (si tratta, d esempio, del contributo fissato nella misura del 2% degli onorari dalla Cassa Previdenza Avvocati); a tale proposito si rammenta che lo stesso trattamento non è, invece, previsto con riferimento alla percentuale del contributo Inps che i professionisti privi di una propria Cassa di previdenza devono addebitare in fattura in misura pari al 4% dei compensi: tali somme sono, infatti, equiparate ai compensi professionali e sono, pertanto, da assoggettare a ritenute alla fonte nella misura del 20%.

Ritenuta alla fonte - Aspetti fiscali problematici riguardanti l'esercizio della professione di avvocato

l’obbligo della ritenuta alla fonte sugli onorari pagati dalla parte soccombente a seguito di una sentenza di condanna alle spese processuali

L'obbligo di effettuare la ritenuta d'acconto si applica anche nei confronti dei soggetti che, in qualità di sostituti d'imposta, erogano compensi in favore del difensore (in qualità di antistatario) della controparte vittoriosa, in esecuzione di una sentenza di condanna alle spese processuali.

Ciò in quanto, come precisato dall'Amministrazione finanziaria mediante la Risoluzione dell'Agenzia delle Entrate numero 8/1619 dell'8 novembre 1991, il debito, indipendentemente dall'esistenza di un diretto rapporto tra l'avvocato distrattario e la parte che esegue il pagamento, rimane qualificato dal suo originario contenuto, oggettivamente considerato, di corrispettivo dovuto per le prestazioni professionali rese e, come tale, è soggetto all'obbligo della ritenuta alla fonte a titolo di acconto ai sensi dell'articolo 25 del DPR numero 600 del 1973.

l'obbligo della ritenuta sui compensi pagati dalla parte soccombente a seguito di una sentenza di condanna alle spese processuali, in favore della parte vittoriosa che, avvalendosi della propria qualità di avvocato, si è difesa personalmente

Analogo trattamento fiscale deve essere applicato nell'ipotesi in cui le spese del giudizio siano liquidate in favore del soggetto che, avvalendosi della propria qualità di legale abilitato, abbia esercitato la facoltà prevista espressamente dall'articolo 86 del codice di procedura civile e si sia, pertanto, difeso in giudizio personalmente.

Tale ipotesi si differenzia, invece, da quella contemplata dall'articolo 82, comma 1 del codice di procedura civile, che prevede la possibilità, per ogni cittadino, a prescindere dalla sua qualifica, di stare personalmente in giudizio nelle cause il cui valore non ecceda euro 516,46.

Le due fattispecie, invero, si differenziano notevolmente sia per i presupposti che per gli effetti che ne derivano.

A tale proposito, la Suprema Corte di Cassazione, mediante la sentenza numero 12680 del 9 luglio 2004 ha precisato che "la parte che sta in giudizio di persona può chiedere solo il rimborso delle spese vive sopportate, invece, il legale, ove manifesti la sua intenzione di operare come difensore di sé medesimo, ha diritto alla liquidazione delle spese secondo la tariffa professionale".

Ne consegue un differente trattamento fiscale delle somme corrisposte alla parte vittoriosa.

In particolare, mentre le spese rimborsate al privato cittadino hanno natura risarcitoria e non presentano alcuna rilevanza reddituale, le somme liquidate a titolo di rifusione delle spese di giudizio, comprensive degli onorari professionali, in favore dell'avvocato che si è avvalso della facoltà di cui al richiamato articolo 86 del codice di procedura civile, mantengono la stessa qualificazione e lo stesso trattamento delle somme corrisposte alla parte vittoriosa che ha ottenuto dal giudice la distrazione delle spese processuali a suo diretto favore. Pertanto, la parte soccombente che paga i compensi professionali, se riveste la qualifica di sostituto d'imposta, deve operare la ritenuta alla fonte a titolo di acconto ai sensi dell'articolo 25 del DPR numero 600 del 1973 (cfr., sul punto, la Risoluzione numero 106/E del 19 settembre 2006 dell'Agenzia delle Entrate, nonché, in senso conforme, la Circolare numero 203/E del 6 dicembre 2004).

l’obbligo della ritenuta alla fonte sui compensi corrisposti a società tra avvocati costituite ai sensi del decreto legislativo 2 febbraio 2001, numero 96.

Analogamente alle fattispecie appena esaminate, l'obbligo di operare la ritenuta d'acconto sussiste anche con riferimento ai compensi corrisposti in favore di società tra avvocati costituite ai sensi del decreto legislativo 2 febbraio 2001, numero 96.

A tale proposito, l'Agenzia delle Entrate con la Risoluzione numero 118/E del 28 maggio 2003 ha, infatti, precisato che alle società tra professionisti deve ritenersi applicabile la disciplina dettata per le associazioni senza personalità giuridica  costituite tra persone fi siche per l'esercizio in forma comune di arti e professioni, ai sensi dell'articolo 5, comma 3, lettera a) del Tuir; infatti, per l'Agenzia, il rinvio alle disposizioni che regolano la società in nome collettivo operata dalla normativa istitutiva delle Società fra avvocati (S.t.p.), "opera ai soli fini civilistici, in quanto consente di determinare le regole di funzionamento del modello organizzativo, mentre, ai fini fiscali, per ragioni di coerenza del sistema impositivo, occorre dare risalto al reale contenuto professionale dell'attività svolta".

Ne consegue che i redditi prodotti dall'esercizio in forma comune dell'attività di avvocato, realizzati con il modello di società tra professionisti, costituiscono redditi di lavoro autonomo ai sensi dell'articolo 49 del Tuir e non, invece, redditi d'impresa; come tali, i compensi erogati sono soggetti all'obbligo della ritenuta alla fonte se corrisposti da soggetti che rivestono la qualifica di sostituto d'imposta ai sensi dell'articolo 25 del DPR 600/73.

Ritenuta alla fonte - Gli adempimenti formali e sostanziali gravanti sul sostituto di imposta

Come premesso, il sostituto d'imposta deve versare all'erario la ritenuta operata sul compenso corrisposto al professionista.

Il versamento deve essere effettuato entro il giorno 16 del mese successivo a quello del pagamento del compenso, utilizzando il modello di delega unica di pagamento F24, presso gli sportelli di qualsiasi concessionario del servizio di riscossione, di qualsiasi banca delegata o di qualsiasi ufficio postale abilitato situati sul territorio nazionale.

Sotto il profilo sanzionatorio, deve rammentarsi che con l'articolo 1, comma 414 della legge 30 dicembre 2004, numero 311 (la legge finanziaria per il 2005) è stata introdotta una nuova ipotesi di reato tributario, rappresentata dall'omesso versamento di ritenute certificate.

In base alla nuova disposizione "È punito con la reclusione da sei mesi a due

anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale del sostituto di imposta, le ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo d'imposta" (cfr. l'articolo 10-bis del decreto legislativo 10 marzo 2000, numero 74, recante la disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, così come modificato dalla legge 311/2004).

A tale proposito deve precisarsi che, l'articolo 37, comma 10, numero 3, lettera d), del decreto legge 4 luglio 2006, numero 223 convertito, con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, numero 248, con effetti a decorrere dal 1 maggio 2007, ha disposto che il modello di certificazione unica dei redditi ( modello Cud) da parte del datore di lavoro, dovrà avvenire entro il 28 febbraio dell'anno successivo a quello di riferimento.

Il nuovo termine, come ribadito dall'Agenzia delle Entrate mediante la Circolare numero 28/E del 2006 interessa anche le altre certificazioni, quali quelle di lavoro autonomo, provvigioni, e redditi diversi ovvero degli utili e dei proventi equiparati.

La mancata o tardiva consegna delle certificazioni ovvero il rilascio delle medesime con dati incompleti o non veritieri è punita, ai sensi dell'articolo 11, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 18 dicembre 1997, numero 471, con la sanzione amministrativa da 258 euro ad 2.065 euro (cfr. la Circolare numero 23/E del 25 gennaio 1999, mediante la quale l'Amministrazione finanziaria ha precisato che la sanzione prevista dal richiamato articolo 11 del decreto legislativo numero 471 del 1997 è applicabile anche alle violazioni degli obblighi di certificazione del sostituto d'imposta).

Il sostituto d'imposta, infine, è tenuto a dichiarare all'Amministrazione finanziaria i compensi corrisposti a terzi e le ritenute operate presentando una apposita dichiarazione fiscale, il Modello 770 o dichiarazione del sostituto d'imposta, unica per tutti i sostituiti e relativa a tutti i redditi assoggettati a ritenuta corrisposti nell'anno precedente.

Il modello 770 contiene, tra gli altri dati, l'indicazione delle generalità, dell'indirizzo, del codice fiscale, del comune di iscrizione anagrafica di ciascun percettore, nonché l'ammontare delle somme corrisposte e delle ritenute effettuate.

Inoltre, la ritenuta alla fonte sui redditi di lavoro autonomo, opera a titolo di acconto dell'Irpef dovuta dal percipiente sul quale, pertanto, gravano gli ordinari obblighi dichiarativi.

Il professionista, pertanto, dovrà calcolare l'imposta lorda dovuta sul proprio reddito complessivo, detraendo poi dalla stessa le ritenute alla fonte subite, a titolo di acconto sui redditi percepiti nel periodo d'imposta di riferimento.

A tale proposito, si ricorda che, l'Amministrazione finanziaria, nell'ambito della procedura di controllo formale delle dichiarazioni, esercitabili ai sensi dell'articolo 36 ter, comma 2, lettera a) del DPR numero 600 del 1973, può "escludere in tutto o in parte lo scomputo delle ritenute d'acconto non risultanti dalle dichiarazioni dei sostituti d'imposta, dalle comunicazioni di cui all'articolo 20, terzo comma, del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, numero 600 o dalle certificazioni richieste ai contribuenti ovvero delle ritenute risultanti in misura inferiore a quella indicata nelle dichiarazioni dei contribuenti stessi".

Peraltro, l'Agenzia delle Entrate, volendo venire incontro alle esigenze dei contribuenti, ha chiarito con la Risoluzione numero 68/2009 che lo scomputo delle ritenute subite, è ammesso pur in assenza della certificazione rilasciata dal sostituto d'imposta, a condizione che sia possibile comprovare l'importo effettivamente percepito tramite la contemporanea esibizione della fattura e della documentazione rilasciata da banche ed altri intermediari finanziari, da cui risulti l'importo percepito.

In sede di controllo, oltre alla suddetta documentazione, sarà necessario rilasciare una dichiarazione sostitutiva di atto notorio in cui il contribuente dichiari che la documentazione prodotta è riferita esclusivamente alla fattura e che a fronte della stessa non vi sono stati altri pagamenti da parte del sostituto.

Per fare una domanda su detrazioni, deduzioni ed agevolazioni fiscali; termini di prescrizione degli accertamenti; notifica, pagamento e dilazione della cartella esattoriale; pignoramento esattoriale, fermo amministrativo ed iscrizione ipotecaria; ravvedimento operoso, autotutela, adesione e ricorso tributario; e su tutti gli argomenti correlati a questo articolo, clicca qui.

27 Agosto 2013 · Giorgio Valli


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2 risposte a “IRPEF – Ritenuta alla fonte”

  1. Alcatraz ha detto:

    Al riguardo degli interessi di mora, essi sono calcolati sull’intero importo della fattura professionale e pertanto sono soggetti a ritenuta di acconto e a contributo integrativo 4% della cassa di appartenenza, mentre sono esenti da IVA ex articolo 15 DPR. Pertanto si chiede se essi sebbene non soggetti a IVA divengono soggetti a iva solo sulla parte del contributo integrativo del 4% cui sono soggetti, divenendo di fatto di valore indeterminato essendo gli stessi interessi calcolati su tutto e cioé onorari+ spese + cassa +iva +bollo eventuale.

    • La norma è chiara: gli interessi di mora si applicano al totale imponibile della fattura, IVA esclusa, ovvero sulla somma del corrispettivo, del contributo previdenziale obbligatorio e sulle spese forfetarie eventualmente dovute.

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