La pensione di reversibilità va ripartita fra la vedova e il coniuge divorziato

Le norme inerenti la pensione di reversibilità, si interpretano nel senso che per titolarità dell'assegno deve intendersi l'avvenuto riconoscimento di esso da parte del Tribunale. Tale riconoscimento è intervenuto, essendo in corso il giudizio per la determinazione dell'assegno alla morte del pensionato, e il Tribunale ha dichiarato il diritto del coniuge divorziato alla reversibilità.

La giurisprudenza della Corte di cassazione ha più volte affermato che il diritto all'assegno di reversibilità può essere dichiarato anche dopo il decesso dell’ex coniuge nel corso del giudizio, permanendo l’interesse del coniuge divorziato alla pronuncia.

Inoltre, secondo i giudici di legittimità, così come si evince dalla lettura della sentenza 23102/14, la ripartizione della pensione di reversibilità fra coniuge divorziato (70%) e vedova (30%) operata dai giudici di merito, è ineccepibile, fondandosi su argomentazioni basate sulle risultanze di una consolidata giurisprudenza.

Sul punto, va inoltre registrata anche la recente sentenza della Corte di cassazione 9649/15, con la quale i giudici di legittimità hanno ribadito che la pensione di reversibilità va riconosciuta anche al coniuge separato per colpa o con addebito, equiparato sotto ogni profilo al coniuge superstite (separato o non) e in favore del quale opera la presunzione legale di vivenza a carico del lavoratore al momento della morte.

In pratica, la legge (903/1965, art. 22) non richiede (a differenza che per i figli di età superiore ai diciotto anni, per i genitori superstiti e per i fratelli e sorelle del defunto, etc), quale requisito per ottenere la pensione di reversibilità, la vivenza a carico al momento del decesso del coniuge e lo stato di bisogno, ma unicamente l’esistenza del rapporto coniugale col coniuge defunto pensionato o assicurato.

In definitiva, nella legge citata la ratio della tutela previdenziale è rappresentata dall'intento di porre il coniuge superstite al riparo dall'eventualità dello stato di bisogno, senza che tale stato di bisogno divenga (anche per il coniuge separato per colpa o con addebito) concreto presupposto e condizione della tutela medesima.

30 Novembre 2014 · Rosaria Proietti


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2 risposte a “La pensione di reversibilità va ripartita fra la vedova e il coniuge divorziato”

  1. Margareta Cacso ha detto:

    Volevo sapere quali sono le condizioni per avere la pensione di reversibilità del coniuge divorziato, tenendo conto che il coniuge si e risposato dopo il divorzio. Dopo il divorzio non ho percepito assegno di mantenimento ma se ho capito bene è possibile chiederlo anche dopo. Ho una figlia studente di 21 anni.

    • Ornella De Bellis ha detto:

      In pratica, la legge (903/1965, art. 22) non richiede (a differenza che per i figli di età superiore ai diciotto anni, per i genitori superstiti e per i fratelli e sorelle del defunto, etc), quale requisito per ottenere la pensione di reversibilità, la vivenza a carico al momento del decesso del coniuge e lo stato di bisogno, ma unicamente l’esistenza del rapporto coniugale col coniuge defunto pensionato o assicurato.

      Il suo unico problema è rappresentato dal fatto che non le è stato riconosciuto l’assegno divorzile, probabilmente perché non versava in uno stato di bisogno al momento del divorzio. Tuttavia, nella legge citata la ratio della tutela previdenziale è rappresentata dall’intento di porre il coniuge superstite al riparo dall’eventualità dello stato di bisogno, senza che tale stato di bisogno divenga (anche per il coniuge separato per colpa o con addebito) concreto presupposto e condizione della tutela medesima.

      Conformemente a quanto è stato riconosciuto dalle sentenze della Corte di cassazione 23102/14 e 9649/15.

      Dunque, non le resta che contattare un buon avvocato per affermare il suo diritto ad una quota della pensione di reversibilità.

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