Il rent to buy e l’affitto con riscatto » Ecco quali sono le più gettonate alternative al mutuo

Il rent to buy come alternativa al mutuo

In questi tempi di recessione e crisi economica, accedere ai finanziamenti per l'acquisto della prima casa è divenuta ormai un’impresa. Sono sempre meno le banche che concedono il mutuo e gli italiani stanno scoprendo vie alternative per acquistare un immobile. Scopriamo il rent to buy.

Negli utlimi anni è stata forte la crescita delle formule di compravendita alternative, genericamente definite rent to buy.

Il fenomeno, non quantificabile con dati ufficiali, è alimentato dai costruttori, che provano così a muovere lo stock di invenduto, e dalle difficoltà delle famiglie ad accedere a un mutuo e quindi condurre un acquisto tradizionale.

Non solo, certo: perché c'è anche chi ad esempio sceglie di cambiar casa nell'attesa di vendere la vecchia abitazione.

L'idea alla base del rent to buy è quella di un contratto di locazione sul quale si innesta, con varie modalità, un contratto di compravendita.

Per derogare alla prassi secondo la quale la stipula di una compravendita immobiliare coincide con il pagamento del saldo al venditore.

In questo quadro lavorano e si ingegnano gli operatori per offrire la formula giusta e accompagnare all'acquisto gli interessati, ma con una serie di garanzie che aiutino a superare le possibili reticenze.

La parola rent to buy, usata anche in Italia per definire l'affitto con riscatto, comprende infatti diversi schemi giuridici e soluzioni, che creano spesso confusione.

Eppure anche da qui, dall'affitto con riscatto, da un nuovo incontro di domanda e offerta, passa il rilancio del settore immobiliare. Ma a condizione di regole certe e un alleggerimento dal punto di vista fiscale.

Su questi contratti alternativi vertono alcune delle proposte avanzate dal Consiglio nazionale del Notariato.

A partire dall'introduzione nel nostro ordinamento di una disciplina dei contratti di godimento in funzione della successiva vendita di immobili meglio noti come rent to buy.

Una disciplina civilistica e tributaria adeguata a una serie di fattispecie contrattuali, oggi prive di regolamentazione specifica, che nella pratica si presentano in modi diversi.

La tutela civilistica si esplica nei confronti sia dell'acquirente sia del venditore fin dalla fase di godimento, rispetto al rischio di reciproco inadempimento degli obblighi relativi al futuro trasferimento di proprietà.

Quella tributaria, invece, prevede incentivi anche sul piano fiscale attraverso un meccanismo di recupero dei tributi già assolti durante la fase di godimento, limitatamente ai canoni imputati in tutto o in parte al corrispettivo dovuto per la successiva compravendita.

Il secondo punto riguarda il contratto di vendita a rate con riserva di proprietà, ove il passaggio di proprietà è legato al saldo del prezzo.

Qui si propone di dare al venditore la facoltà di cedere a una banca il credito relativo al pagamento delle rate: a sua volta la banca potrà cedere il credito nell'ambito di un'operazione di cartolarizzazione.

Una terza proposta è poi quella di ridurre il carico fiscale dell'ipoteca legale a garanzia di dilazioni di pagamento del prezzo delle compravendite.

Spesso, infatti, i venditori sono disposti ad accettare il rischio di concedere una dilazione nel pagamento del prezzo all'acquirente a fronte di adeguate garanzie.

Ma una di queste, che è appunto l'iscrizione dell'ipoteca legale, rimane inutilizzata a causa dell'eccessivo costo.

Le particolarità del rent to buy

L'idea di base delle formule di rent to buy, simile all'affitto con riscatto, è quella di un contratto di locazione al quale fa seguito un contratto di compravendita.

Questo è un modo per godere subito dell'immobile in affitto, con la possibilità di acquistarne poi la proprietà imputando i canoni versati a pagamento di una parte del prezzo.

Rinviare l'acquisto di qualche anno permette di guadagnare tempo, e merito creditizio, per ottenere il mutuo (e chiedere eventualmente una cifra più bassa).

Alla cessione si può arrivare attraverso varie soluzioni, ma nella pratica, per quanto si tratti ancora di un fenomeno di nicchia, sono due gli accordi più percorribili: locazione con opzione di futuro acquisto e locazione con preliminare di futura vendita.

Nel caso di locazione con opzione di futuro acquisto l'interessato prende in normale affitto l'abitazione (ad esempio con un contratto 4+4), con la possibilità di esercitare l'opzione di acquisto contenuta nello stesso atto, o in un atto separato.

Entro una certa scadenza prevista nella proposta contrattuale, può quindi scegliere di diventare proprietario dell'immobile.

Durante quel periodo paga però un canone di locazione maggiorato.

In caso decida di comprare entro il termine previsto, questo premio o anche di più, secondo gli accordi, va ad essere scomputato dal prezzo dell'immobile indicato e bloccato all'inizio del contratto di affitto con riscatto.

La parte riconosciuta nel fondo di accumulo è di solito tanto più alta quanto più breve il periodo entro il quale si decide di comprare.

Se l'inquilino decide invece di non esercitare l'opzione di acquisto, oppure semplicemente non può farlo, il contratto prosegue come una normale locazione, ma la maggiorazione nei canoni versati fino a quel momento va persa.

Con la formula detta locazione con preliminare di futura, invece, è necessario un maggior impegno, ma viene concessa migliore garanzia.

In questo caso, il contratto di affitto è combinato con un preliminare che può essere unilaterale, ovvero che obbliga il locatore alla stipula del contratto definitivo, ma lascia facoltà al compratore o bilaterale, cioè che vincola entrambe le parti alla compravendita.

La trascrizione del preliminare ha un costo ma protegge l'acquirente da eventuali eventi pregiudizievoli in capo al venditore.

Anche qui il canone di locazione è maggiorato secondo gli accordi, e se entro tre anni non si dà seguito al preliminare, con un contratto esecutivo di vendita, gli effetti declinano, si prosegue con una normale locazione e si perde il premio sui canoni versati.

Una formula alternativa alle due già esplicate è la vendita con riserva di proprietà, nota anche come patto di riservato dominio.

E' l'unica con un'accertata disciplina normativa.

Con questa procedura, l'acquirente entra in possesso della casa all'atto del rogito, ma con la clausola che la proprietà resti del venditore fino al versamento integrale del prezzo: fin quando, cioè, si esauriscono le rate.

È come se l'acquirente pagasse un mutuo e, infatti, il prezzo ricomprende gli interessi.

Se smette di pagare, il venditore fa dichiarare al giudice la risoluzione del contratto, e la liberazione dell'immobile non è soggetta alle sospensioni e ai rischi tipici degli sfratti.

Il Codice specifica che se la risoluzione ha luogo per l'inadempimento del compratore, il venditore deve restituire le rate riscosse, salvo il diritto a un equo compenso per l'uso del bene, oltre al risarcimento del danno. Un equo risarcimento stabilito dal giudice.

Ma nel contratto può esser già chiarita quale sia la somma che il venditore avrà facoltà di trattenere per ogni mese di occupazione dell'immobile.

Un lato debole del patto di riservato dominio può essere infine quello fiscale, perché si parla di un contratto di compravendita a tutti gli effetti, quindi le relative imposte si pagano subito.

E a carico dell'acquirente sono naturalmente eventuale imposta sull'immobile, tributo per i servizi indivisibili, tassa sui rifiuti, spese ordinarie e straordinarie manutentive, di ristrutturazione.

Importi che, in caso di risoluzione del contratto per inadempimento dell'acquirente, rimangono definitivamente a suo carico. Nell'accordo è bene specificare anche questa rinuncia a ogni eventuale diritto di rivalsa

Quando il venditore ha necessità di cedere subito l'immobile, la soluzione si chiama buy to rent: una compravendita definitiva ma con incasso differito.

Il buy to rent deve le sue origini agli Usa, nato sulle ceneri dello sboom immobiliare dei mutui subprime, ed è stato utilizzato soprattutto dalle banche per riavviare il mercato dell'edilizia.

Si tratta di contratti tagliati su misura di chi vuole comprare ma non ha i soldi o si vede negare il mutuo dalla banca, e di chi vuol riuscire a vendere in un momento difficile.

Ma per lo più il buy to rent è stato scelto da società di costruzione, da privati e da multiproprietari.

In Italia il mercato immobiliare è ancora scosso nelle sue fondamenta.

Nel 2013 le compravendite sono crollate ancora, del 12,7%, benché i prezzi continuino a scendere, intorno al 12%.

La forbice tra domanda e offerta resta ancora ampia, tra il 10 e il 15% del valore di un immobile, e la stretta creditizia non aiuta ad abbassare questi valori.

E contratti di tipo alternativo, come il buy to rent, possono inserirsi in questa forbice, favorendo l’incontro tra venditore e acquirente.

Tra governo e parlamento, intanto, spuntano idee proposte per disciplinare la normativa, nell'ipotesi di arricchire di queste possibilità anche il Piano casa.

Intanto, bisogna fare chiarezza, anche a livello normativo, sulle differenze che incorrono tra affitto con riscatto e buy to rent.

Di base, la prima tipologia di contratto è più simile a un leasing, pagando a rate un bene che si sta già utilizzando fino all'acquisto definitivo.

Il buy to rent, invece, include due contratti: il primo è quello di locazione, normalmente accordato a un canone più salato, intorno al 14%, rispetto ai valori di mercato.

Il secondo è l’opzione di acquisto, attraverso la quale, il compratore, dopo un 3-4 anni di affitto e versando un anticipo del 6% sul valore dell'appartamento, è in grado di accedere più facilmente a un finanziamento e finalmente passare al rogito per l'acquisto definitivo.

Se il conduttore non volesse più acquistare l’immobile o non potesse più mantenere in essere il contratto, è previsto il pagamento di una penale pari a 4/5 rate l’affitto della casa.

Da ottobre 2011 a oggi sono state vendute 50 unità abitative per un valore di circa 10 milioni di euro seguendo questa tipologia di contratti.

Il buy to rent, non ancora disciplinato nel nostro paese, e quindi utilizzato seguendo e sommando contratti già esistenti, si presta bene alle esigenze di alcuni costruttori per vendere gli ultimi lotti uno stabile nuovo.

Negli Usa il buy to rent è gestito da banche e assicurazioni.

Perciò se non entrano in campo soggetti del genere dubito che una disciplina di legge possa far decollare questa tipologia di contratto, che comunque vedrei bene se applicata al social housing.

A proporre una normativa sul buy to rent, intanto, c’è il consiglio del notariato, secondo il quale si tratta di uno schema flessibile di acquisto che permette di diventare proprietari senza dover ricorrere, almeno non subito, al mutuo, pagando un affitto.

Una soluzione ideale per giovani coppie e per immobili al di sotto di 250 mila euro.

16 Luglio 2014 · Andrea Ricciardi


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