Redditometro » Alto tenore di vita grazie ai propri risparmi? L’accertamento è illegittimo

Illegittimo l'accertamento se si dimostra che l'alto tenore di vita è frutto di propri risparmi

Redditometro: è illegittimo l’accertamento sintetico basato sull’alto tenore di vita se il contribuente dimostra che è frutto di risparmi accumulati negli anni.

Questo importante principio è stato stabilito dalla Corte di Cassazione la quale, con la pronuncia 21994/13, ha sancito che: In tema di redditometro, è illegittimo l’accertamento sintetico basato sull’alto tenore di vita se il contribuente dimostra che è frutto di risparmi accumulati negli anni.

Con questa massima, la Suprema Corte ha inflitto un duro colpo al redditometro.

A parere degli Ermellini, infatti, l'amministrazione finanziaria non può ignorare eventuali risparmi messi da parte dal contribuente.

Dunque, in questi casi, se adeguatamente provato, non devono essere presi in considerazione gli indicatori del redditometro che segnalano l’incongruenza tra reddito e spesa.

Il caso

Accolto il ricorso di una coppia, moglie e marito, destinatari di un accertamento Irpef per l’alto tenore di vita tenuto, fra acquisti di auto, immobili e viaggi compiuti.

I due, in tribunale, avevano dimostrato di aver risparmiato negli anni una certa ricchezza, oltre un milione di euro.

Un dato, questo, che l’amministrazione finanziaria non avrebbe dovuto ignorare.

L’atto impositivo era stato subito impugnato di fronte alla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli che però aveva respinto il ricorso dei contribuenti.

La Commissione Tributaria Regionale aveva confermato il verdetto, costringendo i due consorti a ricorrere per Cassazione.

Ed è qui, che, con la sentenza in esame, è stata completamente ribaltata la decisione ed accolto il ricorso dei due coniugi.

Ma non è la prima volta che i Tribunali si dichiarano contrari ai termini di valutazione del redditometro.

Precedenti

Già in precedenza, la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Campobasso si era pronunciata sulla questione, spiegando che doveva essere considerato nullo l'accertamento fiscale basato sul redditometro, perchè illegittimo.

Infatti, con la sentenza 117/2013, aveva decretato che: il decreto ministerialenumero 65.648 del 24/12/2012 e le annesse tabelle applicative, costituenti il “Redditometro” sono illegittimi per evidente contrasto con i commi 4 e 5 dell'articolo 38 del DPR numero 600 del ’73 poiché utilizzano, come parametro per determinare le spese medie delle famiglie italiane, l’attività svolta dall'ISTAT, così assumendo criteri diversi dalla specifica normativa tributaria. Il redditometro non differenzia tra cluster di contribuenti ma distingue le varie tipologie familiari sulla base di macroaree geografiche, ponendo all'interno di esse categorie di contribuenti che si diversificano nettamente tra di esse, così violando i criteri progressivi della capacità contributiva delle persone secondo quanto stabilito dall'articolo 53 della Carta Costituzionale. I parametri posti dal redditometro, inoltre, sovente contrastano con i dati reali, con i principi generali dell'economia e, relativamente alla valutazione degli immobili, con i valori scaturiti dall'O.M.I.

Insomma, i giudici della Commissione si erano espressi contro i parametri usati dal redditometro, secondo loro troppo generici.

Inoltre, a loro parere questi criteri non prenderebbero in considerazione la reale capacità contributiva dei cittadini.

Ma non è finita.

Un'altra stangata al redditometro era arrivata con la sentenza 146/2013 della Ctp di Bari, con la quale era stato disposto che: l'ufficio non può emettere l'atto impositivo fondato sui parametri senza personalizzare la pretesa fiscale sulle indicazioni fornite dal contribuente in sede di contraddittorio. Si tratta infatti di presunzioni semplici e l'onere della prova resta a carico dell'ufficio.

Con questa importante conclusione era stato accolto il ricorso di un pensionato che chiedeva l'annullamento di un accertamento sintetico di un presunto reddito in quanto proprietario di due automobili e due abitazioni.

L'uomo aveva spiegato che la possibilità di mantenere due abitazioni e le macchine derivava in parte dalla pensione della moglie e, in altra parte, da titoli di credito che possedeva.

Ma, nonostante le giustificazioni, l'ufficio dell'Agenzia delle Entrate aveva emesso l'atto impositivo che è stato annullato, appunto, con questa pronuncia.

Considerazioni

Insomma, in un momento delicato come quello attuale, dove l’amministrazione finanziaria sta per inviare migliaia di lettere-questionari agli italiani non congrui, arrivano decisioni giudiziarie che mettono in discussione il più diffuso strumento di accertamento fiscale.

Per i magistrati, il redditometro, sarebbe lesivo della privacy, troppo generico e non adeguato alla realtà.

22 Ottobre 2013 · Giorgio Valli




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