Il rapporto debiti/reddito delle famiglie italiane è schizzato ad un preoccupante 57% alla fine del 1° semestre 2009

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Sempre più alta per le famiglie italiane la percentuale del reddito destinata al pagamento dei debiti.

Notoriamente l’Italia ha un elevato debito pubblico (104% del PIL) ma un basso livello di indebitamento generale delle famiglie, arrivato nel 2009 (secondo Uniocamere) al 34,2% del PIL, contro il 50% della Francia, l’83,6% della Spagna e neppure paragonabile alla situazione di UK e Usa dove supera di slancio il 100% del PIL.

Mentre il debito delle famiglie italiane rispetto al reddito (secondo il bollettino di luglio 2009 della Banca d'Italia) è invece pari al 57%, contro la media dell'area euro del 93%.

Buone notizie dunque? Sicuramente si, ma secondo il centro studi Liberi dai Debiti, occorre tener presente anche le variazioni che ci sono state negli anni. Se si guarda infatti il bollettino Bankitalia del gennaio 2009, si scopre che un anno fa, “nel terzo trimestre del 2008, il debito delle famiglie in rapporto al reddito disponibile era al 49%”. Nel 2007 era del 48% nel 2007 e del 46% nel 2006.

In sostanza, in meno di tre anni il rapporto debiti / reddito è passato dal 46% al 57% segnando un incremento di + 11 punti percentuali in appena tre anni. In sostanza la situazione debitoria delle famiglie italiana è passata dall'essere meno della 1/2 di quella media dell'area euro, a circa i 2/3 della media europea (che in verità ha pure registrato un aumento).

L’incidenza dei debiti delle famiglie rispetto al PIL, nel 2001 in Italia era pari al 18% e nello stesso periodo la Francia era a quota 37%, la Spagna al 58% e al 108% UK. Ciò significa che in meno di dieci anni in Italia si è registrata una crescita dell'indebitamento superiore al 90% contro incrementi molto più contenuti (+35% della Francia, + 44% Spagna) o nulli (0% UK) degli altri Paesi.

È indubbio che l’accelerazione, soprattutto quelle più recenti, considerando che nell’ultimo anno sono rimasti sostanzialmente stabili gli impegni finanziari delle famiglie, è attribuibile probabilmente ad una diminuzione dei redditi disponibili, facilmente imputabile agli esiti della crisi economica contingente.

La Banca d'Italia è inoltre preoccupata per il probabile aumento delle sofferenze bancarie nel corso dell'anno, dopo che già il 2008 ha evidenziato l’incremento di poco meno di un terzo delle esposizioni deteriorate (sofferenze, incagli, esposizioni ristrutturate, scadute o sconfinanti da oltre 180 giorni). «L’accelerazione - spiega il responsabile della Vigilanza della banca centrale, Stefano Mieli - è stata forte negli ultimi due trimestri del 2008 ed è proseguita nei primi tre mesi di quest’anno».

In questo scenario è uscito nelle librerie “Siamo tutti debitori” di Gianpaolo Luzzi ed. Elliot, libro che analizza con un taglio aziendalistico l’indebitamento delle famiglie, fornendo utili e concreti spunti per migliorare il rapporto con le proprie finanze.

Interessante, in questo contesto, lo stralcio dal capitolo 4 del libro:  “Quanto indebitamento può sopportare una famiglia? Si sente spesso dire in televisione, o si legge sui giornali, che una famiglia non dovrebbe indebitarsi per oltre il 25-30% del proprio reddito. […] La cosa non mi convince granché. Intanto il 30% di cosa? Se una famiglia vive, anzi sopravvive con solo 1000 eur al mese, destinare 300 eur per la rata dell'auto nuova mi sembra un vero suicidio. […]

Proviamo a fare un esempio concreto e prendiamo una famiglia tipo composta dal Sig. Mario Rossi, da sua moglie e dal loro bambino. I signori Rossi lavorano e si sono indebitati per acquistare la casa dove abitano, l’auto e i mobili. Hanno uno stile di vita sobrio e attento. Se andiamo a vedere il conto economico, il bilancio della famiglia risulta positivo.

La differenza fra entrate e uscite mostra un utile di 100 eur. Bene. Ora andiamo a vedere quanto incidono le rate dei tre finanziamenti in essere (mutuo, auto e mobili) sul reddito:

600 + 150 + 100 = 850
850 x 100 / 2600 = 32%

Ci stiamo muovendo nei parametri consigliati da tutti. Tutto a posto allora? La famiglia Rossi può stare tranquilla? Insomma… Vediamo perché. In ambito aziendale esiste un parametro per misurare la salute finanziaria di un’impresa. E’ il rapporto debt/equity, ovvero il rapporto tra le diverse componenti del debito societario e i propri mezzi (capitale e riserve dell'azienda).

Questo rapporto serve inoltre per valutare la sostenibilità di un determinato indebitamento finanziario. In cosa consiste questa sostenibilità? Semplice: si va a rapportare il debito finanziario con i soldi che si è sicuri di trovare in azienda. Per cui, se il rapporto debt/equity: a) è maggiore di 1, significa che l’indebitamento supera il patrimonio netto e quindi viene messa in dubbio la sostenibilità di questo debito.

In generale, quindi, un valore del genere è considerato aziendalmente negativo; b) è compreso tra 0 e +1 (quindi positivo ma < 1), significa che il patrimonio netto supera l’indebitamento, che quindi è presente, ma sostenibile; c) è compreso tra 0 e -1 (quindi negativo ma maggiore di -1 ), significa che non c’è indebitamento finanziario (quindi la posizione finanziaria netta è positiva) e in generale è sintomo di ottimo di ottima salute aziendale, ma di una società che al momento non sta investendo molto (l’indebitamento è normalmente necessario per investire, e avere posizione finanziaria netta positiva significa non investire); d) è maggiore di 2 oppure minore di -1 (valori estremi), in linea di massima ci troviamo di fronte ad aziende o a rischio fallimento (nel primo caso), oppure del tutto immobili, con poche prospettive di crescita (nel secondo).

Vogliamo provare ad adattare questo discorso alla famiglia Rossi? Allora prendiamo il suo stato patrimoniale. Come abbiamo visto, dovrebbe essere considerata economicamente e finanziariamente tranquilla, per cui il mio potrebbe apparire uno scrupolo eccessivo. Verifichiamo però com’è messa in termini di debt/equity: […] Venendo alle conclusioni, ecco la “sorpresa”: l’indebitamento della famiglia Rossi supera il patrimonio netto.

L’indice infatti è superiore a +1. Nel caso di questa famiglia (contrariamente ad un’azienda sana), i debiti sottoscritti non sono neppure forieri di un ritorno economico, di un reddito. E quindi? Questa famiglia può “stare tranquilla”, si, ma solo a patto che non accadano imprevisti come l’aumento del tasso di interesse dei mutui o, peggio, la perdita del lavoro di uno dei coniugi. […] Ciò dimostra che i parametri generici, buttati lì a “buonsenso” o per sentito dire, valgono quel che valgono. […]”

17 Settembre 2009 · Chiara Nicolai




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