Quando il chiamato rinuncia all’eredità o perde il diritto di accettare

Come ben sanno i creditori, la legge mette a disposizione uno strumento molto efficace a loro tutela nel caso in cui vi sia accettazione dell'eredità con beneficio di inventario. Lo scopo della tutela è quello di abbreviare il termine decennale per l’accettazione.

L’articolo 481 del codice civile, infatti, può prevedere la fissazione di un termine perentorio per l’accettazione, più breve di quello decennale. Chiunque vi abbia interesse, può chiedere che l’autorità giudiziaria fissi un termine più breve entro il quale il chiamato deve dichiarare se accetta o rinuncia all'eredità (actio interrogatoria).

Legittimati a proporre l'azione sono i chiamati ulteriori, cioè coloro che potrebbero succedere se il chiamato non accettasse l'eredità, ma anche i creditori dell'eredità e quelli personali del chiamato che accetta con beneficio di inventario.

Trascorso questo termine, senza che il chiamato all'eredità, che ha accettato con beneficio di inventario, abbia reso la dichiarazione, egli perde il diritto di accettare.

Ma, cosa succede se il defunto lascia un testamento con il quale devolve tutta o parte della quota disponibile al soggetto che accetta l'eredità con beneficio di inventario e successivamente perde il diritto ex articolo 481 del codice civile?

Alla domanda hanno risposto i giudici della Corte di cassazione con la sentenza 22195/14.

La perdita del diritto di accettare l’eredità comporta anche la perdita della qualità di chiamato all'eredità e di conseguenza l'inefficacia della chiamata all'eredità per testamento.

22 Ottobre 2014 · Ludmilla Karadzic


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2 risposte a “Quando il chiamato rinuncia all’eredità o perde il diritto di accettare”

  1. Anonimo ha detto:

    Non presentandomi in udienza alla chiamata accettazione/ rinuncia, perderei dunque il diritto ad accettare. Chi subentrerebbe al mio posto? Mia nipote, indicata come altro coerede nel testamento, oppure mia figlia erede in linea retta testamentaria?
    Grazie

    • Come abbiamo esposto nell’articolo, chiunque vi ha interesse (un creditore, ad esempio, o un coerede) può chiedere che l’autorità giudiziaria fissi un termine entro il quale il chiamato dichiari se accetta o rinunzia all’eredità. Trascorso questo termine senza che abbia fatto la dichiarazione, il chiamato perde il diritto di accettare: è quanto dispone l’articolo 481 del codice civile. Legittimati a proporre l’azione sono anche i chiamati ulteriori, cioè coloro che potrebbero succedere se il primo chiamato non accettasse l’eredità.

      In sostanza, non accettare o rinunciare esplicitamente all’eredità blocca la ripartizione dei beni lasciati dal defunto fra gli eredi e costringe anche gli eventuali legittimari di chi non scioglie la riserva (sua figlia, nella fattispecie) ad intraprendere un’azione legale con spese di onorari d’avvocato e tempi di attesa della sentenza, rilevanti.

      Un’azione, quella dell’erede che non accetta, nè rinuncia esplicitamente all’eredità e nemmeno l’accetta con beneficio di inventario, lasciando in stand by la procedura successoria, che avrà sicuramente le sue motivazioni (un dispetto ai coeredi e ai propri legittimari rappresentanti) e che si risolve in un esborso di parcelle di avvocato e contributo unificato (spese di giustizia) per coloro che alla propria quota di eredità vorrebbero accedere in tempi brevi.

      Per inciso il valore dei beni lasciati alla pronipote dal de cuius deve rientrare nella valore della quota spettante al disponente (e stabilita per legge) disponibile, altrimenti gli altri coeredi legittimari (fra cui lei) potrebbero anche impugnare il testamento per lesione della quota di legittima.

      A tale proposito la invito a leggere questo articolo.

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