Parte la protesta contro i fast food » Boicottiamoli

Parte la grande protesta dei lavoratori dei Fast food, mal pagati e senza diritti: lo sciopero è mondiale, il boicottaggio va da Roma fino a New York.

E' cominciata la protesta, internazionale, dei dipendenti di McDonald's, Burger King, Starbucks.

Negl U.S.A nell'ultimo anno ci sono stati scioperi e occupazioni in oltre 60 città.

In Italia, spiega la CGIL, ormai è un impiego stabile, l'età media aumenta e la maggior parte dei contratti sono part-time. Anche nel nostro paese lo scontro aziende-sindacati è arrivato al culmine.

Già, la protesta stavolta è davvero globale.

Alza la voce la lotta internazionale dei lavoratori dei fast food, da McDonald’s a Burger King.

L'eco della protesta fa il giro del mondo: i lavoratori Dublino seguono quelli di Buenos Aires. Mozzafiato la contestazione francese, davanti a Starbucks. Emozionante la catena umana davanti a Cherry Barry, catena di yogurt-bar. E poi Porto Seguro, in Brasile o Auckland in Nuova Zelanda.

L’idea è nata durante il primo meeting internazionale organizzato a New York dall'International Union of Food (Iuf) il 5 e 6 maggio 2014.

All'incontro hanno partecipato i rappresentanti sindacali dei lavoratori dei fast food di 33 paesi. La mobilitazione in Italia ci sarà oggi, 16 maggio 2014 e vedrà cortei a Roma e a Milano.

Ma la spinta principale è venuta direttamente dagli Stati Uniti, il centro del mondo, ormai.

La vertenza che vede impegnati i lavoratori del fast food, a partire da McDonald’s, ha attraversato, nell'ultima decade, almeno 60 città con scioperi, picchetti e occupazioni simboliche dei ristoranti.

In parte per effetto del clima di Occupy Wall Street, ma soprattutto per il peggioramento delle condizioni di lavoro negli Usa.

La paga oraria del settore, infatti, è di 8,94 dollari e in quella somma va compreso l’intero welfare, a partire dall'assistenza sanitaria.

in molte città, come ad esempio New York, si supera di poco il minimo legale orario che è 7,25 dollari l’ora contro la media nazionale che è di 18,30 dollari.

Per questo parole d’ordine per l’aumento del salario e per il diritto a organizzarsi sindacalmente hanno fatto sempre più presa fino ad arrivare alla siderale rivendicazione della Fightforfivteen, la lotta per i 15 dollari orari.

Un modo per ribadire che i lavoratori del settore, ormai, non percepiscono più il proprio lavoro come precario o temporaneo ma come quello che gli darà da vivere per un periodo più o meno lungo.

Ad aiutare la vertenza, negli Usa, c’è stata la campagna per il rinnovo del sindaco di New York, che ha visto molti candidati impegnati a fianco dei manifestanti, che non sono certamente la maggioranza dei lavoratori dei fasto food, ma soprattutto la proposta del presidente Obama di portare il salario minimo legale a 9 dollari l’ora.

Un modo per parlare alla comunità afro-americana e ispanica che rappresenta un bacino elettorale importante.

In ogni caso, la miscela ha funzionato e l’effetto è stato quello di innescare la prima protesta globale.

La situazione in Italia –in parte è diversa ma in fondo è la stessa.

Da noi la paga oraria per un quarto livello, il più diffuso, è di 7,6 euro l’ora.

Bassa ma, paradossalmente, migliore di quella statunitense perché i nostri livelli di welfare garantiscono contributi previdenziali e sanità pubblica.

Quello che equipara le condizioni a livello internazionale, però, è che lavorare da McDonald’s, non è più sinonimo di precarietà giovanile.

L’età media aumenta e, per molti diventa un impiego stabile.

Solo che la maggior parte dei contratti, a tempo indeterminato, è fatto da part-time da 20 ore.

La precarietà resta la regola.

Molto duro, invece, è lo stato delle relazioni sindacali.

La categoria, in cui si trovano McDonald’s, Autogrill e altri, è rappresentata da Fipe-Confcommercio che ha annunciato la disdetta del contratto nazionale.

16 Maggio 2014 · Genny Manfredi




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