Prestiti tra parenti » Il diritto alla restituzione va provato

Prestiti tra familiari: se in tribunale si chiede la restituzione di una somma di denaro data a titolo di mutuo, l’attore deve fornire la prova rigorosa dell’esistenza di un accordo pregresso per la restituzione dell’importo.

Ove in giudizio si chieda la restituzione di una somma di denaro conferita a titolo di mutuo, e la vicenda si inserisca nell'ambito dei rapporti familiari, l’attore deve fornire la prova rigorosa della pattuizione del diritto alla restituzione dell’importo.

Questo l'orientamento espresso dalla Corte di Cassazione, con sentenza 17050/14.

Nell'ambito dei prestiti tra consanguinei, chiedere la restituzione di una somma, appunto prestata, è più complicato dopo la pubblicazione della sentenza in esame, per il semplice fatto che, in questi casi, è difficile vincere la presunzione che si è trattato di una semplice donazione.

Non è raro che i genitori elargiscano somme di denaro senza pretenderne la restituzione: allo stesso modo avviene con gli affini, come nella fattispecie, nel caso in cui il suocero regali del denaro al genero per un sostegno alla nuova famiglia della propria figlia.

Ebbene, qualora si intendesse ottenere la restituzione della somma bisogna dimostrare che, alla base della consegna del denaro, vi era un contratto di mutuo.

Infatti, a parere degli Ermellini, qualora si arrivi ad una causa, la dimostrazione dell’esistenza del mutuo deve essere offerta in modo rigoroso: in altre parole, non ci si può limitare a una semplice affermazione, perché, in mancanza di prove, il giudice riterrà che si è trattato di una classica liberalità tra familiari, come di norma avviene.

Sempre secondo piazza Cavour, l’onere della prova deve ritenersi più rigoroso proprio nei casi in cui i prestiti di denaro avvengano nell’ambito di rapporti familiari, dove spesso i genitori offrono degli aiuti senza pretendere la restituzione.

Il principio vale a maggior ragione dopo la separazione personale, quando i rapporti diventano conflittuali fra i coniugi e le rispettive famiglie.

Ricordiamo che dall'altra parte, però, il beneficiario della somma, se non vuole subire l’ordine di restituzione, deve riuscire a dimostrare la ragione per la quale ne ha ottenuto la consegna. Lo stesso, dunque, deve dare prova del diritto a incamerare il denaro ricevuto.

8 Settembre 2014 · Gennaro Andele




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4 risposte a “Prestiti tra parenti » Il diritto alla restituzione va provato”

  1. Anonimo ha detto:

    Nel bonifico è indicata la causale “prestito infruttifero dalla nonna a XY”, ma nella suddivisione non è stato conteggiato, e quindi come si procede? Si può richiedere la restituzione posteriormente?

    • Ornella De Bellis ha detto:

      Gli eredi sono anche titolari pro quota dei crediti della defunta: pertanto ciascuno di essi (indipendentemente uno dall’altro – probabilmente esclusa la madre del debitore), potrà esperire le normali azioni bonarie (persuasione alla restituzione) stragiudiziali (formale messa in mora del debitore) e giudiziali (decreto ingiuntivo, precetto, pignoramento) finalizzate al recupero del credito per rientrare, pro quota, di quanto prestato al nipote debitore dalla nonna (1/3 ciascuno del capitale prestato).

      Attenzione, però: la madre del debitore potrebbe eccepire che metà del capitale prestato è a lei imputabile: in tale evenienza, a meno di non poter dimostrare che i fondi disponibili nel conto corrente cointestato provenissero esclusivamente da accrediti riconducibili alla nonna, i due eredi dovranno accontentarsi, ciascuno, della restituzione di 1/6 del capitale prestato.

  2. Anonimo ha detto:

    La nonna ha concesso un prestito infruttifero ad un nipote (da conto corrente cointestato a firma disgiunta con una figlia, madre del suddetto nipote) ed in seguito è deceduta. I coeredi sono i tre figli, come fare la richiesta di restituzione?

    • Ornella De Bellis ha detto:

      Si tratta di una donazione in vita per la quale gli eredi possono chiedere la riduzione giudiziale per la parte eccedente la quota disponibile dell’eredità, ex articolo 555 del codice civile. Nella fattispecie la quota disponibile al de cuius è pari ad 1/3 dell’asse ereditario.

      In pratica, se la somma prestata eccede 1/3 dell’asse ereditario (cioè di quanto lasciato dalla nonna), la parte eccedente entra a far parte dei 2/3 dell’eredità che i tre figli devono suddividersi e ne potrà essere richiesta la restituzione su decreto del giudice.

      A meno che non esista un documento (una scrittura privata autenticata) che attesti che il trasferimento di denaro al nipote non fosse una donazione, ma un prestito.

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