Prescrizione contributi cassa forense

La prescrizione del credito della Cassa forense per contributi non pagati, nel caso in cui l’avvocato invii dati inferiori rispetto a quelli risultati dalla dichiarazione dei redditi, inizia a decorrere dalla trasmissione dei dati e non dall'effettiva conoscenza che il reddito imponibile dell'anno di riferimento era superiore a quello dichiarato.

Lo ha affermato la sezione Lavoro della Cassazione con la sentenza 6741/2012 che ha respinto il ricorso della Cassa di previdenza e assistenza forense nei confronti di un proprio iscritto.

Il professionista aveva comunicato alla Cassa un reddito inferiore rispetto a quello dichiarato ai fini della dichiarazione Irpef. L’istituto aveva quindi agito nei suoi confronti per recuperare i contributi non pagati e risultanti dal maggior reddito.I giudici, però, pur riconoscendo la legittimità della pretesa della Cassa forense, hanno respinto la domanda per intervenuta prescrizione del credito.

Contro questa decisione l’ente ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo che la prescrizione dei contributi non decorrerebbe dalla trasmissione dei dati all'istituto da parte del legale ma dalla data di conoscenza che il reddito effettivo imponibile dell'anno di riferimento era più alto.

La Suprema corte non ha accolto questa conclusione rilevando, al contrario, che l’ignoranza del titolare del diritto costituisce impedimento “di mero fatto a farlo valere e quindi non incide sulla prescrizione”, tenendo anche conto che la Cassa ha, in ogni momento la possibilità di acquisire informazioni dal Fisco.

Non solo. I giudici hanno anche affermato che, ancorché si debba convenire sulla difficoltà per la Cassa “di procedere agli accertamenti reddituali dei suoi iscritti, stante il numero sempre più rilevante, resta che la normativa non è stata modificata in ragione dell'ampliamento della platea degli assicurati”.

Ne consegue che fissare la decorrenza della prescrizione dei contributi da quando la Cassa viene a conoscenza dei maggiori redditi, “introdurrebbe nell’ordinamento una pericolosa incertezza ed un indubbio margine di arbitrio sui tempi dei controlli”.

6 Maggio 2012 · Giorgio Martini




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