Pignoramento e comunione dei beni

Se siete sposati in regime di COMUNIONE LEGALE dei beni e ricevete un pignoramento

Se siete sposati in regime di COMUNIONE LEGALE dei beni e ricevete un pignoramento (sia esecuzione ordinaria che esecuzione esattoriale - Equitalia) occorre distinguere vari casi:

  1.  il pignoramento è per l'intero immobile (1/1 dell'intera proprietà) ed il debito è stato contratto soltanto da uno dei due coniugi. Secondo l'orientamento prevalente nei tribunali questo pignoramento è corretto, ma il coniuge non debitore e non sottoposto ad esecuzione può intervenire in giudizio eccependo che il bene pignorato eccede il valore del 50% dell'intero patrimonio della comunione legale.

    In sostanza i creditori di un solo coniuge posso rivalersi solo sul 50% dell'intero patrimonio, ma possono pignorare tutto un intero immobile perchè la comunione legale tra coniugi non è come una normale comproprietà in cui due comproprietari sono titolari della quota pari al 50% dell'immobile, ma è una comunione particolare di tipo "germanico" si dice in gergo tecnico, che è senza quote. Cioè tutti e due i coniugi sono proprietari del tutto.

  2.  il pignoramento è per l'intero immobile ed il debito è stato contratto da entrambi i coniugi esecutati. In questo caso l'esistenza di una comunione legale non ha nessun particolare effetto sulla esecuzione perchè entrambi i coniugi dono debitori ed entrambi sono oggetto della esecuzione.
  3.  il pignoramento è stato fatto solo sulla quota di 1/2 nei confronti del coniuge che ha contratto il debito e solo quest'ultimo figura come sottoposto ad esecuzione. In questo caso deve essere verificato l'orientamento del tribunale di riferimento, ma la prevalente opinione è che questo pignoramento non è corretto e può essere fatta opposizione per far dichiarare la improcedibilità della esecuzione.
  4. per i tribunali invece che ancora seguono il vecchio orientamento il pignoramento va fatto per la quota di 1/2 se il debitore è solo uno dei coniugi e per l'intero se sono debitori entrambi.

Qualunque sia l'orientamento del tribunale di riferimento il coniuge non sottoposto ad esecuzione ha diritto ad essere avvisato ai sensi dell'articolo 599 codice di procedura civile della esecuzione e può chiedere che gli venga distribuito il 50% del ricavato della vendita. Ma, se il pignoramento è fatto bene non potrà mai bloccare l'esecuzione.

Infine devo aggiungere che secondo la Cassazione (e questo orientamento è seguito da tutti i tribunali) il coniuge può partecipare all'asta dell'immobile e comprare il bene di cui è comproprietario.

di Annabella Abbondante

Pignoramento e comunione dei beni - La natura di comunione senza quote della comunione legale dei coniugi

La natura di comunione senza quote della comunione legale dei coniugi comporta che l’espropriazione, per crediti personali di uno solo dei coniugi, di un bene (o di più beni) in comunione, abbia ad oggetto il bene nella sua interezza e non per la metà

Al coniuge non debitore spetta la metà della somma lorda ricavata dalla vendita del bene stesso (o del suo valore commerciale, in caso di assegnazione).

Questa la pronuncia della Corte di Cassazione nella sentenza numero 6575 del 14 marzo 2013. Secondo gli ermellini, l'esecuzione sul bene pignorato compreso nella comunione legale, benché uno solo dei due coniugi sia il debitore sottoposto ad esecuzione, va effettuata per l'intero, senza specificazione di quote e senza il ricorso alle forme di cui all'articolo 599 e seguenti del codice di procedura civile.

A parere della Suprema Corte, la procedura appena indicata è la sola pienamente legittima, in quanto corrispondente alle uniche modalità consentite dalla natura della comunione legale.

La comunione legale tra i coniugi, infatti, costituisce una comunione senza quote, nella quale i coniugi sono solidalmente titolari di un diritto avente ad oggetto tutti i beni di essa e rispetto alla quale non è ammessa la partecipazione di estranei trattandosi di comunione finalizzata, a differenza della comunione ordinaria, non già alla tutela della proprietà individuale, ma piuttosto a quella della famiglia; essa può sciogliersi nei soli casi previsti dalla legge ed è indisponibile da parte dei singoli coniugi, i quali, tra l'altro, non possono scegliere quali beni farvi rientrare e quali no, ma solo mutare integralmente il regime patrimoniale, con atti dalla forma solenne opponibili ai terzi soltanto con l'annotazione formale a margine dell'atto di matrimonio; la quota non è quindi un elemento strutturale della proprietà: e, nei rapporti coi terzi, ciascuno dei coniugi, mentre non ha diritto di disporre della propria quota, può tuttavia disporre dell'intero bene comune.

Tale impostazione impedisce, in primo luogo, la ricostruzione della comunione legale come una universalità; in secondo luogo, preclude l'applicabilità sia della disciplina dell’espropriazione di quote (di cui all'articolo 599 e seguenti del codice di procedura civile), sia di quella contro il terzo non debitore: dell'una, perchè il bene appartiene ad altro soggetto solidalmente per l'intero, che non potrebbe comunque agire separatamente per lo scioglimento della comunione limitatamente a quel cespite; dell'altra, perchè è eccezionale e quindi insuscettibile di applicazione analogica l'assoggettamento a procedura esecutiva di un individuo che debitore non è.

In applicazione di tale principio, l'opposizione al terzo della coniuge non debitrice non può legittimamente sortire l'effetto di sottrarre il bene all’espropriazione per l'intero.

L'unica opzione ricostruttiva che soddisferebbe le sole esigenze della comunione legale sarebbe l'esclusione della pignorabilità stessa dei beni che ne fanno parte per crediti diversi da quelli familiari: ma è opzione ricostruttiva che vanifica senza motivo le ragioni dei creditori dei singoli coniugi per crediti non familiari, i quali ultimi, invece, benché coniugati, non cessano di rispondere dei propri debiti con tutti i beni appartenenti al loro patrimonio, di cui all'articolo 2740 cod. civ.; inoltre, la destinazione dei beni in comunione legale alle esigenze della famiglia non ne determina in assoluto l'impossibilità di soddisfare i crediti dei singoli coniugi, solo prevedendosi un regime di sussidiarietà (articolo 189 cod. civ.; regime che, poi, si intende correttamente non comportare anche l'onere, per il creditore procedente, di esperire preventivamente e con esito negativo l'azione esecutiva sui beni personali del coniuge obbligato, come pure di compiere indagini sull'esistenza di essi: parendo invece preferibile rimettere a ciascuno dei coniugi - e quindi anche a quello non debitore - un vero e proprio onere di opporre od eccepire l'esistenza di beni personali del coniuge debitore, da aggredire preventivamente); infine, la sottrazione dei beni in comunione legale all'espropriabilità per crediti personali di uno di loro finisce col privare gli stessi singoli coniugi di ogni utile possibilità di accesso al credito e, paradossalmente, con il gravare negativamente sulla gestione del patrimonio familiare, per il soffocamento in radice della pienezza della partecipazione di ognuno dei singoli coniugi al traffico giuridico.

Procedure praticabili per l'esecuzione su bene pignorato appartenete alla comunione quando uno solo dei coniugi è debitore - la necessità di aggredire il bene per l'intero

Per l'esecuzione sul bene pignorato compreso nella comunione legale, quando uno solo dei due coniugi è il debitore sottoposto ad esecuzione, si profilano almeno tre ipotesi ricostruttive alternative:

  1. la necessità di aggredire il bene per l'intero;
  2. la facoltatività dell'aggressione per la sola metà;
  3. l'indispensabilità dell'aggressione per una sola metà.

Va subito precisato che ciascuna di tali soluzioni presta il fianco ad inconvenienti ed intrinseche aporie, comunque non dando luogo a conclusioni assolutamente impeccabili dal punto di vista della coerenza sistematica: unico partito pare allora, ribadita l'intangibilità in questa sede del punto di partenza sulla definizione della comunione legale quale comunione senza quote, quello di individuare l'ipotesi ricostruttiva più coerente con le premesse e dalle conseguenze meno incongruenti, se non pure dalla minore negatività delle ricadute pratiche ed operative.

Orbene, ammettere un'espropriazione, in via obbligatoria od anche in via meramente facoltativa, per la sola quota della metà, a prescindere dall'astratta configurabilità di una quota nel perdurare della comunione, significherebbe applicare l'articolo 599 seguenti cod. proc. civ., e quindi, con un sostanziale stravolgimento dell'istituto della comunione legale, consentire, almeno in astratto (potendo in contrario notarsi che comunque oggi, dopo le riforme del 2005-06, esito normale di un'espropriazione di quote indivise è il giudizio di divisione, quella endoesecutiva, che a sua volta comporta la vendita del bene appunto per l'intero), l'assegnazione della "quota" del coniuge debitore in proprio anche ad estranei o, peggio ancora, la sua vendita giudiziaria, anche in tal caso con l'introduzione, all'interno di un bene che per definizione è restato all'interno della comunione legale, di un estraneo a quest'ultima.

D'altra parte, se un bene non è diviso in quote non può il creditore pignorarne una quota soltanto, perchè si attribuirebbe in tal modo al pignoramento una impossibile funzione di costituzione di diritti reali di contenuto o estensione prima insussistenti; e senza poi considerare che, quand'anche potesse ammettersi l’espropriazione della metà del bene in comunione legale, anche una cosiffatta quota della metà sarebbe, di per sé sola considerata, rientrante a sua volta nella comunione legale, tanto che i problemi si riproporrebbero anche per tale limitato oggetto dell’espropriazione.

Vanno quindi sicuramente escluse le ipotesi indicate sub b) e c).

Quindi, l'assenza di quote e soprattutto l'impossibilità che, quand'anche a seguito dell’espropriazione e limitatamente ad un bene, della comunione legale entri a far parte un estraneo (cioè colui che della "quota" eventualmente da sé sola espropriata divenga aggiudicatario o assegnatario) impongono di qualificare come sola legittima l'opzione ricostruttiva della necessità di sottoporre, per il credito personale verso uno solo dei coniugi, il bene a pignoramento per l'intero, nei limiti dei diritti nascenti dalla comunione legale.

6 Gennaio 2012 · Loredana Pavolini


Commenti e domande

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5 risposte a “Pignoramento e comunione dei beni”

  1. Casalinga ha detto:

    Gentili, leggendo il vostro interessantissimo blog, mi sovviene un dubbio. Io sono sposata in regime di separazione legale dei beni. La casa è intestata a me, così come le macchine. Mio marito, per problemi legati alla sua impresa, ha contratto dei debiti che non siamo in grado di saldare. Volevo capire se c’è la possibilità che mi vengano pignorati mobili ed elettrodomestici. Premetto che gli unici mobili che non sono stati comperati a nome mio sono alcuni cimeli di famiglia di antiquariato (mobili). Grazie per l’aiuto.

    • Annapaola Ferri ha detto:

      In linea generale la separazione dei beni può essere fatta valere nei confronti dei creditori di suo marito se, e solo se, essa risulta annotata a margine dell’atto di matrimonio. In questa ipotesi i creditori di suo marito potrebbero procedere nei suoi confonti, coniuge in separazione dei beni del debitore se, e solo se, riuscissero a dimostrare che gli obblighi di suo marito sono stati assunti nell’interesse della famiglia (e non dell’impresa).

      La rimando a questo articolo: Separazione dei beni – è opponibile al creditore solo se annotata sull’atto di matrimonio.

      Comunque, tutti i beni di cui lei non possiede fatture d’acquisto, ubicati presso la residenza del debitore, potranno essere pignorati dall’ufficiale giudiziario.

    • Casalinga ha detto:

      La ringrazio di cuore per la rapida risposta. Il vostro lavoro è una luce importante in questo periodo in cui tanti Italiani si trovano a confrontarsi con questioni così complesse. Un caro saluto e grazie ancora.

  2. daniela superchi ha detto:

    per quanto riguarda coppie di fatto si segue lo stesso procedimento ?

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