Patto marciano e patto commissorio » Differenze analogie e definizioni

Patto marciano e patto commissorio » Differenze analogie e definizioni

Nei mesi scorsi, nell'ambito della disciplina sugli accordi tra creditore e debitore, si è sentito spesso parlare del cosiddetto patto marciano: ma di cosa si tratta? E quali sono le differenze rispetto al “patto commissorio”? Scopriamo analogie e differenze nel prosieguo dell'articolo.

Il cosiddetto Decreto Banche ossia il D.L. n. 59/2016 (convertito in data 3 luglio 2016 nella L. 119/2016) introduce all’articolo 2 la possibilità per le imprese di garantire i finanziamenti tramite il trasferimento sospensivamente condizionato di un bene immobile, secondo gli schemi propri e tipici del c.

d. patto marciano.

Il patto marciano, istituto sconosciuto alla legge positiva italiana sino all'entrata in vigore del Decreto Banche, è un diritto reale di garanzia che permette al creditore insoddisfatto di appropriarsi della cosa ricevuta in garanzia (pegno o ipoteca) purché stimata al giusto prezzo.

Il creditore quindi è costretto a versare al debitore l’eventuale differenza tra il valore del proprio credito e quello del bene (che andrà di conseguenza stimato).

Il patto commissorio, invece, è l’accordo con cui due soggetti, il creditore e il debitore, stipulano che – ove il secondo non provveda al pagamento del debito entro i termini pattuiti – la proprietà del bene sottoposto a garanzia dell’adempimento (ossia ipotecata o pignorata) passi de iure in capo al primo, il quale lo può quindi utilizzare liberamente.

L’istituto è ritenuto tuttavia illecito dallo stesso Codice civile il quale, agli articoli 1963 e 2744, lo ritiene elemento di nullità del rapporto obbligatorio, sia esso anteriore o sopravvenuto rispetto alla nascita dello stesso.

Cercheremo, comunque, di approfondire la questione nei paragrafi successivi.

Differenze e analogie tra patto marciano e patto commissorio

Vediamo, più nel dettaglio, quali sono le principali differenze e analogie tra patto marciano e patto commissorio.

Con il cosiddetto patto commissorio, creditore e debitore si accordano che, in mancanza del pagamento del credito nel termine fissato in contratto, la proprietà della cosa ipotecata o data in pegno passa al creditore che ne diviene proprietario.

Questi, quindi, potrà farne quello che vuole (utilizzarlo per sé, venderlo a terzi, ecc.).

Tale patto è nullo in base a quanto previsto dal codice civile in quanto si vuole così evitare qualsiasi ingiustificato vantaggio del creditore nei confronti del debitore.

Simile ma non identico è il patto marciano.

Anche in questo caso c’è l’intesa tra creditore e debitore che, nel caso di inadempimento di quest’ultimo, il bene dato in pegno o con ipoteca diventa di proprietà del creditore.

Solo che, in tale ipotesi, il creditore è costretto a versare al debitore l’eventuale differenza tra il valore del proprio credito e quello del bene (che andrà stimato). Diversamente, il creditore potrebbe decidere di vendere il bene offerto in garanzia e con il ricavato coprire il proprio credito e restituire l’eccedenza al debitore.

Si definisce quindi patto marciano qualsiasi contratto con cui creditore e debitore si accordano nel senso che, in caso di inadempimento del debitore, il creditore acquista la proprietà del bene di proprietà del debitore e da quest’ultimo offerto precedentemente in garanzia; con l’obbligo però del creditore di versare al debitore la differenza tra l’importo del proprio credito e il valore del bene oggetto di garanzia.

Il patto marciano si differenzia, dunque, dal patto commissorio perché con quest’ultimo il creditore diviene proprietario del bene del debitore inadempiente, ma senza corrispondere a quest’ultimo l’eventuale differenza tra il valore del bene e il valore del debito.

Con clausola espressa è valido il patto commissorio nei contratti di mutuo

Se sussiste una clausola espressa, stabilita tra debitore e creditore, è valido il patto commissorio nei contratti di mutuo.

Come già ampiamente chiarito, l'articolo 2744 del codice civile stabilisce essere nullo il patto (definito come patto commissorio) col quale si conviene che, in mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della cosa ipotecata o data in pegno passi al creditore.

Tuttavia, a partire dal 1° luglio 2016, nei contratti di credito sottoscritti successivamente a tale data, le parti possono convenire, con clausola espressa, al momento della conclusione del contratto di credito, che, in caso di inadempimento del debitore consumatore, la restituzione o il trasferimento del bene immobile oggetto di garanzia reale o dei proventi della vendita del medesimo bene comporta l’estinzione dell’intero debito a carico del consumatore derivante dal contratto di credito anche se il valore del bene immobile restituito o trasferito ovvero l’ammontare dei proventi della vendita è inferiore al debito residuo.

Se il valore dell’immobile come stimato dal perito ovvero l’ammontare dei proventi della vendita è superiore al debito residuo, il consumatore ha diritto all'eccedenza (patto marciano).

In ogni caso, il creditore si adopera con ogni diligenza per conseguire dalla vendita il miglior prezzo di realizzo.

La clausola relativa al patto commissorio non può essere pattuita in caso di portabilità del mutuo.

Costituisce inadempimento del consumatore il mancato pagamento di un ammontare equivalente a diciotto rate mensili.

Non costituiscono inadempimento i ritardati pagamenti che consentono la risoluzione del contratto.

In particolare, la banca non può invocare, come inadempimento del consumatore per l'applicazione della clausola di patto commissorio, il ritardato pagamento quando lo stesso si sia verificato almeno sette volte, anche non consecutive, laddove si intenda ritardato pagamento quello effettuato tra il trentesimo e il centoottantesimo giorno dalla scadenza della rata.

Il valore del bene immobile oggetto della garanzia è stimato da un perito indipendente scelto dalle parti di comune accordo ovvero, in caso di mancato raggiungimento dell’accordo, nominato dal Presidente del Tribunale territorialmente competente, con una Consulenza Tecnico d'Ufficio (CTU) successiva all'inadempimento.

7 Ottobre 2016 · Andrea Ricciardi


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