Opposizione all’esecuzione del debitore esecutato e del terzo pignorato – ammissibile anche oltre il termine di cinque giorni dalla notifica del precetto

In materia di esecuzione forzata, il criterio distintivo fra l’opposizione all'esecuzione e l’opposizione agli atti esecutivi si individua considerando che, con la prima, si contesta il diritto della parte istante di procedere ad esecuzione forzata per difetto originario o sopravvenuto del titolo esecutivo ovvero – nell'esecuzione per espropriazione – della pignorabilità dei beni, mentre, con la seconda, si contesta solo la legittimità dello svolgimento dell’azione esecutiva attraverso il processo, deducendosi l’esistenza di vizi formali degli atti compiuti o dei provvedimenti adottati nel corso del processo esecutivo e di quelli preliminari all'azione esecutiva.

L’opposizione a precetto con la quale il debitore sottoposto ad esecuzione deduce che una tra le somme chieste nell'atto di precetto in base al titolo esecutivo non è dovuta, costituisce opposizione all'esecuzione, in quanto con essa la parte contesta, sia pure entro questi limiti, il diritto a procedere ad esecuzione forzata, adducendo che per detto credito manca un titolo esecutivo, e perciò l’opposizione deve ritenersi ammissibile anche qualora sia proposta oltre il termine di cinque giorni dalla notifica del precetto.

Anche il terzo pignorato che sia assoggettato ad esecuzione può valersi dell’opposizione all’esecuzione, per opporre al creditore assegnatario fatti estintivi od impeditivi della sua pretesa sopravvenuti alla pronuncia del titolo esecutivo (quali, ad esempio, i pagamenti successivi all'emissione dell’ordinanza di assegnazione) ovvero per contestare la pretesa azionata col precetto (quale, ad esempio, l’eccesso degli importi per le spese o le competenze che possono essere auto-liquidate con l’atto di precetto).

Questi i principi giuridici richiamati dai giudici della Corte di cassazione nella sentenza 11493/15.

21 Luglio 2015 · Carla Benvenuto




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