Omesso versamento ritenuta d’acconto » Datore di lavoro e dipendente responsabili in solido

E' responsabile anche il dipendente nel caso in cui il datore non versi al fisco la ritenuta d’acconto.

Il lavoratore e il datore sono responsabili in solido per l’omesso versamento della ritenuta d’acconto. Il rapporto che si costituisce tra il sostituto d’imposta e il sostituito è quello di una obbligazione solidale passiva con il Fisco.

Questo l'orientamento espresso dalla Corte di Cassazione con sentenza 19580/14.

Per poter comprendere l'importanza della pronuncia, chiariamo, innanzitutto, il significato di ritenuta d'acconto.

La ritenuta d’acconto è una trattenuta Irpef (o Ires) che viene effettuata sulle somme di denaro o bonifici che percepiamo dai nostri clienti o datori di lavoro, banche o istituti finanziari, detti anche sostituti di imposta.

Esistono tantissime tipologie di ritenute d’acconto anche se quelle più utilizzate ed applicate sono sempre le stesse.

Le ritenute possono essere a titolo di acconto e a titolo di imposta.

Nel primo caso significa che, fatto 10.000 l’onorario stabilito con un cliente, ci sarà applicata in alcuni casi (in estrema sintesi quando emettiamo una ricevuta o una fattura nei confronti di un soggetto titolare di partita Iva) una ritenuta del 20% a titolo di acconto ossia percepiremo solo 8.000 mentre 2.000 rappresentano un’anticipazione sulle imposte che andremo a pagare su quei 10.000 (il 23% a titolo di Irpef) meno le ritenute che già sono state versate per noi ossia per nostro conto dal nostro datore di lavoro o cliente.

Se invece fossero state a titolo di imposta le ritenute avrebbero potuto comunque avere come aliquota il 20% ma in questo caso la tassazione su quei 10.000 euro si esauriva con quel 20%.

Ebbene, vediamo quali sono le conseguenze del verdetto di piazza Cavour: d'ora in poi il creditore potrà chiedere l’integrale pagamento, indifferentemente, all'uno o all'altro soggetto obbligato. Praticamente, il fisco potrà bussare tanto alla porta del lavoratore quanto a quella dell’azienda, a proprio piacimento.

Da ciò ne deriva anche, però, che l’eventuale sentenza favorevole ottenuta da uno dei due soggetti, con cui venga dichiarato insussistente il debito, vada a vantaggio anche dell’altro coobbligato.

18 Settembre 2014 · Stefano Iambrenghi




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