Tassi a usura anatocismo e clausole indesiderate su contratti di mutuo » Il parere della Cassazione e dei Tribunali di merito

I Tribunali si pronunciano sulle scorrettezze delle banche nei contratti di mutuo

Nell'articolo che segue, chiariremo come si sono pronunciati, recentemente, i tribunali di merito e la Corte di Cassazione in materia di usura, anatocismo e clausole vessatorie sui contratti di mutuo. Scopriremo, a malincuore, che il cliente non ha, quasi mai, ragione.

Il tema più discusso in aula è sicuramente quello che riguarda le modalità di verifica dell'eventuale usurarietà dei tassi di interesse corrispettivi e di mora che sono stati pattuiti nel contratto di mutuo.

Inoltre, si dibatte in merito alla illegittimità del sistema di ammortamento alla francese.

Non mancano, poi, casi in cui si rileva la indeterminatezza e/o indeterminabilità dell'oggetto del contratto per effetto dell'equivoca pattuizione degli interessi.

Né va dimenticata la questione relativa al superamento dei limiti di finanziabilità.

La giurisprudenza di merito più recente ha preso posizione su ciascuna di tali problematiche.

Tassi a usura sui contratti di mutuo

Nell'ambito della verifica dell'usurarietà dei tassi di interesse è noto che, a seguito della famosa sentenza della Corte di Cassazione 350/2013, si è diffusa la tesi secondo la quale, nel caso in cui la semplice somma aritmetica degli interessi corrispettivi e di mora pattuiti, superi la soglia fissata dai decreti ministeriali, le relative clausole sarebbero nulle e il cliente sarebbe tenuto a restituire alla banca, solo il capitale.

La giurisprudenza di merito prevalente, comunque, non sembra purtroppo sia orientata a condividere l'interpretazione della sentenza citata.

Infatti, fatta eccezione per un'ordinanza del Tribunale di Rovereto del 2013 e una sentenza del Giudice di Pace di Domodossola del 2014, non risulta che ci siano stati altri provvedimenti che abbiano confermato la correttezza del metodo della somma aritmetica degli interessi corrispettivi e di quelli di mora ai fini della verifica dell'usura sui tassi di mutuo.

Inoltre, i provvedimenti appena richiamati non argomentano l'opzione a favore del metodo della somma aritmetica, limitandosi a rinviare a quanto stabilito dalla citata sentenza della Corte di Cassazione.

Sono, invece, molto più numerose le pronunce nei quali diversi giudici di merito hanno esaminato criticamente la sentenza 350 sostenendo che, in realtà, essa non avrebbe sancito un principio di diritto innovativo ma si sarebbe limitata a ribadire la necessità di sottoporre a verifica di usurarietà, non solo gli interessi corrispettivi, ma anche quelli di mora pattuiti nel contratto.

Più precisamente, contro la sentenza 350 si sono pronunciati il Tribunale di Milano, il Tribunale di Napoli, il Tribunale di Brescia, il Tribunale di Trani, Il Tribunale di Verona e il Tribunale di Treviso.

Secondo i verdetti appena elencati, la somma aritmetica dei tassi corrispettivi e di mora non è praticabile, attesa la diversa natura giuridica delle due tipologie di interessi.

L'unica ipotesi in cui tale sommatoria può configurarsi ai fini della verifica dell'usurarietà del mutuo è quella in cui, in caso di inadempimento, l'istituto di credito calcoli il tasso di mora sull'intera rata scaduta, costituita da capitale ed interessi corrispettivi.

In tal caso, per di più, potrebbe configurarsi anche un fenomeno anatocistico che, però, in base alla delibera CICR del 2000, è legittimo se espressamente previsto con apposita clausola.

Escludendo la possibilità che si addivenga alla sommatoria degli interessi corrispettivi e di mora, il Tribunale di Padova ha, invece, sostenuto che quando i soli interessi di mora, separatamente considerati rispetto a quelli corrispettivi, al momento della pattuizione superano il tasso soglia, non sono dovuti e la loro usurarietà rende indebiti anche gli interessi corrispettivi non usurari, in virtù della ratio punitiva della disciplina antiusura.

In parole povere, basterebbe l'accertamento dell'usurarietà dei soli interessi di mora pattuiti nel contratto per fare in modo che il cliente mutuatario sia tenuto a restituire esclusivamente il capitale.

Altri provvedimenti di merito, invece, escludono tale possibilità e sostengono che, qualora il solo tasso di mora pattuito nel contratto si rivelarsi usurario, sono comunque dovuti gli interessi corrispettivi.

Concludendo, alcune sentenze hanno precisato che è da escludere a priori l'usurarietà degli interessi di mora laddove il contratto preveda una clausola di salvaguardia con la quale, cioè, è stabilito che essi saranno sempre adeguati al limite della soglia.

Ad ogni modo, non si può ignorare che manca un parametro di riferimento validamente utilizzabile per la verifica dell'usurarietà.

Infatti, attualmente, nella determinazione del tasso soglia, in base alle istruzioni della Banca d'Italia, non si tiene conto del tasso di mora.

Anatocismo sui contratti di mutuo

Un'altra questione sottoposta ai giudici di merito con riferimento ai mutui è costituita dalla presunta illegittimità del sistema di ammortamento alla francese che produrrebbe anatocismo.

A tal proposito va rilevato che l'orientamento già espresso da alcuni giudici di merito è stato recentemente confermato dal Tribunale di Pescara con sentenza del 10 aprile 2014 e da quello di Treviso con sentenza dell'11 aprile 2014.

Inoltre, il Tribunale di Milano, rinviando alle risultanze della perizia e ricostruendo l'iter argomentativo del consulente, ha escluso nuovamente che nell'ammortamento alla francese sia insito il fenomeno anatocistico e che esso sia, di per sé, illegittimo.

Ancora Il Tribunale di Milano ha affrontato un caso in cui l'oggetto del contratto di mutuo risultava indeterminato e/o indeterminabile a causa della oggettiva equivocità della clausola con cui era disciplinata la modalità di determinazione degli interessi corrispettivi a tasso variabile.

In base a tale ordinamento il contratto di mutuo formulato in modo tale da non consentire una univoca ricostruzione del piano di ammortamento e delle modalità di determinazione del tasso di interessi, è nullo e trova applicazione il tasso legale.

Il limite di finanziabilità nei contratti di mutuo

Un altro problema che si pone è quello del superamento del limite di finanziabilità che la Banca d'Italia, in conformità delle deliberazioni del CICR, ha determinato in rapporto al valore dei beni ipotecati o al costo delle opere da realizzare sugli stessi.

L'attuale limite massimo di finanziabilità è fissato nell'80% del valore dei beni ipotecati o del costo delle opere da eseguire sui beni medesimi.

E' prevista anche la possibilità di elevare tale percentuale al 100% attraverso il rilascio di garanzie integrative.

L'importo finanziato, dunque, in linea generale, non deve superare il limite dell'80% del valore dei beni ipotecati o del costo delle opere da eseguire su di essi.

Il valore dei beni ipotecati e, quindi, del credito ipotecario è determinato da un perito in base ad un prudente apprezzamento della futura negoziabilità dell'immobile stesso tenendo conto degli aspetti durevoli a lungo termine dell'immobile, delle condizioni normali e locali del mercato, dell'uso corrente dell'immobile e dei suoi appropriati usi alternativi.

Accade, tuttavia, che il perito incaricato dalla Banca non sempre si ponga nell'ottica prudenziale richiesta dalla Direttiva europea, sovrastimando l'immobile ipotecato o il costo delle opere da realizzare e determinando un valore del credito ipotecario superiore a quello effettivo.

Pertanto, in tali casi, l'importo finanziato finisce col superare l'80% del valore dei beni ipotecati o delle opere da realizzare.

Gli effetti del superamento del limite di finanziabilità non sono pacifici.

Infatti, il Tribunale di Venezia, ha mostrato di condividere quanto statuito dalla Corte di Cassazione nella sentenza 9219/1995, e ha statuito che, qualora attraverso apposita stima si dimostri l'avvenuto superamento del limite di finanziabilità, il mutuo è nullo ai sensi per violazione di norma imperativa, essendo la disciplina del credito fondiario, posta a tutela, non solo degli interessi del ceto bancario, ma anche dell'interesse al corretto funzionamento del sistema bancario e, di conseguenza, al regolare andamento dell'economia.

Secondo la sentenza in esame, quindi, la determinazione dell'importo massimo finanziabile attiene alla struttura del contratto di credito fondiario.

Tuttavia, la Corte di Cassazione con sentenza 26672/2013 ha respinto tale ricostruzione affermando che dalla violazione del limite di finanziabilità pari all'80% del valore dell'immobile, non possa discendere la nullità del contratto di mutuo fondiario.

Gli Ermellini, infatti, hanno rilevato che non si può configurare un'ipotesi di nullità per contrarietà del contratto a norme imperative in difetto di espressa previsione, posto che la disposizione imperativa non incide sul valore contrattuale ma investe esclusivamente il comportamento della banca tenuta ad attenersi al limite prudenziale.

Il superamento del limite, dunque, comporterebbe solo la violazione di norme di buona condotta e l'irrogazione delle sanzioni previste dall'ordinamento bancario, senza ingenerare una causa di nullità, parziale o meno, del contratto di mutuo.

18 Luglio 2014 · Andrea Ricciardi


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