Legittima la cartella esattoriale priva di motivazione se essa trae origine da dati forniti dal contribuente

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h3>"Legittima la cartella di pagamento priva di motivazione, emessa a seguito di un controllo automatizzato, se l'imposta è liquidata sulla base dei dati forniti dal contribuente. In tal caso, infatti, la pretesa impositiva non scaturisce dalla rettifica della dichiarazione, ma direttamente dalla liquidazione della dichiarazione presentata dal contribuente"

. Questo quanto disposto dalla Corte di Cassazione con Ordinanza numero 16983 del 4 agosto 2011.

3 Settembre 2011 · Paolo Rastelli


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Una risposta a “Legittima la cartella esattoriale priva di motivazione se essa trae origine da dati forniti dal contribuente”

  1. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n° 16983 del 4 agosto 2011, ha stabilito che la cartella di pagamento, anche se non motivata, è legittima nel caso in cui sia stata emessa in seguito ad un controllo automatizzato, ai sensi dell’articolo 36-bis del D.P.R. 600/1973 (id: imposte dirette) e dell’articolo 54-bis del D.P.R. 633/1972 (id: in materia di Iva).

    Come noto, la cartella di pagamento rappresenta l’atto con cui l’ente impositore mette in esecuzione la pretesa tributaria, donde la necessità della preventiva notifica al soggetto passivo di un avviso di accertamento o di liquidazione.

    Tuttavia, anche la cartella di pagamento, in materia di riscossione delle imposte sui redditi e Iva, può sostituirsi all’atto di accertamento qualora la stessa risulti adeguatamente motivata, alias contenga tutte le indicazioni idonee a consentire al contribuente di apprestare un’efficace difesa.

    Da tempo ormai, con orientamento pressoché unanime e consolidato cui si conforma l’ordinanza in esame, la cartella di pagamento è considerata un vero e proprio atto impositivo di guisa che deve recare una chiara motivazione del perché vengono chieste determinate somme conformemente a quanto previsto dall’art. 7 dello Statuto del contribuente (id: legge 212/2000) che, a sua volta, trova origine nell’art. 3 commi 1 e 2 della legge 241/90.

    Tuttavia, gli Ermellini – con l’ordinanza de qua – hanno statuito che nessuna motivazione alla cartella di pagamento è necessaria quando l’iscrizione a ruolo derivi direttamente dalla dichiarazione presentata dal contribuente.

    Richiamando quanto già enunciato in precedenti sentenze (n.ri 26671/09 e 14414/05), i Giudici di Piazza Cavour hanno chiarito che “in tema di riscossione delle imposte sul reddito, la cartella di pagamento, nell’ipotesi di liquidazione dell’imposta ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973 art. 36 bis, costituisce l’atto con il quale il contribuente viene a conoscenza per la prima volta della pretesa fiscale e come tale deve essere motivata; tuttavia, nel caso di mera liquidazione dell’imposta sulla base dei dati forniti dal contribuente nella sua dichiarazione, nonché qualora vengano richiesti interessi e sovrattasse per ritardato od omesso pagamento, il contribuente si trova già nella condizione di conoscere i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa fiscale, con l’effetto che l’onere di motivazione può considerarsi assolto dall’Ufficio mediante mero richiamo alla dichiarazione medesima”.

    Tale principio di diritto ben si attaglia alla liquidazione effettuata ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis (id: in materia di IVA). In conclusione, secondo i Giudici nomofilattici, solo qualora si ha una rettifica dei risultati della dichiarazione stessa, così da comportare una pretesa ulteriore da parte dell’amministrazione finanziaria, sussiste un’attività impositiva vera e propria, con la conseguenza che la relativa cartella esattoriale va motivata.

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