Legge 104 – Indennità per madre che assiste figlio con grave handicap: va corrisposta anche nella tredicesima
La legge prevede il diritto della madre che presta assistenza al proprio bambino con handicap, in situazione di gravità, di fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperti da contribuzione figurativa.
I contributi figurativi, per chi non lo sapesse, sono contributi accreditati, senza onere a carico del lavoratore. Ad esempio, quando il lavoratore abbia fruito di permessi che comportano l'erogazione di un’indennità a carico dell'Inps a fronte di retribuzioni percepite in misura ridotta.
Per tali permessi, come dicevamo, è dovuta dall'ente previdenziale un'indennità pari all'intero ammontare della retribuzione, che viene anticipata dal datore di lavoro ed è poi portata a conguaglio con gli importi contributivi dovuti.
Ci si chiede se il mancato computo dei permessi ai fini della tredicesima mensilità o gratifica natalizia e delle ferie operi in ogni caso, oppure se operi solo quando essi, in concreto, si cumulino con altri congedi parentali costituiti dall'astensione facoltativa e dai permessi, ad esempio, per le malattie del bambino.
Una lettura sistematica delle disposizioni vigenti e coerente con la finalità e la disciplina generale della normativa di tutela per le situazioni di handicap convince dell'incidenza della limitazione in questione nella sola circoscritta fattispecie in cui i permessi si cumulino effettivamente con il congedo parentale ordinario e con il congedo per la malattia del figlio.
Il congedo parentale, infatti, può essere richiesto per un lasso di tempo ampio, tale da determinata una significativa sospensione della prestazione lavorativa, a differenza dei permessi, sicuramente incidenti in misura limitata. Inoltre, come già indicato dagli Ermellini nella sentenza numero 688/2014, nel caso dell'astensione facoltativa spetta un’indennità inferiore alla normale retribuzione, mentre per chi presta assistenza ai portatori di handicap grave l’indennità si commisura alla retribuzione intera.
In conclusione, la sezione lavoro della Corte di cassazione, con la sentenza numero 15435/14, evidenzia come ragioni di coerenza con la funzione dei permessi e con i principi indicati impongano un'interpretazione della disposizione maggiormente idonea a evitare che l’incidenza sull'ammontare della retribuzione possa fungere da aggravio della situazione economica dei congiunti del portatore di handicap, finendo per disincentivare l’utilizzo del permesso stesso.
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