Roberto Petrella

Tutti dovrebbero leggere il “Diario di un senza fissa dimora” del grande etnologo e antropologo francese Marc Augé. Si tratta di un romanzo che racconta la storia di un vagabondo “di lusso” dei giorni nostri, un uomo che, arrivato all’età della pensione, non riesce più a far fronte alle spese e decide di fare a meno della casa, del televisore, del cellulare e di tutto il resto, per rifugiarsi nella sua Mercedes e vivere in tutto e per tutto come un Senza Fissa Dimora.

In questi ultimi anni, molti di coloro che, come me, operano nell’assistenza pubblica e nelle organizzazioni caritative segnalano la comparsa di una nuova categoria di poveri: hanno un lavoro, ma non un reddito sufficiente per pagare l’affitto. Alloggiano dove possono: in un centro d’accoglienza, presso amici o addirittura nella propria automobile. Credo che in giro, in questo momento, ci siano ben poche letture puntuali, come quella di Marc Augé, nel tratteggiare i segni e i pericoli di un’epoca come la nostra. Un momento storico in cui non siamo più abituati a destreggiarci nelle situazioni di improvvisa indigenza, e in cui la povertà è qualcosa di diverso da quello che era una volta, beninteso, sempre una realtà scomoda ma nella quale, in qualche modo, gli uomini riuscivano a barcamenarsi.

Rispondendo a coloro che scrivono nel forum di indebitati.it, cercando una soluzione, che purtroppo non c’è, alle proprie disperate situazioni di sovraindebitamento, la domanda che spesso mi pongo è:”Saremo capaci di essere poveri?”.

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