Il debitore può impugnare la cartella di pagamento della quale sia venuto a conoscenza solo attraverso un estratto di ruolo

Il debitore può impugnare la cartella di pagamento della quale, a causa dell’invalidità della relativa notifica, sia venuto a conoscenza solo attraverso un estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario della riscossione.

Ora, la legge (articolo 19 decreto legislativo 546/1992) prevede che la mancata notifica di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all'atto notificato, ne consente l'impugnazione solo unitamente a quest'ultimo. Ciò tuttavia, si può ritenere che l'impugnabilità dell'atto precedente non notificato unitamente all'atto successivo notificato non costituisca l'unica possibilità di far valere l'invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque venuto legittimamente a conoscenza e quindi non escluda la possibilità di far valere l'invalidità stessa anche prima, giacché l'esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale non può essere compresso, ritardato, reso più difficile o gravoso, ove non ricorra la stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo, rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione.

Così si sono espressi i giudici della Corte di cassazione con l'ordinanza 20611/2016.

18 Ottobre 2016 · Paolo Rastelli




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10 risposte a “Il debitore può impugnare la cartella di pagamento della quale sia venuto a conoscenza solo attraverso un estratto di ruolo”

  1. Gianni ha detto:

    Comprendo il suo ragionamento. Quindi secondo lei, se un creditore fa pignorare un quinto della pensione (parte eccedente), Un altro creditore può far pignorare un’altro quinto e così via fino alla completa estinzione parte eccedente? Non mi sembra che sia lo spirito di questa legge…

    —È assolutamente impignorabile quella parte di pensione, assegno o indennità necessaria per assicurare al pensionato i mezzi adeguati alle esigenze di vita (c.d. minimo vitale), mentre è pignorabile nei soli limiti del quinto – ex art. 545, co. IV c.p.c. – la parte residua (Cass. Civ. n. 18755/2013).——-

    Poi facendo un ragionamento sempre basato sulla metà della pensione che lei equipara allo stipendio, se un pensionato ha una pensione netta di 5000 euro al mese, togliendo il minimo vitale, quanto rimane aggredibile dai creditori in fase di pignoramento cumulativo, oltre 4.300 euro? Mentre per uno stipendio della stessa portata solamente la metà 2500 euro? Qualcosa non quadra. I commi 7,8,9 sono stati introdotti apposta dopo, per eliminare alcune disuguaglianze e tutelare le fasce più deboli.

    Chiedo lumi maggiori. Capire a fondo lo spirito di questa legge secondo il legislatore/i che ha/hanno legiferato.

    • Comprendo il suo ragionamento. Quindi secondo lei, se un creditore fa pignorare un quinto della pensione (parte eccedente), Un’ altro creditore può far pignorare un altro quinto e così via fino alla completa estinzione parte eccedente? Non mi sembra che sia lo spirito di questa legge…

      Non ho mai scritto ciò che lei mi attribuisce e crede di aver compreso! Il limite del pignoramento della pensione per crediti ordinari (per tutti i creditori ordinari) è pari al 20% della parte eccedente il minimo vitale. Il limite del pignoramento della pensione per crediti esattoriali (per tutti i creditori esattoriali) è pari al 20% della parte eccedente il minimo vitale. Il pignoramento della pensione per crediti alimentari non ha limiti fissati per legge riguardo la parte eccedente il minimo vitale.

      Per uno stipendio di 5 mila euro la parte su cui si calcola la quota percentuale pignorabile è di 5 mila euro. La somma dei prelievi di pignoramenti precedenti, di quello azionato e di cessioni del quinto non può superare i 2500 euro. Il limite del pignoramento per crediti ordinari (per tutti i creditori ordinari) è di mille euro (20% di 5 mila euro). Il limite del pignoramento per crediti esattoriali (per tutti i creditori esattoriali) è di mille euro (20% di 5 mila euro). Il limite del pignoramento per crediti alimentari (per tutti i creditori alimentari) è, naturalmente, di 2500 euro (se non ci sono pignoramenti pregressi e cessioni del quinto in corso).

      Per una pensione d 5 mila euro la parte su cui si calcola la quota percentuale pignorabile è quella che si ottiene sottraendo il minimo vitale. Se ipotizziamo il minimo vitale pari a 679 euro, la parte su cui si calcola la quota percentuale pignorabile della pensione è pari a 4321 euro. Il limite del pignoramento per crediti ordinari è di 864 euro (20% di 4321 euro). Il limite del pignoramento per crediti esattoriali è di 864 euro (20% di 4321 euro). La somma dei prelievi di pignoramenti precedenti, di quello azionato e di cessioni del quinto non può superare i 2500 euro. Il limite del pignoramento per crediti alimentari (per tutti i creditori alimentari) è di 2500 euro (se non ci sono pignoramenti pregressi e cessioni del quinto in corso).

  2. Gianni ha detto:

    Il mio dubbio permane perchè i commi 3,4,5, hanno peculiarità diverse ma intrinseche. Il focus è nel comma 5 “[3] Le somme dovute dai privati a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate per crediti alimentari nella misura autorizzata dal presidente del tribunale o da un giudice da lui delegato. (2)
    [4] Tali somme possono essere pignorate nella misura di un quinto per i tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni, ed in eguale misura per ogni altro credito.
    [5] Il pignoramento per il simultaneo concorso delle cause indicate precedentemente non può estendersi oltre la metà dell’ammontare delle somme predette.”
    E cioè, un pignoramento “simultaneo concorso delle cause indicate precedentemente” quindi comma 3 e 4 ad esempio, e agganciandolo al comma 7, pervengo alla conclusione che 621 euro del nostro esempio sono la parte eccedente e che in essa trova applicabilita il comma 5, che cita “non può estendersi oltre la metà dell’ammontare delle somme predette.”. Per cui, secondo la mia interpretazione, il giudice non potrebbe andare oltre il 50% della parte eccedente (621 €) che risulterebbe 310 euro… Se non ci fosse stato un simultaneo concorso con la cessione del quinto, si perviene benissimo alla quota alla quota di 1/3 o anche più ma sempre non oltre il 50% della parte eccedente.. Mi scuso se non sono stato esaurientemente esplicativo nel post precedente. Spero di esserlo stato adesso.

    • Le somme predette nei commi 3 e 4 sono quelle dovute al privato a titolo di stipendio, di salario o di altra indennità. Il comma 5 dispone poi che il pignoramento per il simultaneo concorso delle cause indicate precedentemente non può estendersi oltre la metà dell’ammontare delle somme predette.

      Poi si parla di pensioni. Il problema è che lei, quando trasferisce la disposizione del comma 5 dagli stipendi alle pensioni, equipara le somme predette alla parte eccedente il minimo vitale e non alle somme da chiunque dovute a titolo di pensione. Il limite del 50% vale per la somma percepita dal pensionato, al netto degli oneri fiscali, e al lordo della cessione del quinto e degli eventuali altri pignoramenti in corso.

      Lei compie una forzatura nel momento in cui interpreta che il pignoramento per il simultaneo concorso delle cause indicate precedentemente non possa estendersi oltre la metà della parte eccedente la misura massima mensile dell’assegno sociale, aumentato della metà.

      O, almeno, non è questa l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza di merito e di legittimità. Concludendo, il pignoramento per il simultaneo concorso delle cause indicate precedentemente non può estendersi oltre la metà dei 1300 euro. E non, secondo la sua interpretazione, oltre la metà dei 621 euro (parte della pensione eccedente il minimo vitale). Fermo restando che, naturalmente, nemmeno può superare i 621 euro.

      Peraltro è prassi, legittimata da leggi speciali, che il prelievo per il simultaneo concorso di pignoramenti e cessione del quinto non possa superare la metà degli stipendi e delle pensioni percepite al netto degli oneri fiscali e al lordo delle cessioni del quinto (in pratica il netto percepito da statino e non quello accreditato in banca). O, se vuole, una cessione del quinto è equiparata a pignoramento in corso.

  3. Gianni ha detto:

    In riferimento al precedente quesito ho un dubbio circa la considerazione e applicazione della pignorabilità al 100% della restante parte oltre il minimo vitale.

    Lei giustamente applica il comma 3 dell’ articolo 545 CODICE DI PROCEDURA CIVILE, ma non tiene conto del comma 7:” Le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza, non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell’assegno sociale, aumentato della metà. La parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti previsti dal terzo, quarto e quinto comma nonché dalle speciali disposizioni di legge.” Nota : il comma 7, 8 e 9 sono stati inseriti dall’art. 13, co. 1, lett. l), D.L. 27 giugno 2015, n. 83, conv. con modif. con L. 6 agosto 2015, n. 132, con decorrenza dal 27.06.2015. Per cui mi rimane ancora il dubbio se il mio computo è corretto secondo questa mia interpretazioneo no. E cioè, Il comma 3 “Le somme dovute ….possono essere pignorate per crediti alimentari nella misura autorizzata dal presidente del tribunale o da un giudice da lui delegato. Nel caso di un pensionato trova applicazione al comma 5 e al comma 7 “La parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti previsti dal terzo, quarto e quinto comma nonché dalle speciali disposizioni di legge.”? In conclusione “la parte eccedente si interpreta oltre il minimi vitale da cui convalidare il comma 5 “non può estendersi oltre la metà dell’ammontare delle somme predette.”?

    • Mi scuso, ma non riesco a comprendere dove sia il problema: lei percepisce 1.300 euro di cui 679 euro non pignorabili (cosiddetto minimo vitale) e 621 pignorabili.

      La parte eccedente tale ammontare .. a cui lei si riferisce, citando l’articolo 545 del codice di procedura civile, indica proprio la parte pignorabile (621 euro).

      Quindi 621 euro sarebbe la parte pignorabile, se non ci fossero limitazioni imposte dalla legge a seconda della natura del credito per la quale il pensionato è sottoposto ad azione esecutiva.

      Per debiti ordinari (banche, finanziarie, privati in genere) la quota massima di prelievo della parte pignorabile è il 20%. Per debiti esattoriali (quelli con la PA) la quota massima di prelievo della parte pignorabile varia dal 10% al 20%, in relazione al livello stipendiale.

      Sono questi i limiti a cui ci si riferisce quando si legge che la parte eccedente (621 euro) la parte non pignorabile (679 euro) è pignorabile nei limiti previsti dal terzo, quarto e quinto comma nonché dalle speciali disposizioni di legge.

      Per debiti alimentari (assegno di mantenimento per figli e coniuge ed obbligo di alimenti ai parenti stretti che versano in stato di indigenza, non è fissato un limite nè dal terzo, quarto e quinto comma dell’articolo 545 del codice di procedura civile, nè da leggi speciali. Alcune sentenze (Corte Costituzionale 1041/1988 e Corte di Cassazione 25043/11) sembrano fissare ad 1/3 (33,3%) della parte pignorabile della pensione percepita dall’obbligato il tetto massimo prelevabile per soddisfare crediti di natura alimentare. Ma la giurisprudenza non è univoca. Dunque è il giudice a stabilire la percentuale di prelievo della parte pignorabile.

      Nell’esempio teorico abbiamo supposto che il giudice potesse pignorare il 100% della parte pignorabile solo per evidenziare come la quota pagata mensilmente per la cessione del quinto può entrare, anche se marginalmente, in gioco (si tratta di un caso limite a solo titolo di esempio: verosimilmente il giudice, nel quantificare il prelievo mensile, non si spingerà oltre il 33% della parte pignorabile).

      Mi faccia sapere se permangono dubbi e quali.

  4. Gianni ha detto:

    Desideravo sapere se con una pensione di 1300 € e una cessione del quinto (260 €) quanto margine o capienza ha il giudice per pignorare ulteriormente la pensione a motivo di mantenimento/alimenti per figlio maggiorenne? So che la quota pignorabile e quella quota togliendo o sottraendo il minimo vitale ( 453 euro + 1/2, 226 euro = 679 euro) quindi, la quota pignorabile risulterebbe essere sulla pensione in oggetto : 1300 – 679 = 621. Se non ho capito male, il giudice può pignorare solo fino alla meta di questa quota (621 euro) ? Se così è il computo, si può aggredire col pignoramento solo 310 euro? A questo punto, avendo già una cessione del quinto di 260 euro, rimarrebbero unicamente 50 euro che il giudice può pignorare per crediti alimentari richiesti per il figlio?

    • Le sue considerazioni sono corrette, salvo che per quanto riguarda l’incidenza della rata di rimborso sulla cessione del quinto. Quest’ultima non influisce direttamente sull’individuazione della parte pignorabile della pensione, e quindi della capienza, ma solo sulla verifica, a posteriori, che la somma dei pignoramenti già in corso, della rata di rimborso della cessione del quinto e del pignoramento per cui si procede, non superi la metà dell’importo della pensione percepita (intesa come quella accreditata in banca, ma integrata con la rata di cessione).

      Venendo al suo caso, noi supponiamo che in banca le vengano accreditati 1.040 euro, il che indica che la sua pensione al netto degli oneri fiscali è pari a 1.300 euro. Ora, la parte pignorabile della sua pensione è pari a 621 euro come correttamente calcolato. La percentuale di prelievo della parte pignorabile della pensione o dello stipendio, a causa di crediti alimentari (mantenimento del figlio) non ha un massimo (come il 20%, o quinto, nel caso si agisca esecutivamente per debiti). L’entità del pignoramento sulla pensione può essere liberamente quantificata ed autorizzata dal presidente del tribunale, può arrivare teoricamente anche al 100% della parte pignorabile, dovendo sottostare esclusivamente al vincolo che la somma dei pignoramenti già in corso, della rata di rimborso della cessione del quinto e del pignoramento per cui si procede, non superi la metà dell’importo della pensione percepita.

      Praticamente, nella fattispecie, possiamo dire che il giudice può estendere potenzialmente il prelievo fino a 390 euro pari, alla differenza fra 650 (metà della pensione percepita) – 260 (importo della rata destinata a servire il rimborso della la cessione del quinto).

      Se, invece, lei non avesse avuto una cessione del quinto in corso, la metà dello stipendio sarebbe stata pari a 650 euro. Ma il giudice non potrebbe concedere per il mantenimento del figlio più di 621 euro, importo che costituisce la massima parte pignorabile della sua pensione.

  5. Anonimo ha detto:

    In merito alla cartelle prescritte non impugnate che si prescrivono tutte, dall’irpef alle multe, diritti camerali imposte registro etc etc.
    Quesito: è possibile avere una risposta dil perché alcuni siti descrivono con sentenze aggironate da ormai almeno 2 anni che tutte le cartelle suesposte si prescrivono in 5 anni e altri che si sono inchiodate alla prescrizioni decennali con sentenze vecchie di qualche anno fa?

    Inoltre per gli estratti di ruolo alcuni dicono di fare ricorso entro 60 giorni, mentre la Cassazione in più occasioni ha affermato che la conoscenza della iscrizione, acquisita mediante l’estratto di ruolo non comporta l’onere bensì solo la facoltà dell’impugnazione, il cui mancato esercizio non determina alcuna conseguenza sfavorevole in ordine alla possibilità di contestare successivamente, in ipotesi dopo la notifica di un atto tipico, la pretesa della quale il contribuente sia venuto a conoscenza)

    Quindi, ben sapendo della vostra professionalità e conoscenza delle leggi tributarie sono a chiedervi una risposta sincera.

    • Per quanto ci riguarda le regole sono ben chiare: le cartelle esattoriali originate da omesso o insufficiente pagamento di crediti erariali (irpef, Irap, IVA) si prescrivono in 10 anni. Quelle originata da omesso o insufficiente pagamento di tributi locali o sanzioni amministrative in 5 anni. Per la cartella esattoriale originata da omesso, o insufficiente pagamento del bollo auto, il termine di prescrizione è triennale.

      Le prescrizioni brevi (tre e cinque anni) divengono decennali solo a fronte di una sentenza passata in giudicato: cioè se io ricorro contro la pretesa di pagamento del bollo auto, il giudice rigetta il ricorso ed io non presento opposizione, la cartella originata dalla sentenza, anche se riferita al mancato o omesso pagamento del bollo auto, si prescrive in dieci anni.

      Per il resto, riteniamo che un pur venendo informalmente a conoscenza di un estratto di ruolo a proprio carico, al debitore convenga attendere la notifica della cartella esattoriale oppure, in assenza di questa, il momento in cui la controparte avvia una procedura cautelare (fermo amministrativo, ipoteca) o esecutiva (pignoramento del conto corrente, della pensione o dello stipendio) eccependo semplicemente, in tale occasione, l’omessa notifica dell’atto presupposto.

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