L’avviso di accertamento non può essere emesso prima di sessanta giorni dalla chiusura delle verifiche fiscali

In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, la legge dispone che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell'avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all'esercizio dell'attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, la illegittimità dell'atto impositivo emesso.

Infatti, il termine dilatorio di sessanta giorni è posto a garanzia dei principi di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva.

Le ragioni d’urgenza non possono consistere nella mera circostanza dell'approssimarsi della scadenza del termine di decadenza per l’accertamento relativo al periodo d’imposta, dal momento che, in tal modo, si verrebbero a convalidare, in via generalizzata, tutti gli atti in scadenza, in contrasto col principio secondo cui il requisito dell'urgenza deve esser riferito alla concreta fattispecie e, cioè al singolo rapporto tributario.

Per rispettare il termine di decadenza previsto dalla legge per l'accertamento relativo al periodo d'imposta, l’Ufficio è obbligato ad attivarsi tempestivamente.

In tal modo si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza numero 2279 del 3 febbraio 2014.

28 Aprile 2014 · Giorgio Valli


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