Il recuperatore di crediti, un mestiere difficile, oggi pressoché impossibile

Vedremo sempre più frequentemente aggirarsi per le nostre case frotte di “professionisti” intenti a frugare nei nostri materassi alla ricerca di presunti tesori nascosti alle banche e ai creditori che così generosamente ci hanno prestato i soldi? Il pericolo è reale.

Certo ognuno di questa crisi può farsi l’idea che vuole, come fa per esempio il Presidente Berlusconi che non la vede proprio, per dire.

Fatto sta che non passa telegiornale che non annunci la chiusura di uno stabilimento con centinaia o migliaia di persone a spasso.

Dietro le quali ci sta in genere un mutuo, un debito da onorare, delle spese che non si sa più come affrontare.

Giù giù fino all'inverosimile della disperazione più nera, come quella dei genitori con il figlio malato gravemente che di fronte all'invito a consultare un medico oppongono un netto rifiuto per paura che, scoperte le condizioni di miseria in cui la famiglia versa, il figlio glielo portino via. Che poi è l’unica cosa che hanno in questa vita e su questa terra.

E’ sconvolgente l’inchiesta de L’espresso (“Mal di debiti”, 5 febbraio 2009), realizzata al seguito di “recuperatori del credito” in giro per l’Italia che non ce la fa più a pagare i debiti contratti per la casa, per gli acquisti ma anche per il leasing aziendale.

Confessa Aldo (ha perso improvvisamente i due lavori che faceva): «Voglio pagare, sto cercando di uscirne. Ma non ci riesco. Le finanziarie mi hanno bollato come cattivo pagatore. Il conto in banca è chiuso e in giro non c’è lavoro: c’è solo crisi, un mare di crisi. Chi può salvarmi?»

Ma il suo non è un caso isolato.

Dichiara nello stesso servizio Fabio Picciolini, segretario nazionale: «Gli ultimi dati dell'Istat mostrano che in Italia ci sono 2 milioni 653mila famiglie povere. Un numero enorme, ma che non deve sorprendere. Basti pensare che, dal 2002 a oggi, i prezzi al consumo sono saliti del 16 per cento. E che gli stipendi, in parallelo, sono al palo. Se a ciò aggiungiamo la crisi in atto, diventa comprensibile che il tasso di insolvenza cresca. Inesorabilmente.»

Visitando il sito di Unirec (l’Unione nazionale imprese recupero, gestione e informazione del credito, co la collaborazione della quale L’espresso ha potuto effettuare l’inchiesta) si apprende che la professione è in crescita, e che è vista come un “mestiere anti-recessione” (anzi, con non celata soddisfazione si afferma che così la figura professionale verrebbe fuori dall'indagine del settimanale).

Tuttavia nel blog della categoria si assiste anche a uno scambio di battute fra l’admin e un utente che svolge questa attività da parecchi anni.

«Non ho mai visto così tanti agenti come in questi ultimi anni. Ma quello che mi rende amareggiato è che codeste persone si stanno rivelando dannose per chi opera con educazione e con sincerità verso i debitori, usando false insinuazioni che non competono loro e un lessico poco ortodosso.» E aggiunge: «Lo spaccadito di anni fa è finito e non deve più esistere.»

Lo “spaccadito”? Dobbiamo prenderlo alla lettera, come una pratica inflitta a chi non intende o non può pagare il debito?

“Giammai”, è la risposta dell'admin, visto che il servizio offerto dagli associati Unirec «lo abbiamo sempre inteso come uno strumento di soluzione di un problema finanziario del debitore, e mai come un aggravamento dello stesso. L’attività di recupero stragiudiziale, come testimonia chiaramente la sua lettera, deve - anche a parere di chi scrive - essere improntata solo in questo modo.»

In ogni caso, “spaccadito” o meno, meglio starsene alla larga!

Però, che la situazione sia drammatica non c’è solamente l’inchiesta de L’espresso a testimoniarlo.

Si poteva leggere, per esempio, su Televideo Rai del 30/01/2009, 13:07 «Eurispes:fine mese duro, 66% italiani. Il Rapporto Italia 2009 dell'Eurispes fa un identikit delle preoccupazioni degli italiani. Il 53,4% confessa di avere difficoltà a far quadrare il bilancio familiare e il 66,1% non riesce a raggiungere il traguardo di fine mese. L’83,4% ritiene che i prezzi in Italia siano aumentati ulteriormente nel 2008 ma c’è la percezione che il carovita stia diminuendo. Ma il vero incubo degli italiani è il lavoro: il 46% ritiene che le misure sulla flessibilità abbiano peggiorato le possibilità occupazionali dei giovani, in particolare al Sud.»

Ha scritto nel gruppo di discussione it.discussioni.consumatori.tutela il signor o la signora “pass” a proposito di chi non arriva a fine mese: «No, non hai capito che quella è una piccola parte. C’è gente che non fatica ad arrivare a fine mese, perchè già dal primo non ha un cazzo. Con bambini o senza, e il problema non è il vestire o meno. Persone che devono pagare l’affitto, il cui costo è praticamente pari a uno stipendio. Altro che mutuo, di quello se ne parla.  Chi aveva un contratto atipico, già non esisteva da vivo nel mercato del  lavoro, figuriamoci da morto. I primi ad esser segati sono loro, con quelli delle cooperative. Anzi, a me risulta che nelle grandi aziende sia già stato dato il benservito. La cassa straordinaria è stata prorogata fino a febbraio, poi migliaia di persone saranno nella merda. Senti qualcuno che ne parla?»

Speriamo si sbagli, speriamo si sbagli, speriamo si sbagli…

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9 Febbraio 2009 · Patrizio Oliva


Commenti e domande

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Una risposta a “Il recuperatore di crediti, un mestiere difficile, oggi pressoché impossibile”

  1. cai milano ha detto:

    Il Recupero del Credito Stragiudiziale é professione normata sin dai Regi Decreti del 1936 che ebbero la loro importanza proprio per evitare che la richiesta di riscossione di un credito, ovvero del suo recupero in forma non giudiziaria, fosse praticato con abuso.

    La realtà dal 1936 ad oggi è assai cambiata, a differenza dei soliti luoghi comuni che attribuiscono visioni vessatorie a tale funzione, il Recupero Credito Stragiudiziale é spesso di utilità allo stesso debitore onde non incorrere in espropriazioni giudiziarie gravi.

    Naturalmente come tantissime altre professioni, é l’etica del professionista e della metodologia deontologica seguita che ne determina la qualità ultima.

    Un lavoro autonomo svolto con etica e metodo valido offre sempre un ottimo servizio. E’ giusto dunque impostare la propria professione, inclusa quelle giornalistica, ricercando quell’etica che solo in apparenza é scomoda in mezzo al degradato malcostume clientelistico prono e vassallo a cui si fa spesso cenno, ma alla fine premiale per sé e per gli altri.

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