Famiglia e patrimonio » Focus sui rapporti patrimoniali tra coniugi: dalla separazione dei beni alla costituzione di un fondo patrimoniale

La famiglia e il patrimonio » Focus sui rapporti patrimoniali tra coniugi: dalla separazione dei beni alla costituzione di fondi patrimoniali

Breve viaggio nel mondo del regime patrimoniale della famiglia: tutto su comunione dei beni, separazione, fondo patrimoniale e altro ancora.

Prima di cominciare a esaminare la situazione nel dettaglio, un po' di storia.

Prima della riforma del diritto di famiglia, del 1975, spettava al marito somministrare alla moglie tutto ciò che era necessario ai bisogni della vita, in proporzione alle sue sostanze.

La moglie doveva a sua volta contribuire al mantenimento del marito, solo se quest'ultimo non possedeva mezzi sufficienti.

L'introduzione dell'eguaglianza giuridica tra i coniugi ha imposto l'obbligo per entrambi di contribuire ai bisogni della famiglia in proporzione delle rispettive sostanze e capacità di lavoro professionale o casalingo. Gli sposi regolano i propri rapporti patrimoniali scegliendo un regime patrimoniale.

La riforma ha innovato profondamente anche questo settore.

Infatti, prima del 1975, il regime consisteva nella separazione dei beni ed era ammissibile la comunione solo mediante la stipulazione di convenzioni matrimoniali.

Oggi, invece, la legge disciplina i seguenti regimi patrimoniali:

  • comunione dei beni cc 159: è il regime legale ordinario, che opera sempre, qualora le parti non abbiano stabilito diversamente; è dunque derogabile e riguarda esclusivamente i beni acquistati durante il matrimonio;
  • separazione dei beni: può essere scelta dai coniugi tramite dichiarazione nell'atto di celebrazione del matrimonio, o attraverso una convenzione; con la separazione ogni parte conserva la proprietà di tutti i beni e l'esclusiva amministrazione di essi;
  • fondo patrimoniale cc da 167 a 171: viene attuato tramite una convenzione matrimoniale o per testamento, e consiste nel vincolare un patrimonio separato ai bisogni della famiglia;
  • comunione convenzionale: viene attuata per mezzo di una convenzione e consente di modificare determinati aspetti della comunione legale dei beni.

Nell'articolo che segue, dunque, tenteremo di analizzare le varie forme di regime patrimoniale familiare una per una.

Breve introduzione a tutti i rapporti patrimoniali della famiglia esistenti

Prima di cominciare ad entrare nel dettaglio di ciascuna forma di regime patrimoniale della famiglia, vi forniamo una breve introduzione a tutti i rapporti patrimoniali della famiglia esistenti.

Dal matrimonio discendono conseguenze di fondamentale rilievo sul piano patrimoniale.

In costanza di matrimonio, salvo diverso accordo tra i coniugi, il regime patrimoniale stabilito dalla legge è quello della comunione legale dei beni. Tuttavia, il regime della comunione legale, per volontà concorde degli sposi, può essere opportunamente derogato al momento della celebrazione del matrimonio, con conseguente annotazione a margine dello stato civile che i coniugi hanno scelto il regime della separazione patrimoniale. Una scelta analoga può essere fatta anche successivamente alla celebrazione del matrimonio, con atto avente la forma di atto pubblico (redatto cioè dinanzi ad un notaio).

Fanno parte della comunione tutti quei beni che sono stati acquistati congiuntamente o separatamente dai coniugi dopo il matrimonio.

Essi appartengono in parti uguali al marito ed alla moglie.

Alternativamente al regime di comunione legale dei beni, la legge permette l'applicazione del regime patrimoniale di separazione. Tale regime patrimoniale deve essere adottatato congiuntamente mediante una dichiarazione espressa dei coniugi da manifestare durante la celebrazione del matrimonio, o anche successivamente.

Nel caso di separazione legale dei beni, ciascun coniuge rimane titolare esclusivo, non solo dei beni acquistati antecedentemente al matrimonio, ma anche di quelli conseguiti successivamente.

Al coniuge proprietario dei beni spettano, in via esclusiva, il godimento e l'amministrazione degli stessi.

Esistono, però, forme alternative al regime patrimoniale di comunione e separazione dei beni.

Nella comunione convenzionale, ad esempio, marito e moglie, con accordo esplicito, possono costituire un regime patrimoniale diretto a disciplinare con modalità diverse il regime di comunione previsto e regolamentato dalla legge.

Concretamente, i coniugi hanno una libertà di azione comunque limitata, poiché con l'accordo possono solo ricomprendere nel regime di comunione legale alcuni beni personali non inclusi nella comunione.

Nel fondo patrimoniale, invece, per accordo tra i coniugi, è possibile costituire un fondo patrimoniale, adottando un regime specifico per far fronte esclusivamente alle necessità della famiglia, mediante un vincolo di destinazione di particolari beni.

Il fondo può essere costituito da entrambi i coniugi, oppure per volontà di uno solo di essi, con atto pubblico.

Il fondo può essere costituito anche per volontà di un terzo, con atto pubblico o mediante testamento.

Nel fondo possono rientrare solo beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri, oppure titoli di credito.

Per ciò che attiene la proprietà e l'amministrazione del fondo, si applicano le norme sulla comunione legale dei beni.

La famiglia e la comunione dei beni

Nel paragrafo che segue analizzeremo dettagliatamente il funzionamento e la costituzione del regime patrimoniale di comunione dei beni.

La comunione legale dei beni è il regime volto a determinare la condivisione, da parte dei coniugi, degli incrementi di ricchezza conseguiti da marito e moglie, anche per effetto dell'attività separata di ciascuno di essi.

La riforma del diritto di famiglia ha previsto la comunione dei beni quale regime legale, applicabile in mancanza di un'apposita convenzione fermo restando la possibilità per i coniugi di adottare un regime di separazione dei beni.

La comunione legale è il regime patrimoniale della famiglia in mancanza di diversa convenzione.

Non è una comunione universale (comprendente cioè tutto quello che appartiene a ciascuno dei coniugi) ma è, in primo luogo, una comunione che ha per oggetto gli acquisti compiuti in costanza di matrimonio (ad esclusione di quelli personali).

Si possono distinguere tre categorie di beni nell’ambito del regime di comunione:

  • beni che rientrano nella comunione fin dal loro acquisto (comunione immediata);
  • beni che cadono in comunione soltanto al momento dello scioglimento della comunione stessa (comunione de residuo);
  • beni che non rientrano in alcun modo nella comunione (beni personali).

Secondo la legge rientrano nella comunione immediata:

  • gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, esclusi quelli personali. Per fare alcuni esempi, rientrano in questa categoria: i mobili di casa acquistati insieme o separatamente dai coniugi, l’auto, la casa etc. Se il bene è stato comprato da uno solo dei coniugi, l’atto di acquisto estende i suoi effetti anche al patrimonio dell'altro;
  • le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio. Questa categoria è di difficile interpretazione perché non sono specificate le condizioni perché possa dirsi che l’aziende è gestita da entrambi i coniugi;
  • gli utili e gli incrementi di aziende gestite da entrambi i coniugi ma appartenenti ad uno di solo di essi prima del matrimonio. In questo caso l’azienda rimane nella titolarità esclusiva di un solo coniuge mentre gli utili e gli incrementi riconducibili alla gestione di entrambi cadono in comunione.

I redditi personali dei coniugi, che possono essere sia frutti dei loro beni personali sia proventi dell’attività separata, non ricadono in maniera automatica nella comunione legale.

Essi non rientrano neppure tra i beni personali, ma si considerano oggetto della comunione ai soli fini della divisione se non sono stati consumati al momento dello scioglimento della stessa.

Nella comunione residuale si può affermare, quindi, che rientrano i risparmi, anche quelli formalmente appartenenti solo al marito o alla moglie, che devono essere divisi da entrambi i coniugi al momento in cui la comunione si scioglie per qualsiasi motivo.

I redditi personali, infatti, o sono consumati per l’acquisto di beni di consumo e di servizi (e ovviamente non ci sono più) o sono investiti o impiegati per l’acquisto di beni durevoli (e in questo caso gli acquisti diventano comuni o personali, a seconda della loro natura) o sono accantonati (i risparmi per l’appunto).

Stessi principi valgono per i beni destinati all’esercizio dell’impresa costituta da uno solo dei coniugi (e da lui solo gestita) dopo il matrimonio e per gli incrementi di un’impresa costituita precedentemente al matrimonio.

Esistono dei beni che sono esclusi dalla comunione e, per questo, rimangono beni personali di ciascun coniuge:

  • i beni di cui il coniuge era già titolare prima del matrimonio;
  • i beni da lui acquisiti successivamente al matrimonio a seguito di una donazione o successione a suo favore (a meno che non siano espressamente attributi alla comunione);
  • i beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge;
  • i beni che servono all’esercizio della professione del coniuge, tranne quelli destinati alla conduzione di un’azienda facente parte della comunione;
  • i beni ottenuti a titolo di risarcimento danno e la pensione attinente alla perdita (parziale o totale) della capacità lavorativa;
  • i beni acquisiti con il trasferimento di beni personali o con il loro scambio con la condizione che sia espressamente dichiarato nell’atto di acquisto.

Nel caso in cui uno dei coniugi acquisti un bene immobile o un bene mobile registrato, è esclusa la comunione quando vi è il consenso dell’altro coniuge che partecipa all’atto di acquisto e conferma che rientra nella categoria dei beni personali.

Entrambi i coniugi disgiuntamente (ossia in modo autonomo) amministrano i beni in comunione.

Qualora, tuttavia, debbano essere effettuati atti eccedenti l’ordinaria amministrazione o stipulati contratti con i quali si concedono o si acquistano diritti personali di godimento, entrambi i coniugi sono tenuti a compierli congiuntamente.

Se uno dei coniugi non presta il consenso per la stipula di questi atti, l’altro può rivolgersi al giudice e chiedere l’autorizzazione a stipulare lo stesso l’atto, se risulta necessario per la famiglia.
Nella stessa misura se un coniuge é lontano o impedito, l’altro può chiedere l’autorizzazione al giudice.

Se uno dei coniugi non può amministrare o ha male amministrato, l’altro coniuge può chiedere al giudice di escluderlo dall’amministrazione.

Gli atti compiuti da un coniuge senza il consenso dell’altro, qualora sia necessario, e da questo non convalidati, sono annullabili se riguardano beni immobili o mobili iscritti nei pubblici registri.

Viceversa se gli atti da compiere riguardano beni mobili, il coniuge che li ha compiuti senza il consenso dell’altro è obbligato a ricostruire la comunione nello stato in cui era prima o a pagare l’equivalente alla comunione stessa.

I creditori possono soddisfarsi sui beni comuni. I beni della comunione rispondono:

  • di tutti i pesi e gli oneri gravanti su di essi al momento dell’acquisto, ad esempio: acquisto di un immobile gravato da servitù (è una limitazione del godimento del bene a favore di altri) ed ipoteche (riguardano gli immobili e i beni mobili registrati – l’auto - e sono date come garanzia di un debito);
  • di tutti i carichi dell’amministrazione;
  • di ogni obbligazione dei coniugi, anche se separatamente, nell’interesse della famiglia;
  • di ogni obbligazione contratta dai coniugi congiuntamente.

I creditori della comunione possono agire sui beni personali di ciascun coniuge nella misura della metà del credito se i beni della comunione non sono sufficienti a soddisfare i debiti gravanti su di essa.

I creditori particolari dei coniugi non possono soddisfarsi sui beni della comunione a meno che i beni personali del loro debitore non siano sufficienti.

In quest’ultimo caso, possono soddisfarsi sui beni della comunione solo limitatamente al valore della quota del loro debitore, ossia alla metà, purchè non entrino in conflitto con i creditori della comunione, i quali sono sempre preferiti.

La comunione si scioglie per:

  • morte di uno dei coniugi;
  • sentenza di divorzio;
  • dichiarazione di assenza o morte presunta di uno dei coniugi;
  • annullamento del matrimonio;
  • separazione legale dei coniugi;
  • fallimento di uno dei coniugi;
  • separazione giudiziale dei beni;
  • convenzione tra i coniugi.

Il regime patrimoniale di separazione dei beni

Nel paragrafo che segue analizzeremo dettagliatamente il funzionamento e la costituzione del regime patrimoniale di separazione dei beni.

La separazione dei beni è quel regime in base al quale ciascun coniuge rimane esclusivo titolare dei beni di sua spettanza e di ogni acquisto che debba effettuare anche in costanza di matrimonio, con diritto di amministrare il suo patrimonio senza alcuna ingerenza da parte dell'altro coniuge.

Tale regime è stato fino al 1975 quello legale vale a dire automaticamente applicabile a tutte le coppie che non avessero stipulato un'apposita convenzione matrimoniale.

Con la riforma del diritto di famiglia la situazione si è capovolta: il regime legale è quello della comunione dei beni ma vi è, tutt'ora, la facoltà per i coniugi di decidere di conservare la titolarità esclusiva dei beni acquistati durante il matrimonio.

La separazione dei beni è la modalità alternativa alla comunione legale dei beni che è il regime patrimoniale che, con la legge del 1975, disciplina in via generale i rapporti tra i coniugi.
Nel regime di separazione dei beni ogni coniuge è titolare esclusivo dei beni acquisiti durante il matrimonio.

Il matrimonio instaura automaticamente il regime patrimoniale della comunione dei beni.

I coniugi possono però, scegliere il regime della separazione:

  • al momento della celebrazione del matrimonio rendendo apposita dichiarazione al celebrante (Ufficiale di Stato Civile, Parroco o altro Ministro di culto);
  • prima del matrimonio tramite apposita convenzione stipulata da un notaio (la convenzione deve essere trasmessa e prodotta all’Ufficiale dello Stato Civile al momento della celebrazione o della trascrizione del matrimonio); (vedi schede sul matrimonio civile e sul matrimonio religioso)
  • dopo il matrimonio con convenzione stipulata da un notaio e successivamente annotata a margine dell’atto di matrimonio.

La separazione dei beni può anche essere originata da un’azione giudiziale nei casi indicati dal legislatore quali l’interdizione, l’inabilitazione etc.

Il regime della separazione dei beni comporta che ciascun coniuge conserva la titolarità, il godimento e l’amministrazione dei beni di cui è titolare esclusivo.

I coniugi che scelgono il regime della separazione mantengono invariati i loro patrimoni personali.

In particolare:

  • ognuno dei coniugi resta proprietario esclusivo dei beni acquistati durante la vita matrimoniale;
  • ognuno dei coniugi conserva la proprietà esclusiva dei beni acquistati prima del matrimonio.

La scelta del regime patrimoniale di separazione dei beni non solleva il coniuge dal contribuire al mènage familiare proporzionalmente alle sue capacità reddituali e di lavoro.

Questa convenzione consente una maggiore flessibilità dei rapporti patrimoniali anche al fine di negare al coniuge superstite il riconoscimento di molti benefici che derivano dall’applicazione del regime della comunione legale e dalla disciplina sulle successioni: il regime di separazione dei beni impedisce, infatti, che le ricchezze del coniuge premorto passino al gruppo familiare dell’altro coniuge; infatti la successione legittima non prevede la successione degli affini (ossia i parenti del coniuge).

Per quanto riguarda, invece, i debiti contratti da uno dei coniugi in regime di separazione dei beni occorre distinguere:

  • personali: devono essere pagati direttamente dal coniuge che li ha contratti;
  • nell’interesse della famiglia: anche se nessuna norma lo prevede secondo l’orientamento più diffuso dovrebbe valere la regola della responsabilità solidale dei coniugi in base alla quale entrambi rispondono con i loro beni per i debiti posti in essere da uno solo dei due.

I coniugi che abbiano optato per il regime della separazione dei beni possono provare con ogni mezzo la proprietà esclusiva.

La convivenza, infatti, genera, in ogni caso, una situazione di utilizzo comune di un ingente numero di beni indipendentemente dalla loro titolarità.

Inoltre, durante la convivenza i coniugi compiono molti acquisti per i quali non sempre è facile individuare, a distanza di tempo, chi sia stato l’acquirente: si pensi all’acquisto di beni mobili non registrati (ad es.: un computer).

Premesso che ciascun coniuge ha il diritto di godimento sui beni dell’altro (non ha però la proprietà), in caso di contrasto circa la loro titolarità si presume che si tratti di beni comuni per pari quota a meno che uno dei due coniugi non riesca a dimostrare, con qualsiasi mezzo di prova, di esserne proprietario esclusivo o titolare per una quota maggiore.

Tuttavia, il coniuge che voglia provare la proprietà di un bene immobile assumendo che l’altro coniuge, intestatario formale del bene, sia stato solo un prestanome non può ricorrere ai testimoni né avvalersi di presunzioni (sono le conseguenze che sono tratte da un fatto noto per risalire ad un fatto ignoto) come in tutti gli altri casi.

Per quanto riguarda gli acquisti dei beni i coniugi possono decidere se compierli separatamente o congiuntamente e, in quest’ultimo caso, decidere se a quote uguali o disuguali.

La separazione giudiziale dei beni, invece, è una sentenza che può essere richiesta da ciascuno dei coniugi quando ricorra una delle seguenti cause:

  • interdizione di uno dei coniugi;
  • inabilitazione di uno dei coniugi;
  • cattiva amministrazione della comunione;
  • cattiva gestione negli affari personali di un coniuge, tali da mettere in pericolo gi interessi dell’altro o della comunione o della famiglia;
  • condotta tenuta da uno dei coniugi nell’amministrazione della comunione tale da creare la situazione di pericolo di cui sopra;
  • mancata o insufficiente contribuzione da parte di uno dei coniugi al soddisfacimento dei bisogni della famiglia proporzionalmente alle sue sostanze e alle sue capacità di lavoro.

La legge non ha inserito tra le cause di separazione dei beni il caso in cui uno dei coniugi sia sottoposto ad amministrazione di sostegno: si deve però ritenere che la regola possa essere estesa anche a questo caso.

Gli effetti della sentenza di separazione dei beni decorrono dal momento della proposizione della domanda e ha l’effetto di instaurare il regime della separazione dei beni.

La scelta del fondo patrimoniale per la famiglia

Vi spieghiamo, analizzando il funzionamento della procedura, perché una famiglia dovrebbe scegliere il regime di fondo patrimoniale dei beni.

Il fondo patrimoniale è uno strumento attraverso il quale uno dei coniugi, entrambi o un terzo (ad es.: un genitore) vincolano determinati beni destinandoli ai bisogni della famiglia. La proprietà dei beni che costituiscono il fondo, infatti, salvo diversa disposizione nell'atto che costituisce il fondo, spetta ad entrambi i coniugi.

Tale strumento è stato introdotto con la riforma del diritto di famiglia del 1975 che ha sostituito il precedente strumento del patrimonio familiare con il quale la titolarità dei beni e, quindi, l'amministrazione, restava in capo al coniuge costituente.

Il fondo patrimoniale è un vincolo posto nell’interesse della famiglia su un complesso di beni determinati (immobili, mobili registrati o titoli di credito) e costituisce un patrimonio separato la cui funzione è quella di destinare i beni conferiti al soddisfacimento dei diritti di mantenimento, assistenza e contribuzione esistenti nell'ambito della famiglia.

Il fondo patrimoniale rappresenta una parte separata del patrimonio dei coniugi, vincolata al soddisfacimento dei bisogni della famiglia.

Esso gode di una particolare disciplina essendo un atto di liberalità vale a dire un atto a titolo gratuito.

Infatti, i coniugi non possono disporre dei beni che formano il fondo per scopi estranei agli interessi della famiglia né i creditori particolari dei coniugi (per obblighi sorti per scopi estranei ai bisogni della famiglia) possono soddisfare i loro diritti sui beni oggetto del fondo patrimoniale stesso.

Il fondo patrimoniale può essere costituito da:

  • un solo coniuge;
  • entrambi i coniugi;
  • un terzo: sia con atto pubblico (è necessaria l’accettazione di entrambi i coniugi per la costituzione del fondo) sia con testamento.

Per costituire un fondo patrimoniale occorre essere sposati.

Il fondo può essere costituito in vista di un futuro matrimonio, ma in tal caso l’atto costitutivo sarà condizionato alla celebrazione del matrimonio stesso e occorre distinguere:

  • costituzione effettuata da un terzo a favore dei due fidanzati: l’atto è valido con l’indicazione delle generalità degli sposi, si perfeziona con la loro accettazione ed è efficace con la celebrazione del matrimonio;
  • costituzione realizzata direttamente da uno dei fidanzati: è necessario che anche l’altro futuro sposo partecipi alla stipulazione dell’atto e la sua efficacia sarà subordinata alla celebrazione del matrimonio.

La costituzione del fondo con atto tra vivi effettuata da un terzo si perfeziona con l’accettazione dei coniugi.

L’accettazione può essere fatta anche con atto pubblico posteriore.

Possono formare oggetto del fondo patrimoniale beni immobili, mobili registrati e titoli di credito vincolati rendendoli nominativi mediante annotazione del vincolo o comunque tutti i beni che permettono la pubblicità (ossia lo strumento predisposto – cd. annotazione – per rendere facilmente conoscibili determinati fatti, dando agli interessati la possibilità di venirne a conoscenza) del vincolo cui sono sottoposti.

Si deve precisare che oggetto del vincolo non è il bene ma un diritto sul bene che può essere un diritto diverso della proprietà come l’usufrutto, la superficie, l’enfiteusi, la nuda proprietà.

I beni conferiti ad un fondo patrimoniale non possono formare oggetto di più fondi destinati alla soddisfazione di più famiglie: il vincolo di destinazione, infatti, può riguardare i bisogni di una sola famiglia.

Anche i frutti prodotti dai beni destinati al fondo patrimoniale entrano a far parte dello stesso.

Per quanto riguarda i beni che appartengono ai coniugi in regime di comunione legale, essi possono essere conferiti nel fondo patrimoniale ad eccezione di quelli che la legge esclude che possano ricadere nella comunione.

L’amministrazione del fondo patrimoniale è regolata dalle stesse norme che disciplinano l’amministrazione della comunione legale.

Occorre distinguere:

  • ordinaria amministrazione: l’amministrazione dei coniugi è disgiunta
  • straordinaria amministrazione: spetta ad entrambi i coniugi congiuntamente.

Per il compimento di determinati atti di disposizione dei beni del fondo, è necessario il consenso di entrambi i coniugi e se vi sono figli minori è necessario chiedere l’autorizzazione del giudice.

In caso di rifiuto di uno dei coniugi a prestare il proprio consenso al compimento di un atto di straordinaria amministrazione, l’altro coniuge può ricorrere al giudice per ottenere l’autorizzazione se il compimento dell’atto è nell’interesse della famiglia.

Nella stessa misura, se un coniuge è lontano o impedito, l’altro può chiedere l’autorizzazione al giudice per amministrare il fondo.

Se uno dei coniugi non può amministrare o ha male amministrato, l’altro coniuge può chiedere al giudice di escluderlo dall’amministrazione.

Se entrambi i coniugi hanno male amministrato i beni del fondo o non possono amministrarli perché, ad esempio, sono incapaci, si ritiene che chiunque abbia interesse possa ricorrere all’autorità giudiziaria e ottenere l’esclusione di entrambi.

È importante evidenziare che i beni del fondo e i relativi frutti non possono essere sottoposti ad esecuzione forzata (cioè non possono essere liquidati per soddisfare un creditore) per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia.

La costituzione del fondo patrimoniale e le sue eventuali modifiche devono essere annotati a margine dell’atto di matrimonio conservato nei registri del Comune in cui il matrimonio è stato celebrato.
In particolare devono essere indicati la data del contratto, il notaio rogante e la generalità dei contraenti.

All'annotazione deve procedere il notaio nel più breve tempo possibile: se non lo fa è tenuto a risarcire i danni patiti dalle parti.

Tale forma di pubblicità ha natura dichiarativa e rende, cioè, l’atto costitutivo di fondo patrimoniale opponibile ai terzi che vogliano acquistare diritti sullo stesso.

È necessario poi trascrivere il vincolo di destinazione imposto ai beni immobili e mobili rispettivamente nei registri immobiliari e mobiliari.

Per i titoli di credito bisogna effettuare l’annotazione del vincolo sul documento.

Una volta costituito il fondo può essere modificato sia relativamente alla disciplina sia per quanto riguarda la composizione.

Le modificazioni alla disciplina richiedono il consenso di tutte le persone, o dei loro eredi, che sono state parti nell’atto costitutivo.

Le variazioni circa la composizione possono essere accrescimenti o diminuzioni e sono soggette alla disciplina relativa all’amministrazione del fondo.

L’incremento del fondo non richiede necessariamente la costituzione di un solo fondo: nulla vieta di costituirne più di uno, anche con discipline diverse, per soddisfare le esigenze della famiglie.

Il fondo patrimoniale, invece, si estingue per:

  • annullamento;
  • scioglimento;
  • cessazione degli effetti civili del matrimonio.

Il fondo, tuttavia, se si è in presenza di figli minori, dura fino al raggiungimento da parte loro della maggiore età.

La comunione convenzionale

Tra le alternative per i regimi patrimoniale della famiglia, vi è la costituzione della comunione convenzionale, che rientra tra le convenzioni matrimoniali.

Le convenzioni matrimoniali sono dei veri e propri contratti (soggetti alle norme sui contratti in generale) attraverso i quali i coniugi possono sostituire al regime patrimoniale legale della comunione legale, dei regimi atipici non previsti della legge o previsti dalla legge come la separazione dei beni.

Le convenzioni matrimoniali possono essere stipulate in ogni tempo, anche dopo la celebrazione del matrimonio e possono essere sempre liberamente modificate con il consenso di tutti coloro che le hanno formate.
Originariamente era prevista l’autorizzazione del giudice al loro mutamento mentre ora, con una legge del 1981, questa necessità è stata soppressa.

Per la stipulazione delle convenzioni è prevista, pena nullità, la forma dell’atto pubblico.

E’ vietato stipulare accordi che, in qualsiasi modo, tendano alla costituzione dei beni in dote così come è nullo ogni accordo diretto a derogare ai rispettivi diritti e doveri di contribuzione dei coniugi.

Il legislatore ha previsto che i coniugi possono, con un’apposita stipulazione matrimoniale, disciplinare in maniera diversa la comunione legale dando vita alla comunione convenzionale.

Non è valida una pattuizione che:

  • deroghi al principio che le quote spettanti ai coniugi nella comunione devono essere uguali;
  • deroghi al principio che l’amministrazione dei beni spetta ad entrambi i coniugi con pari poteri;
  • ricomprenda in comunione i beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge, i beni che servono all’esercizio della professione di un coniuge, i beni ottenuti a titolo di risarcimento danno o la pensione ottenuta per la perdita totale o parziale della capacità lavorativa.

La stipulazione di una comunione convenzionale è finalizzata, in definitiva, o a ricomprendere nella comunione anche i beni personali (per esempio quelli di cui i coniugi erano titolari prima del matrimonio eccetto quelli che non possono far parte della comunione), o a far cadere nella comunione tutti i redditi, comunque prodotti, di ciascun coniuge.

20 Aprile 2016 · Gennaro Andele


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2 risposte a “Famiglia e patrimonio » Focus sui rapporti patrimoniali tra coniugi: dalla separazione dei beni alla costituzione di un fondo patrimoniale”

  1. Anonimo ha detto:

    Salve, vorrei sapere se, in costanza di matrimonio, con regime di separazione, i coniugi siano titolati a conoscere la situazione patrimoniale (beni immobili e titoli di credito) uno dell’altro.

    • Il diritto di accesso regolato dalla legge 241 del 1990 è riconosciuto al coniuge, anche in pendenza del giudizio di separazione o divorzio, per accedere alla documentazione fiscale, reddituale e patrimoniale dell’altro coniuge, al fine di difendere il proprio interesse giuridico, attuale e concreto, la cui necessità di tutela è reale ed effettiva e non semplicemente ipotizzata. In particolare, costituiscono oggetto dell’accesso (nella forma della sola visione) anche le “comunicazioni” relative ai rapporti finanziari: gli atti in questione rientrano nell’ampia nozione di documento amministrativo di cui all’articolo 22 della legge 7 agosto 1990, nr. 241, trattandosi di atti utilizzabili dall’Amministrazione finanziaria per l’esercizio delle proprie funzioni istituzionali, ancorché non formati da questa. La tutela degli interessi economici e della serenità dell’assetto familiare, soprattutto nei riguardi dei figli minori delle parti in causa, prevale o quantomeno deve essere contemperata con il diritto alla riservatezza previsto dalla normativa vigente in materia di accesso a tali documenti sensibili del coniuge (TAR Puglia sentenza 94/2017).

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